I maggiori produttori di automobili, biciclette e tra breve anche di motocicli ormai propongono una gamma di prodotti con motore elettrico. Lo sappiamo. Sono solo alcuni, in questo caso applicati alla produzione industriale, tra i molti esempi di sviluppo economico secondo principi sostenibili. Cioe’ di criteri che soddisfano le necessità della nostra generazione, senza compromettere la capacità anche delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni.
Pochi immaginano che questi obiettivi passano dalla teoria alla pratica grazie all’interesse del mondo finanziario. Ce lo ricorda la associazione di categoria, che in questi giorni ha presentato il rendiconto delle attività per l’anno appena trascorso. Stiamo parlando della Swiss Sustainable Finance-SSF. Questa organizzazione promuove l’ informazione, la formazione e la promozione della finanza sostenibile. In soli quattro anni di attività, la SSF oggi conta ben cento associati, tra professionisti del settore finanziario, del mondo accademico e della amministrazione. Ne citiamo solo alcuni: Vietnam Holding Asset Management, Axa Winterthur Assicurazioni, Banca Edmond de Rothschild, Swiss Investment Fund for Emerging Markets, Bank Safra, Pensionskasse EBP Suisse, Paribas, Assicurazioni Helvetia, Credit Suisse, Suva, Banca Julius Baer, LGT Group, Cassa Pensioni della Città di Lugano, Swiss Re, UBS.
Ora veniamo alle cifre: inizieremo a sorprenderci. Secondo il “Rapporto di mercato svizzero degli investimenti sostenibili 2018″ di Swiss Sustainable Finance, nella Confederazione quasi trecentonovantuno miliardi di franchi sono investiti in progetti sostenibili. Si tratta di un aumento dell’ ottantadue percento rispetto alle ultime rilevazioni. Chi ha creduto di piu’ nella finanza sostenibile? Innanzitutto gli investitori istituzionali: nei loro patrimoni la crescita è stata del centoventotto percento. Subito dopo: i fondi di investimento, ed i mandati ad investire in modo sostenibile. Ciascuno di questi comparti ha segnato, rispettivamente, una progressione del quarantasette e del venticinque percento.
Non solo nella vita di tutti i giorni ma anche nel modo della finanza stiamo probabilmente assistendo ad una inversione di tendenza. Se non proprio ad un cambio di mentalità. Queste cifre non lasciano spazio a dubbi: l’imporsi della finanza sostenibile pare ormai essere una certezza. Ma cosa vuol dire fare della finanza sostenibile? come vengono scelti gli investimenti sostenibili ? é tutto cosi’ ovvio come sembra ? Non proprio. Di regola, gli investimenti sono selezionati dopo una attenta verifica dei principi che guidano il funzionamento delle società esaminate. E’ il cosiddetto norms-based screening. Concretamente: le imprese sono analizzate in dettaglio per stabilire la gravità di eventuali infrazioni. Al diritto interno, oppure alle norme internazionali. Se necessario, con queste aziende vengono avviate delle discussioni. Le trattative ovviamente proseguono solo con quelle imprese per cui è possibile ipotizzare, se non proprio un cambiamento, almeno una positiva evoluzione della politica aziendale. La questione non è di poco conto. Investire in una impresa significa diventarne azionisti. Di conseguenza: avere diritto di voto nelle assemblee che ne determinano le scelte finanziarie, le decisioni commerciali, di marketing, di clientela. Se il dialogo tra società ed investitori dovesse risultare inutile, la azienda viene inserita in una lista nera dei nominativi in cui non è opportuno investire. Si tratta di una sanzione discriminatoria.
Le parti vi ricorrono solo quando le rispettive posizioni sono inconciliabili. In particolare, per una azienda: le relazioni con gli investitori terminano quando le loro richieste di comportamento sostenibile non possono essere tecnicamente soddisfatte. Facciamo un caso concreto: pensiamo, ad esempio, alle problematiche derivanti dalla “sostenibilità” di un investimento finanziario in società attive nel ramo degli armamenti. Ci sono altri settori verso cui la finanza sostenibile mostra notevole interesse. Il piu’ noto: la protezione delle risorse ambientali. In questo caso le regole sono stabilite da ben due convenzioni internazionali. La prima: l’ Accordo sul clima, sottoscritto nel 2015 a Parigi per ridurre le emissioni inquinanti e rallentare il riscaldamento globale. La seconda: il protocollo Sustainable Development Goals-SDG delle Nazioni Unite, che fissa tutta una serie di priorità sociali da rispettare per assicurare al nostro pianeta uno sviluppo “sostenibile”. Ne citiamo solo alcune: contrasto alla povertà ed alla fame; tutela della salute pubblica; miglioramento della istruzione; controllo delle variazioni climatiche, lotta alle disparità di genere; protezione dell’acqua e delle fonti energetiche; tutela dell’ambiente; incremento della giustizia sociale; controllo delle procedure di urbanizzazione.
Nella Confederazione, il trentotto percento dei gestori patrimoniali offre prodotti specificamente legati ai protocolli SDG delle Nazioni Unite, e ben due terzi completano la gamma dei loro prodotti con investimenti rispettosi dell’Accordo sul clima. Nel medio periodo la finanza sostenibile dovrà anche considerare nuove regole imposte dalla Unione Europea. Ma il percorso sembra ormai tracciato, come osserva Sabine Döbeli, Direttrice della Swiss Sustainable Finance: “Tutto sommato vediamo il mercato finanziario elvetico sulla buona strada, considerando il forte sviluppo del mercato. Una intensificazione continua degli sforzi promuoverà ulteriormente l’idea di finanza sostenibile e posizionerà la Confederazione come attore principale in questo settore sempre più importante”. Ne siamo certi: le future generazioni non potranno che ringraziarci.
An Grandi