Ed eccoci qui, giunti alla fine di questo splendido viaggio francese! Anche giovedì 3 novembre ci presentava un programma più che ricco che prevedeva, quale prima tappa, la visita al “Palais de la Découverte”. Il museo ci ha permesso di ammirare un piacevole accostamento tra la struttura esterna, notevole dal punto di vista artistico, e le varie esposizioni a tema scientifico. La prima parte della visita ci ha reso partecipi, diciamo in prima persona, di un interessante e originale esperimento di elettrostatica. Certo non possiamo classificare come “originale” una scoperta, la gabbia di Faraday, che risale a qualche secolo fa. Ciò che è stato davvero curioso è stato vedere due nostre compagne di classe, Elisa e Rosalba, prendere parte allo stesso esperimento! Proprio un esperto del museo, in un inglese simpaticamente maccheronico, ha continuato poi ad illustrarci altri fenomeni fisici fino alla fine della presentazione; dopotutto chi ha tolto mai alla scienza il suo fascino, anche in termini di puro godimento estetico? Abbiamo assistito anche ad altri approfondimenti sia in materia di elettromagnetismo sia sul modo in cui si propagano le onde sonore. Altre esposizioni stabili ci hanno portati nel mondo della biologia umana, nella cosmologia e nella genetica.
Il tempo di un panino, come si dice, al volo, ed eccoci in un altro luogo che, galeotta l’imponenza della figura a cui si richiama, ci ha fatto ripiombare nel passato del primo Ottocento: il “Dôme des Invalides”. Il complesso, in architettura barocca, infatti, custodisce le spoglie del più che celebre Napoleone. Ciò che rimane dell’Imperatore giace protetto da 7 sarcofagi, posti l’uno dentro l’altro, in una specie di cripta ricavata al centro del Duomo; l’osservatore si pone inizialmente in una posizione sopraelevata per poi giungere nella parte sottostante e trovarsi davanti al maestoso sepolcro. Non si arriva mai a toccare direttamente la tomba, come non si arriverà mai a scalfire la memoria di un mito perchè, citando, “i miti non si scalfiscono, sono come i fantasmi che passano nella foresta” . La memoria di colui che mosse, a vantaggio o svantaggio di molti, tutta Europa ci seguirà nella storia del mondo proprio come moltissime altre figure che sono state a lungo l’ego della bilancia politica e culturale. Poi è giunto il tempo di avviarsi al Musée d’Orsay, che ci ha presentato un’ampia carrellata di autori del secondo Ottocento; le innovazioni di Van Gogh, le geometrie di Cèzanne e, perchè no?, anche la provocazione di Courbet, ci hanno fatto viaggiare nel tempo: da un salone all’altro era possibile cambiare con due semplici passi le angolature con cui osservare il tempo del nostro passato artistico! E, se di viaggio stiamo parlando, allora ci troviamo nel posto giusto: provate ad immaginare che funzione avesse l’edificio prima di ospitare il museo? Era una stazione dei treni e in fondo la folla che la percorreva non se n’è mai andata del tutto, cerca solo orizzonti diversi.
Mentre il sole cominciava a sparire sotto l’orizzonte, ci siamo mossi verso un altro edificio monumentale: il Pantheon. Affascinati anche qui dall’architettura articolata e curata, dalle statue, abbiamo osservato proprio uno delle più popolari dimostrazioni del moto di rotazione della Terra, cioè il Pendolo di Foucault. Appeso al soffitto continuava imperterrito nella sua oscillazione a dimostrare che sì, la tradizione e il dogmatismo possono avere la meglio sulla scienza a breve termine; ma questa troverà sempre cervelli reattivi e sensibili. Il pendolo non si fermerà, così come non si fermerà la nostra voglia di conoscere, tensione pulsante, “Strebung” dell’uomo. A conferma di questo, nella cripta della chiesa, tempio della nazione, ecco sepolti gli animi illustri della patria: scienziati, come Marie Curie; filosofi, come Rousseau e Voltaire (curioso pensare che passerà il resto della storia proprio in una chiesa!); scrittori, come Victor Hugo e Zolà. Oltre a ciò anche una scritta a memoria dei caduti per la rivoluzione; è inevitabile pensare come il ricordo di questo periodo resti nel sottosuolo parigino, diremmo quasi, più del Risorgimento in Italia. Perchè? Quella serata ci chiedeva ancora ti nascondere la stanchezza che furtiva saliva dalle nostre gambe per poi darci tregua solo di notte ad occhi chiusi; c’era un posto che ancora ci aspettava : il cimitero del “Père-Lachaise”. Qui abbiamo visitato la tomba di diversi uomini illustri: Oscar Wilde, Abelardo ed Eloisa, Moliere, Jean de La Fontaine e, come a dare l’atmosfera che la circostanza imponeva, ecco scendere una lieve, ma premente pioggia sulle nostre menti; menti fugaci nel ricordo di coloro che seppero tanto influenzare l’umanità.Dopo cena ci siamo concessi ancora una passeggiata nel centro cittadino che non ha mai deluso i nostri occhi da turisti! E ormai eravamo pronti, la mattina del 4 novembre alla nostra ultima giornata di visita, che si chiudeva per altro in bellezza grazie alla maestosa ed elegante “Versailles”. Entrati nel palazzo siamo stati guidati nel susseguirsi delle varie stanze, decorate ancora nello stesso modo in cui erano state lasciate.
