Quattro soldati francesi sono stati ammazzati da un commilitone locale
Fuoco amico in Afghanistan. Un militare locale ha ammazzato quattro soldati francesi ed è stato poi bloccato, a differenza di altri casi in cui dopo aver ucciso soldati alleati altri soldati afghani si sono tolti la vita o sono stati ammazzati. Quello del fuoco amico non è un caso isolato in Afghanistan. Finora i morti ammazzati dai commilitoni alleati sono 58 dal 2007 al 2011. Tanti. La ragione sta nel fatto che ad inserirsi tra le reclute ci sono anche agenti dei talebani irriducibili. In previsione della partenza definitiva entro la fine del 2014 gli Usa – ma anche altri Paesi – addestrano i soldati afghani a usare le armi e a difendersi. Non potendo vincere la guerra con un’azione poderosa e spettacolare, gli alleati cercano almeno di formare l’esercito e la polizia a svolgere compiti istituzionali di organizzazione e di sicurezza dello Stato e dei cittadini. Si sa, però, che non è facile. Che i rapporti tra soldati locali e soldati alleati non siano idilliaci, lo sanno bene sia a Washington che nelle altre capitali. D’altra parte, le differenze sono anche normali, trattandosi di popoli diversi per cultura, religione, economia e politica. Perché abbiamo fatto questa lunga premessa di cronaca? Per un motivo molto semplice: questo fatto, seppur grave in quanto compiuto di proposito da un soldato afghano, avrà delle ripercussioni politiche, complice l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali francesi. Alla fin fine, tutto il mondo è paese. Nel 2006 lo fece Prodi in Italia. Promise che se fosse stato eletto presidente del Consiglio, avrebbe ritirato le truppe italiane dall’Iraq. Lo fece Zapatero in Spagna, quando, sempre prima delle elezioni, promise la stessa cosa. Ora tocca a Sarkozy: in fondo, il militare afghano, oltre ad uccidere quattro soldati che stavano dando una mano al suo Paese, ha reso un servizio al presidente francese che si ricandida per la seconda volta all’Eliseo. Le sue chance si erano ridotte con la crisi e con l’offensiva dei suoi avversari socialisti ed ora ha colto la palla al balzo per fare l’eroe di fronte ai francesi. Dire prima delle elezioni che con la vittoria si andrà a fare la guerra all’estero certamente non paga, ma paga sicuramente annunciare che con l’elezione a presidente ci si ritirerà dalla guerra in Afghanistan. Dopo tutto, è una facile propaganda.
Il presidente Sarkozy venerdì 20 gennaio si accingeva a fare gli auguri agli ambasciatori dei governi stranieri quando gli è giunta la notizia del massacro. Ovviamente, volto teso e compunto, il presidente si è avvicinato al microfono e guardando ora a terra, ora in faccia agli ospiti, ha esordito così: “Quattro dei nostri soldati sono stati uccisi. Voglio rendere qui omaggio al loro sacrificio. Per il capo delle forze armate che sono, è sempre un momento di grande solitudine di fronte alle proprie responsabilità trovarsi davanti al destino spezzato di questi giovani uomini coraggiosi, che fanno onore all’esercito francese”. Un esordio solenne, per annunciare la novità politica ad effetto: “La missione afghana della Francia è stata decisa una decina di anni fa, e io ho confermato quella decisione per stare a fianco del popolo afghano nella sua giusta lotta contro le forze dell’oscurantismo, della barbarie e del ritorno al Medioevo. Ma non siamo in Afghanistan per farci sparare addosso dai soldati afghani. Ho quindi deciso di sospendere, da questo momento in avanti, tutte le operazioni di addestramento e di sostegno al combattimento. E se le condizioni di sicurezza non saranno ripristinate, si porrà la questione del rientro anticipato delle forze armate francesi”. Gli ingredienti per fare l’eroe ci sono tutti: la guerra (e nessuna guerra è ben vista dai cittadini comuni), l’attacco proditorio, il ritiro e la sicurezza dei soldati e il risparmio economico. È vero che Sarkozy ha parlato di sospensione dell’addestramento dei soldati afghani, ma è anche vero che fare la voce grossa è un giochetto che attira voti. È chiaro che una decisione di ritiro comporta un periodo di organizzazione che può durare mesi, dunque se vince non è detto che debba mantenere il proposito, ma proprio per questo il presidente francese si è dimostrato abile e spregiudicato. Nello stesso tempo, però, ha indebolito il fronte alleato. Dapprima l’annuncio degli Usa, ora l’annuncio francese: come è possibile che anche altri Paesi non si pongano domande sull’utilità di una missione in cui più nessuno crede? Gli Usa hanno 90 mila uomini, l’Inghilterra 9.500, la Germania 4.812, l’Italia 4.200, la Francia 3.600 e il Canada 2.922. I soldati francesi non sono determinanti, ma rischiano di aprire il fronte del ritiro anticipato e di fare così il gioco degli avversari. Alla fine la domanda è la seguente: ma allora perché è stata fatta una guerra in Afghanistan, perché sono morti tanti soldati se poi ognuno va per conto suo? Già, perché? [email protected]