E’ la festa del papà. Festa religiosa. Ma anche commerciale. Dicono che sia meno sentita come la festa della mamma. Forse perché la figura del padre richiama una immagine di severità. Riconosciamo comunque che oggi necessità e doveri fra i genitori si avviano lentamente ad un punto di equilibrio.
Se forse non lo hanno già raggiunto. Dobbiamo solo rendercene conto. Ciascuno di noi ha i suoi ricordi della figura paterna. Ciascuno ha la sua storia. Mio padre era nato dopo la fine del primo conflitto del secolo scorso. Tempi difficili. Una malattia trascurata lo porto’ ad essere sordo. E tale rimase per tutta la vita. Emarginato dai rapporti sociali. Unico modo di conoscere il mondo: la lettura. Il destino toglie ed il destino dà. La sua malattia lo limito’ nelle relazioni con gli altri. Ma, forse proprio per questo motivo, il destino volle che mio padre sviluppasse una incredibile facilità di scrittura.
Erano suoi i biglietti che la famiglia si trovava ad inviare nelle piu’ varie circostanze della vita. Per tutti un pensiero cui era difficile replicare con pari affetto. In famiglia i rapporti non erano cosi’ facili. La mancanza di dialogo porto’ noi figli ad essere indipendenti e lasciare casa. Nelle ricorrenze venivamo raggiunti dagli scritti in buona calligrafia di nostro padre. Con la incoscienza dell’età giovanile, li leggevo rapidamente; per poi abbandonarli fra le pagine di un vecchio dizionario che conservo ancora. Libro da tenere, ma da consultare di rado. Strano destino quello di padri come il mio. La ruota gira. Il tempo passa. Rapidamente anch’io mi trovai ad avere una mia famiglia, dei miei figli. Ed a considerare mio padre come una memoria superata, inutile ai miei impegni quotidiani. Anche le visite che facevo a casa, quando tornavo una volta all’anno, erano sempre piu’ brevi. Ai propri genitori, come avrei imparato piu’ tardi, non si dedica mai abbastanza tempo. Il sorriso di mia madre non bastava a trattenermi qualche minuto di piu’. Mia moglie mi aspettava alla casa d’origine e non voleva che io ritardassi per essere tutti insieme. A casa. Ma a casa sua. Ricordo mio padre in poltrona. Il vecchio mobile della sala: con le fotografie di quando ero bambino. Accanto: le immagini dei miei figli, i loro nipoti. Un saluto con la mano, l’inutile promessa che la prossima volta mi sarei trattenuto un po’ di piu’. La ruota gira. Il tempo passa. Ma lascia traccia nei cuori.
La telefonata di mia madre che papà era scomparso non mi colse di sorpresa. Guardai il vecchio dizionario, silenzioso custode di tutte le parole cui sinora io non ho prestato attenzione. In un istante compresi che il tempo di mio padre era terminato e da quel momento iniziava il mio. Attendo la festa del papà con una certa impazienza. Non mi attendo di sentire squillare il telefono o di ricevere un freddo messaggio via internet. Mi basta solo essere ricordato. E che lo facciate anche voi, e chiunque ne abbia la possibilità, con il proprio genitore. Forse non vi risponderà con un sorriso. Ma, credetemi: anche papà attende che qualcuno si ricordi di lui.