Che sfarzo nei dipinti, nelle sculture, negli stessi mobili! Tutto richiamava come per magia il ritmo frenetico del risveglio del re, lo splendore dei balli a palazzo, le guerre, i trattati. Nulla scompariva alla vista, come fuochi d’artificio che si susseguono veloci lasciando a bocca aperta, lo spettacolo di questa reggia non sapeva concederci pausa. Ed improvvisamente, quando quel luogo splendido sembrava aver donato tutto ciò che aveva, ecco comparire il giardino, grande, esteso, immenso. Era adornato da fontane che, come molte decorazioni, richiamavano la mitologia: il “Bacino di Apollo” o il “Bacino di Nettuno”. Anche il tempo, che ci aveva minacciato con l’umidità del giorno precedente, ci ha soddisfatti, il cielo era arricchito di qualche nuvoletta solitaria, ma il sole splendeva e solo un leggero vento sembrava presagire l’arrivo dell’imminente inverno. Abbiamo passato qui tutta la mattinata e siamo tornati poi in città per la nostra ultima visita al museo del “Centre Pompidou” che ha completato, con gli artisti dell’ultimo Novecento, la nostra panoramica pittorica. Abbiamo osservato diverse opere, solo per citarne alcune, l’“Igloo di Merz” o i dipinti di Kandinsky; tuttavia ci sono capitati davanti anche lavori originali, che non siamo abituati a vedere, e forse con questo possiamo provare a dare una giustificazione all’incomprensione oppure direttamente alla freddezza di comunicazione. Ma quale arte si può definire tale se non riesce a comunicare? E allora questo ci porta direttamente alla domanda più importante: che cos’è l’arte? Possono l’estremismo e l’indignazione far dimenticare il fine ultimo dell’estetica, ossia muovere gli animi verso qualcosa? Un pittore o un artista che vuole mettere davanti al mondo un problema o un disagio deve renderlo comprensibile, o no? Altrimenti non diventa forse un puro sfogo egoista? Un personale urlo di rabbia e delusione in una lingua che non riesce ad essere compresa? Il museo ci ha anche regalato uno spettacolare panorama davanti alle luci di Parigi, la città vista dall’alto che in qualche modo ci dava un’ultima occasione di salutarla prima del viaggio di ritorno. Ne abbiamo visti di posti splendidi, abbiamo vissuto emozioni forti ed intense, ricordi indelebili; un’esperienza formativa sotto tutti i punti di vista! Alla sera quindi ci aspettavano le brave valigie che dovevano essere pronte per la mattina successiva che ci avrebbe riportati a Zurigo come persone diverse, persone che avevano vissuto qualcosa in più, sognato qualcosa in più; non è forse vero che ogni secondo che passa crea in noi un animo sempre nuovo e diverso dal precedente? Quel sabato mattina ci diede la possibilità di fare una piena di compere per i viali di Parigi che, piano piano, si stavano svegliando. Alla fine ci siamo portate in aggiunta al nostro bagaglio borse e borse su un treno che, veloce come il tempo sa renderlo, ci stava riportando a casa.
Merola Maria-Grazia Breimaier Federica