La superficie forestale negli ultimi anni è aumentata notevolmente
Il forte aumento degli alberi sul territorio nazionale è sicuramente una buona notizia: secondo il rapporto State of Europe’s Forests 2015, dal 1990 al 2015 la superficie di boschi e foreste è aumentata di 17,5 milioni di ettari, con una crescita media di 700 mila ettari l’anno, e oggi copre un terzo del territorio europeo. Dal 1750 a oggi, l’espansione della superficie boschiva nel Vecchio Continente è stata del 10%.
Da un punto di vista ambientale questa non può che essere una buona notizia, anche se bisogna registrare il fatto che oltre il 50% della superficie boschiva versa in una situazione di abbandono e degrado che espone a pericoli di non poco conto, come incendi estivi e gravi dissesti idrogeologici come frane e alluvioni. Ma c’è un altro aspetto che preoccupa non poco gli ambientalisti. All’aumento della superficie boschiva non corrisponde infatti un’altrettanta capacità di assorbimento di anidride carbonica.
Anzi, secondo due studi sullo stato della vegetazione in Europa pubblicati nei giorni scorsi su Nature, rispetto al 1750 le foreste europee assorbirebbero oltre 3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in meno. Questo fenomeno sarebbe dovuto alla progressiva trasformazione delle foreste che se prima registravano una massiccia presenza di alberi che perdono le foglie (foreste decidue), adesso sono sempre più piene di conifere, per lo più sempreverdi, che assorbono meno anidride carbonica e sono perciò meno efficaci per la mitigazione del riscaldamento globale. Le conifere hanno sostituito le foreste decidue di ben 633 mila chilometri quadrati di territorio.
Questo cambio di piantumazione, secondo i ricercatori, ha portato ad assorbire 3,1 miliardi di tonnellate in meno di carbonio rispetto al 1750. I ricercatori tedeschi, francesi e americani che si sono occupati della ricerca sullo stato della vegetazione in Europa, hanno dimostrato infatti come le diverse tipologie di alberi influenzino sia lo stoccaggio del carbonio sia le temperature locali, proprio perché ci sono piante più capaci di altre di catturare anidride carbonica: quelle che perdono le foglie durante la stagione fredda, ad esempio, assorbono più anidride carbonica di abeti e larici sempreverdi, che crescono in fretta e producono legname.
La trasformazione da foreste decidue a foreste di conifere scure, che assorbono più luce solare ed emettono meno acqua, avrebbe contribuito al riscaldamento globale in Europa e l’assorbimento e la ritenzione del calore sarebbe aumentata fino a fare salire la temperatura superficiale di 0,12 °C. Ma su questo punto il ricercatore italiano Alessandro Cescatti, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) è scettico: “La conclusione che le foreste europee abbiano prodotto un maggior riscaldamento netto è da verificare” ha affermato a riguardo.
Le piante sono essenziali per fare respirare il nostro pianeta: grazie al processo della fotosintesi clorofilliana, si nutrono di anidride carbonica e restituiscono ossigeno all’ambiente. Sarebbe quindi importantissimo curare di più le foreste, che gestiscono una parte rilevante del ciclo del carbonio, cura che non può non passare anche da un controllo deforestazione selvaggia, attualmente responsabile dell’11% del surplus di emissioni globali di anidride carbonica, perché quando vengono abbattuti, gli alberi restituiscono in atmosfera l’anidride carbonica catturata.