Presentata ufficialmente dal duo Berlusconi-Alfano l’annunciata “novità straordinaria” per dare stabilità all’Esecutivo, rinnovamento ai partiti e diritto di scelta ai cittadini
Preannunciata prima delle elezioni amministrative come una “novità straordinaria”, capace di cambiare la natura dei partiti, la proposta di Berlusconi e di Alfano è stata ufficializzata con una conferenza stampa al Senato il 25 maggio e da allora diventa il tema politico dei prossimi mesi e, forse, dei prossimi anni. Si tratta della riforma della Costituzione in senso semipresidenzialista con legge elettorale in collegi uninominali a doppio turno. Sui giornali italiani, all’indomani della proposta, è stato rilevato come essa non sia in realtà nuova. Il dibattito su questo tema ha una sua lunga tradizione. Le prime elaborazioni risalgono agli inizi degli anni ’70, ma esse avevano carattere accademico. Il semipresidenzialismo ala francese fu rilanciato da Bettino Craxi nel 1983, in occasione della Conferenza di Rimini, ma non ebbe seguito politico. Negli anni 1996-1998 fu proposta e approvata alla Bicamerale presieduta da D’Alema con i voti della Lega, ma, come si sa, la Bicamerale fallì anche perché allora Berlusconi non aveva ancora fatto l’alleanza con la Lega e se Fini era d’accordo, non lo era Casini, per cui preferì affossare la Bicamerale piuttosto che correre il rischio di perdere alleati.
Ora è lui stesso che la ritira fuori come soluzione per dare stabilità e governabilità al governo di turno, per far partecipare i cittadini alle scelte dei candidati, per rinnovare i partiti stessi, obbligati da questo sistema a presentare gli uomini migliori e nello stesso tempo a coalizzarsi al secondo turno. Col semipresidenzialismo alla francese con doppio turno la democrazia (il presidente della Repubblica è eletto dal popolo) si coniuga – dice Berlusconi – con la stabilità del governo e il rinnovamento dei partiti. Due sono i punti molto importanti tra i tanti a sostegno della proposta. Il primo è che la “novità” si basa su un tema, il presidenzialismo, caro alla destra, e su un sistema elettorale, il collegio uninominale a doppio turno, caro alla sinistra. La proposta vuol essere anche un incontro su una riforma condivisa e necessaria al Paese. Il secondo è che la Grecia, che ha un sistema politico-elettorale simile al nostro, dopo aver fatto le elezioni deve ripeterle perché non si riesce a trovare una maggioranza, la Francia, invece, dopo un giorno dalle elezioni del presidente, ha un riferimento sicuro – il presidente, appunto, eletto dalla maggioranza del popolo – e un governo, per cui François Hollande da subito ha potuto inserirsi nel consesso politico nazionale e internazionale e operare senza vuoti di rappresentanza.
“I tempi sono maturi”, ha detto l’ex presidente del Consiglio, perché l’anno prossimo si verificheranno tre condizioni favorevoli: il presidente della Repubblica (“l’eccellente presidente della Repubblica”) sarà alla fine del suo mandato e se ne dovrà eleggere un altro, la stessa legislatura arriverà al suo culmine e la prossima settimana al Senato sarà in discussione. Tre condizioni che possono favorire un cambiamento epocale. L’idea non è nuova, dunque, ma innegabilmente va nella direzione di un cambiamento radicale e profondo. Tra l’altro, si è saputo che alla Camera il 16 dicembre dello scorso anno la proposta fu presentata dal Pdl con le firme di 131 deputati.
L’accoglienza da parte degli avversari non è stata delle migliori. Bersani ha dichiarato che sul presidenzialismo non esistono tabù, ma che non ci sono né le condizioni politiche, né i tempi per una riforma della Costituzione in quanto la legislatura terminerà alla fine di marzo del 2013 e in dieci mesi non è possibile attuarla, anche per i tempi più lunghi che una riforma costituzionale comporta. In realtà, il Pd è diviso: c’è chi di fronte alla proposta di Berlusconi-Alfano parla di bluff (Franceschini e Veltroni), c’è chi è contrario (Bindi e Finocchiaro) e chi è favorevole (D’Alema e Violante), anche perché era, come detto, un tema già approvato alla Bicamerale. Siccome, però, a volere la riforma è Berlusconi, sicuramente ci sarà il fuoco di sbarramento. Di “raggiro” ha parlato anche Di Pietro e scettico è Fini, che dà ragione a Berlusconi quando questi richiama le condizioni favorevoli per dotare il Paese di una svolta epocale (Alfano ha parlato di questa riforma come del vero passaggio dalla seconda alla terza Repubblica), ma si è detto scettico sui tempi, per cui ritiene che la proposta serva al Pdl per dividere gli avversari e per sviare il discorso dalle riforme possibili. Di “tempo scaduto” parla anche Maroni, che in linea di principio non è contrario, ma ritiene, appunto, i tempi troppo stretti. Chi tace è Casini, forse perché assente dall’Italia. Casini, prima di partire per l’Argentina, aveva dichiarato che al posto di nulla o della legge elettorale attualmente in vigore avrebbe accettato anche il collegio uninominale a doppio turno. Per lui parla Rocco Buttiglione che si è detto contrario alla proposta.
La quale sembra condivisa da tutto il Pdl, che la presenterà come emendamento al testo della riforma istituzionale quando a giorni sarà discussa in aula al Senato. Inoltre, a completamento e a sostegno della proposta, il duo Berlusconi-Alfano hanno lanciato politicamente l’idea della Federazione dei moderati e l’obbligo delle primarie per la scelta dei candidati. Un modo come un altro per dire che con un’eventuale federazione dei moderati tutti possono aspirare alla candidatura, che è legata ai voti e non alle segreterie dei partiti.
Se si tratta di bluff o di una proposta vera e convinta, lo si vedrà dalle prossime mosse, che saranno il vero banco di prova del suo successo e del suo fallimento.