La lotta alla fame nel mondo passa anche attraverso le politiche di tutela ed emancipazione della donna. Questo è quanto emerge dall’“Indice Globale della fame (Ghi) 2009”.
I dati rilevati dall’Indice sono preoccupanti: 1 miliardo e 20 milioni le persone malnutrite nei Paesi in via di sviluppo nel mondo, 29 i Paesi che presentano livelli di denutrizione classificati come allarmanti o estremamente allarmanti.
Cifre record se si pensa che “negli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta – com’è scritto nel rapporto – c’è stato un progresso nella riduzione della fame cronica, mentre nella decade scorsa la fame è stata in aumento”.
Una fetta così larga della popolazione mondiale che non può essere ignorata in questo momento così delicato della storia.
Il lavoro di Link2007, giunto alla sua quarta edizione, ha come obiettivo quello di trovare un metodo universale per misurare la fame nel mondo e la sua incidenza sulla popolazione dei singoli paesi.
L’indagine di quest’anno mette in evidenza come la disuguaglianza di genere sia il fattore maggiormente responsabile degli alti tassi di malnutrizione nel mondo.
Il rapporto allegato ai dati statistici, infatti, mette a confronto il Ghi 2009 con l’Indice della Disparità di Genere 2008, generato incrociando quattro indicatori: partecipazione economica, istruzione, emancipazione politica, salute e sopravvivenza. Dal confronto è emerso come ad alti livelli di denutrizione corrispondano bassi livelli di alfabetizzazione e di accesso all’istruzione per le donne. Ridurre le disparità di genere in ambito di istruzione e salute, quindi, diventa essenziale nel diminuire i livelli di denutrizione.
I dati 2009 mostrano come i progressi nella riduzione della fame siano lenti in tutto il mondo.
Nonostante gli Obiettivi Onu di Sviluppo del Millennio abbiano stabilito di dimezzare tra il 1990 e il 2015 la percentuale di persone che soffre la fame, attualmente l’Indice si è ridotto solo di un quarto.
“Questa situazione sta spingendo verso la povertà vasti strati della popolazione nei Paesi in via di sviluppo”, avvertono gli esperti di Link2007, secondo i quali “un’azione volta a promuovere la sicurezza alimentare nel medio e lungo termine dovrebbe puntare su una più equilibrata politica commerciale e agricola che non penalizzi gli agricoltori e le economie dei paesi in via di sviluppo; porre fine ai conflitti che generano insicurezza e minano le possibilità di crescita; promuovere un consumo più maturo nei paesi economicamente più avanzati; aumentare gli aiuti allo sviluppo e tagliare i sussidi all’agricoltura dei Paesi sviluppati”.
Questi interventi, oltre al riequilibrio delle disparità di genere, “potrebbero generare le condizioni capaci nel futuro di abbattere drasticamente l’incidenza della fame”.
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