L‘occhio del ciclone si sposta in questo momento in Svizzera, a Ginevra, dove si sta lavorando per giungere alla pace della guerra tra Ucraina e Russia.
Da tempo la Svizzera si propone come sede adatta ad ospitare un tavolo di incontro tra le parti in causa, tanto che ha dichiarato di garantire immunità temporanea ai delegati coinvolti in mandati di arresto durante l’eventualeconferenza di pace. Quindi, quando le condizioni diplomatiche sono sembrate adatte per un passo verso questa pace tanto ricercata, ecco che la Svizzera ha aperto le porte per accogliere tutti gli sforzi possibili a giungere al risultato che tutti speriamo. A molti viene certamente spontaneo chiedersi come mai Ginevra o la Svizzera risultano essere il posto migliore per questo importante accordo di pace? La risposta non si risolve semplicemente nella conclamata neutralità della Confederazione Elvetica, non a caso la Russia in alcune fasi ha respinto l’idea di un summit a Ginevra, accusando la Svizzera di non essere più totalmente neutrale. Eppure si è giunti a scegliere proprio Ginevra per esperienza diplomatica, per disponibilità politica e anche per le infrastrutture internazionali (ricordiamo che qui ha sede l‘ONU, per dirne una).
Tutto sembrerebbe pronto, dunque, per discutere finalmente questo piano di pace in 28 punti proposto da Donald Trump, eppure nulla parte realmente, sembra una delle tante farse allestite per far credere di volere una pace, ma la pace non è il reale obiettivo.
Pare che ci sia chi afferma che il piano dei 28 punti per la pace sia stato fornito certamente da Trump, ma sotto dettatura di Putin. Il sospetto che il piano per la pace di Trump sia in realtà “una lista dei desideri” di Mosca, si è presto fatto largo insieme all’idea che tutto sia creato in modo che questa “proposta diplomatica“ celi in realtà un meccanismo per spingere Kiev ad accettare concessioni importanti, tra cui appunto quelle territoriali per la Russia e limiti pesanti all’esercito ucraino.
Di fronte queste istanze, Zelensky, di contro, ha voluto avanzare delle richieste che non sembrano proprio in accordo con il piano strutturato e ambizioso di Trump e che puntano a una “pace giusta“ che non sacrifichi la sovranità ucraina e la sua capacità difensiva, e che abbia garanzie concrete e dignitose. Detto in altre parole, Kiev non ha alcuna intenzione di sacrificare i territori ucraini, vuole il ritorno completo dei territori persi e non accetta cessioni. Non ha alcuna intenzione di cedere sulla sicurezza militare ma anzi esige garanzie di sicurezza più forti e senza rinunciare alla libertà di alliance future.
Le ultime notizie parlano di una dichiarazione congiunta, Usa-Ucraina che definiscono i colloqui di Ginevra “costruttivi, mirati, rispettosi” e “altamente produttivi”, sottolineando “l’impegno comune per il raggiungimento di una pace giusta e duratura”. Dall‘altra parte del mondo, la Russia non sembra essere realmente parte attiva di questi colloqui ginevrini, non a caso il Cremlino ha dichiarato di non aver ricevuto “alcun aggiornamento ufficiale” sui risultati dei colloqui a Ginevra. Mosca, inoltre, non sembra essere presente come interlocutore principale, ma piuttosto viene tenuta “ai margini”, mentre USA e Ucraina negoziano.
Di fronte questo scenario, allora, che significato assume il summit per la pace attualmente in corso a Ginevra, se non una farsa?
Nonostante gli sforzi svizzeri, il summit di Ginevra non significa che la pace sia imminente, né che la Russia abbia accettato il piano di Trump. Magari l’incontro ginevrino può rafforzare una posizione comune tra USA e Ucraina, dunque è più un summit preparatorio ma non un reale negoziato diretto tra le parti in guerra.
Redazione La Pagina

