Dalla discesa in campo come “salvatore della patria”, alla conclusione anticipata del suo quarto governo nel bel mezzo di una crisi finanziaria internazionale che vede l’Italia nel mirino: una lunga (forse troppo) parabola che se da una parte ha visto l’uomo politico guidare il Paese verso importanti obiettivi e conquiste dall’altra ci ha offerto lo spettacolo di una politica condizionata dall’uso-abuso dell’informazione, da gaffes internazionali talvolta imbarazzanti e da un’integrazione del lessico politico arricchito di termini inusuali, uno su tutti, ‘bunga bunga’. Oltre la politica, eccessi e contraddizioni di un ventennio che sembra ormai concluso
Dall’annuncio della “discesa in campo” nell’ormai lontano inverno del 1993, alle dimissioni di un sabato sera di novembre di diciotto anni dopo: anni che, nel bene e nel male, hanno cambiato l’Italia e gli italiani, il loro modo di intendere e di fare politica. Diciotto anni che hanno segnato profondamente la storia d’Italia, dall’inizio della Seconda Repubblica alla crisi di questi giorni, attraverso cinque legislature e quattro governi scanditi da alterne vicende e fortune, tra amore e odio della pubblica opinione (nella stragrande maggioranza senza mezze misure) che ha visto l’era berlusconiana segnare il cammino dell’intero sistema politico italiano verso il bipolarismo. L’avvio della parabola dell’uomo di Arcore cavalca gli scandali di Tangentopoli, il crollo del sistema politico e la morte della Prima Repubblica: è così che l’uomo-imprenditore iniza a vestire anche il ruolo di “salvatore della patria”, prima sostenendo la candidatura di Fini nella corsa per il Campidoglio, poi iniziando una sua personale ascesa accompagnato da diversi alleati ma anche da innumerevoli cambi di rotta e divorzi, conseguenza, forse, anche di una certa tendenza “totalizzatrice”, a voler usare parole forti, del Cavaliere. Addii e ritorni che vedono in Bossi, Fini e Tremonti solo i nomi più in vista. La rottura con il Senatur gli costò la guida del governo, mentre Fini, dopo ormai numerose “diatribe” è oggi uno dei suoi più grandi oppositori. E adesso i problemi con Tremonti, che per molti è l’uomo-chiave di quest’ultima crisi. Di certo hanno pesato sulla vita del governo anche le alterne vicende giudiziarie che hanno scadenzato l’agenda personale e politica del premier, alcune delle quali restano ancora in piedi; nello specifico sono ancora sei i procedimenti che vedono imputato Berlusconi nei suoi vari ruoli: quello relativo al caso Ruby che vede Berlusconi accusato di concussione per le pressioni che avrebbe esercitato con una telefonata alla questura di Milano per far rilasciare Ruby, e di prostituzione minorile, in relazione ai rapporti sessuali che avrebbe avuto con la minorenne marocchina in cambio di denaro e regali. C’è poi il processo sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi da parte di Mediaset, nel quale Berlusconi è accusato di frode fiscale. Nel caso Mills, l’ex premier è accusato di corruzione in atti giudiziari dell’avvocato inglese: questo procedimento si avvia però alla conclusione visto che la prescrizione scatta nel febbraio 2012. E, ancora, Berlusconi rischia il rinvio a giudizio per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio nella vicenda della fuga di notizie sull’intercettazione tra Giovanni Consorte e Piero Fassino ai tempi della scalata alla Bnl. Riguardo alle pressioni per sospendere “Annozero”, la Procura ha recentemente sollecitato l’archiviazione delle posizioni di Berlusconi, di Giancarlo Innocenzi, già commissario Agcom, e di Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, dall’accusa di abuso d’ufficio. Infine, sempre con riferimento ai diritti Mediaset, Silvio Berlusconi rischia di finire sotto processo, insieme al figlio PierSilvio: gli inquirenti nei mesi scorsi hanno infatti notificato l’avviso di chiusura indagini e le ipotesi di reato sono di evasione fiscale e di violazione delle norme tributarie legate ad una presunta frode da 10 milioni di euro.L’addio di Berlusconi a Palazzo Chigi non può dunque esser letto al netto di tutte le rogne giudiziarie imprenditoriali, politiche e, nell’ultimo stralcio del suo premierato, addirittura gossippare e ai limiti della decenza (vedasi le serate di Arcore con le ragazze dell’Olgettina). Da Noemi e Ruby passando per la D’Addario, Berlusconi ha dovuto stravolgere il suo impegno politico per difendere il proprio ruolo, spesso anche, come sostiene l’opposizione, con leggi ad personam. E se il giudizio è pur sempre personale e politico, le folle in festa all’annuncio della fine insinuano il dubbio e il sospetto che all’imprenditore di Arcore non basteranno le dimissioni per scrollarsi di dosso quell’alone di ambiguità (non solo morale) che il suo voler essere onnipotente gli ha guadagnato. Come non basteranno solo le sue dimissioni a risolvere la crisi finanziaria internazionale, che oggi vede l’Italia nel mirino, come hanno ben descritto i commenti della stampa estera che molto spazio ha dedicato alla caduta del “longevo leader italiano”: il Daily Telegraph, in un editoriale dal titolo «Berlusconi va, i problemi dell’Italia restano», sottolinea infatti come «la fine dell’era del bunga-bunga possa restituire all’Italia un po’ del suo orgoglio ma non risolve nulla». Per il Telegraph, «la caduta del governo Berlusconi significa probabilmente un ritorno alla turbolenza politica del passato». Per il quotidiano Le Parisien, «Berlusconi getta la spugna»: «Il presidente del Consiglio (…) screditato, lascia il suo Paese sull’orlo del baratro». In Germania, la Suddeutsche Zeitung apre con il titolo «La terra di Silvio è bruciata» e scrive che «17 anni di egoismo, populismo e superficialità nella politica italiana sono più che sufficienti, l’Italia ha scaricato il primo ministro ma forse è già troppo tardi». «Senza Silvio Berlusconi l’Italia ha ancora una possibilità», è invece l’opinione del settimanale britannico The Economist espressa nell’editoriale del prossimo numero dedicato alla crisi italiana. Negli Usa il New York Times scrive che la «crisi del debito dell’eurozona sembra rivendicare la sua vittima più prominente», mentre il Wall Street Journal titola «La crisi finanziaria fa perdere il posto al longevo leader italiano». «That’s all, folks». «È finita, ragazzi». Con queste parole, riferimento alla sigla di coda dei cartoni animati della Warner Bros, l’Economist fotografa invece l’uscita di scena di Silvio Berlusconi dedicando alle vicende italiane la copertina del suo prossimo numero. Il Washington Post, infine, evidenzia come probabilmente si tratti del «capitolo finale del premierato» di Berlusconi, «il tycoon che ha guidato l’Italia con lo stile un po’ di Rupert Murdoch un po’ di Hugh Hafner».