La storia di Alex Frei, ballerino del musical Cats a Zurigo fino al 16 ottobre
Ha iniziato molto presto ad interessarsi alla danza. Ci racconti della sua carriera..
Ero molto piccolo, un giorno nella sala da pranzo ho iniziato a ballare sulle note di Gianna Nannini, avevo 3 o 4 anni. Dicevo ai miei genitori che volevo fare quello che vedevo in televisione, come ad esempio la Carrà. L’amore per lo spettacolo è nato molto presto. È stata mia mamma a dirmi che lei conosceva la scuola di teatro per giovani di Betty Martinetti, la sorella di Nella Martinetti, dove sono rimasto dieci anni. Un’esperienza importante; Betty mi dice ancora oggi, “Io l’ho visto dal primo momento!” Anche lei è una personalità molto particolare, che ‘sente’ molto nella gente: è lei che ha visto il mio talento, quando ancora nessun altro lo vedeva. A nove anni, ho cominciato con il tiptap, poi è arrivata la danza classica e successivamente la danza jazz. In occasione di un concorso mia mamma mi ha portato al Beatrice Brunner Dance Center; la signora Brunner è la madre di Daniel Brunner che negli anni 90 era nel musical CATS in Svizzera. Questo a 13 anni. Mi sono sempre occupato molto del teatro, anche se la recitazione non è mai stata la mia più grande passione. Da Betty Martinetti avevo carte blanche, molta libertà di espressione, lei mi faceva spesso ballare nei suoi spettacoli e mi portava ovunque. A 16 anni sono andato a Monaco di Baviera, dove ho cominciato a studiare danza in una scuola privata; sono rimasto due anni.
Non è stato difficile stare lontani da casa?
A dire la verità avevo un grande desiderio di andar via dal canton Ticino, perché personalmente e professionalmente ero diverso dagli altri. Ho sempre avuto difficoltà ad integrarmi con i miei coetanei e con i miei compagni di scuola, quindi dal punto di vista scolastico non ho passato una bella infanzia. Però fuori ho avuto una certa sensazione di tristezza profonda che mi assaliva e non capivo che cos’era. Più in là, crescendo, ho capito che era proprio la lontananza da casa, non per il posto in cui sono cresciuto ma per la famiglia.
Monaco, Amsterdam, New York, Parigi…lei ha visitato gran parte del mondo, quale esperienza è stata la migliore?
Oogni posto è stato speciale e bello, perché ogni posto dà qualcosa, ogni esperienza mi ha insegnato delle cose particolari. Adoro Parigi, è una città stupenda e lì ho vissuto un momento molto importante della mia vita. Io ero ballerino di musical e volevo fare danza contemporanea, danza moderna. Parigi è stato il ponte per questo cambio, quindi è stato un posto decisivo e importante. Mi ha aiutato a raggiungere questo traguardo. Però Monaco di Baviera è in cima alla lista: lì io mi sento a casa più di ogni altro posto al mondo, perché lì ho cominciato a ballare, a 16 anni; poi ci sono tornato a 25 anni. Monaco è la mia base, alla fine torno sempre lì, c’è qualcosa che mi tira sempre indietro, forse le amicizie. È normale perché lì ho passato la mia adolescenza… oltre al fatto che è una città stupenda.
Per ora è qui in Svizzera, con il musical CATS; che significato ha esibirsi per la prima volta da professionista in Svizzera, nella sua patria?
È una cosa molto particolare ed è anche una delle ragioni che mi hanno attratto del contratto di CATS. Sapevo già dall’inizio che avremmo fatto la premiere a Zurigo e questo è stato speciale per me perché non essendo mai stato su un palcoscenico da professionista qui in Svizzera, tornare in patria con il bagaglio che ho acquistato negli anni è tanto speciale quanto difficile da descrivere. C’è anche l’orgoglio, l’amore…tante cose che vanno insieme a questo progetto. È bello rimpatriare dopo dieci anni di carriera e dire “ecco, adesso sono qui”…
CATS quest’anno festeggia i suoi 30 anni, è un onore far parte dell’ensemble durante questi festeggiamenti?
