Gli aumenti dei bassi e medi salari inghiottiti da una “politica antisociale”. Nel suo rapporto l’Unione sindacale svizzera (USS) chiede correttivi all’enorme disparità sociale
Negli ultimi tempi non è cambiato sostanzialmente. In Svizzera la forbice dei salari e dei patrimoni è ancora molto aperta, un fenomeno sociale iniziato negli anni ’90. È vero che grazie ai sindacati e alla loro campagna per i salari minimi nel settore dei bassi salari si sono ottenuti progressi, ma in generale gli aumenti dei salari più elevati sono stati esorbitanti e preoccupanti. Circa il 2% dei ricchi tra la popolazione svizzera possiede una fortuna pari a quella del restante 98%, secondo il risultato del rapporto 2016 sulla ripartizione concernente i salari e i patrimoni presentato dall’USS. La “politica antisociale” di più tasse e più oneri da parte della mano pubblica, ha rafforzato questa tendenza invece di fermarla e l’USS chiede correttivi al calo della pressione fiscale per i ricchi e le aziende e di conseguenza di respingere la riforma dell’imposizione delle imprese III. I salari più elevati hanno approfittato di un calo della pressione fiscale e le tasse a carico dei redditi sono scese dal 2000 a oggi dal 37% al 32%.
Invece i bassi e medi salari sono stati gravati dall’aumento dei premi delle casse malati e da settembre arriveranno ancore brutte notizie per gli assicurati con un incremento in media del 4% per il 2017. Le misure di austerità adottate dai Cantoni hanno leggermente diminuito la riduzione dei premi, riduzione che non è riuscita a tenere il passo di fronte al crescente aumento dei premi. La spesa legata alla sanità pesa sulle famiglie e non solo. Le persone con reddito medio che vivono sole pagano ogni mese 180 franchi in più d’imposte e tasse dal 2000. “L’obiettivo dichiarato negli anni ’90 che i premi cassa malati non superassero l’8% del reddito domestico dichiarato non è stato raggiunto”, ha affermato il presidente dell’USS, Paul Rechsteiner. Mentre le economie domestiche con un reddito sopra i 20.000 franchi mensili non sentono questa evoluzione dei premi, essa diventa un peso schiacciante per la maggior parte. “Il primo passo è formulare l’obiettivo che nessuno debba spendere più del 10% per l’assicurazione malati”, è la soluzione di Rechsteiner. Confederazione e Cantoni devono investire 2 miliardi di franchi destinati ai sussidi dei premi per rafforzare il potere d’acquisto della maggioranza della popolazione. Per trovare la somma l’USS esige l’abbandono delle misure di risparmio. “La Svizzera è ricca come non mai, solo che i soldi non sono ripartiti in modo equo”, ha affermato Rechsteiner. Dunque è possibile fermare questa evoluzione antisociale, anche perché negli ultimi 10 anni la Confederazione ha motivato i risparmi con un deficit di 2 miliardi, anche se poi ci sono stati grandi utili.
Ma sono i salari che restano centrali per il progresso redditi. L’USS esige salari corretti, più aumenti generalizzati anziché individuali dei salari e il rafforzo dei contratti collettivi di lavoro con buoni redditi minimi. “Serve attuare con conseguenza le misure complementari per proteggere i redditi contro il dumping salariale praticato in diversi settori”, ha ammonito Rechsteiner. Il rapporto si è occupato anche di AVS. Per l’USS l’istituzione della previdenza della vecchiaia fa da contrappunto ai salari perché da una parte previene alla povertà degli anziani e dall’altra, è un finanziamento di solidarietà contro i rischi di una crescente disparità. Le rendite AVS devono dunque aumentare del 10%, misura chiesta dall’iniziativa “AVSplus: per un’AVS forte” in votazione il prossimo 25 settembre e che per l’USS equivale a un “sì” all’oggetto in votazione.
Gaetano Scopelliti