Sì, i trent’anni sono una cosa particolare. Quando ho cominciato a ballare, sono entrato in un negozio e ho sentito questo cd: è stato uno dei primi che io abbia comprato. Una musica che mi ha sempre affascinato. Cats è il grande sogno, Cats è una cosa che tutti i giovani voglio fare quando ballano e un po’ come un traguardo, un mondo di favola. Ed è molto strano ad un’età così adulta fare parte di uno spettacolo così importante a livello mondiale, sapendo che ha un successo enorme e non è facile entrarci. Ci sono stati dei casting, migliaia di persone si sono presentate.
Lei come ha fatto ad entrare?
Ho mandato il curriculum che credo sia servito per la preselezione, per valutare le esperienze professionali e lo studio, in modo da fare una prima selezione. All’audizione abbiamo prima ballato, poi ci è stata mostrata una coreografia da imparare per poi poterla eseguire in gruppi di tre. Poi abbiamo cantato; quindi c’è stato il primo scarto e bisognava aspettare una chiamata o una mail per un secondo invito. Io in quel momento ero a Londra quindi sono stato in Germania, poi sono tornato a Londra e lì ho ricevuto la mail e sono andato a Düsseldorf per la semifinale. Adoro dire questa parola LA SEMIFINALE. Abbiamo di nuovo ballato, ricantato una canzone e poi mi sono state date delle note per lo spettacolo, che ho dovuto imparare in una serata. Passato in finale, ho dovuto cantare delle canzoni dello spettacolo, mi hanno fatto ballare e poi cinque giorni dopo ho ricevuto la notizia: ero stato scelto per questo nuovo cast! Non è stato facile.
Tanta strada e tanta fatica…
Sì, bisogna investire molta energia e lavorarci tanto, con molta volontà, pazienza e determinazione.
Come reagisce il pubblico? Il palco è in mezzo e le persone sono sedute molto vicine…
Personalmente sono abituato ad avere il pubblico vicino perché da bambino da Betty Martinetti, nei piccoli teatri, avevo la gente molto vicina. Poi a me piace molto rompere il quarto muro, non se quest’espressione è familiare… il quarto muro è il muro invisibile del teatro dove di solito si vede attraverso e non in una scena. Noi questo al Cats ce l’abbiamo perché lo spettacolo si svolge al presente, davanti al pubblico, quindi non è una cosa immaginaria è proprio una cosa che sta succedendo davanti al pubblico. Questo dà molta libertà d’espressione. Il pubblico è sempre molto affascinato perché abbiamo questi trucchi particolari e sembriamo veramente dei gatti, i costumi, le parrucche e i trucchi sono stupendi. Ed è incredibile come noi assomigliamo a dei gatti. Poi ci sono anche i movimenti che ci rendono per due ore e mezza come delle creature strane e questo è quello che affascina di più la gente. Perché il ballo è stupendo, le musiche anche, però c’è questo fattore che siamo dei gatti, per così tanto tempo continuiamo a muoverci con dei gesti e delle espressioni facciali tali che il pubblico ci guarda sempre con occhi affascinati. Gli adulti sono più affascinati perchè capiscono il lavoro la trasformazione che ci sta dietro, mentre i bambini sono convinti che siamo dei veri gatti… (per info www.cats.de) M.S.
1 commento
Ciao Alex,
quanti anni son passati da quando facevi teatro nella scuola di Betty Martinetti insieme ai tuoi compagni/e, fra le quali Deborah Demarta.
Non ho mai dubitato che saresti arivato in alto e mi ha fatto molto piacere sapere che ora danzi in Cats, é la tua vita, sei un grande artista!
Ti auguro una bellissima e stupenda carriera
Un abbraccio
Chiara Demarta e Deborah