Umberto Bossi si è dimesso da Segretario della Lega, un triunvirato guida la fase che organizzerà un nuovo congresso e dopo Pasqua anche il figlio Renzo “dà l’esempio” dimettendosi da consigliere regionale
La settimana di Pasqua ha visto la Lega nell’occhio del ciclone. La magistratura ha indagato il tesoriere, Francesco Belsito, per falso in bilancio, e sospetti di uso di danaro della Lega si sono appuntati su Renzo Bossi, figlio di Umberto, sulla senatrice Rosi Mauro e anche su Bossi stesso e su qualche altro personaggio del cosiddetto “cerchio magico”, compresa la moglie di Bossi. La magistratura ha sequestrato carte e compiuto intercettazioni da cui emergerebbero testimonianze e affermazioni in tal senso. Quanto ci sia di vero e quanto ci sia di grave, è difficile dirlo, anche perché notizie di stampa riferiscono di investimenti fatti con personaggi equivoci. Bossi e la Lega, almeno una parte della Lega, parlano di “complotto” da parte di Roma “padrona” o “farabutta” per distruggere un partito antipolitico, più a parole che a fatti, e antisistema, almeno per buona parte di questi trent’anni di presenza sempre più incisiva nella vita politica italiana e del Nord in particolare, fino al 2005, quando Bossi è stato colpito da un ictus che ne ha menomato parole e movimento. La magistratura, invece, insieme a una fetta della Lega, parlano di fatti reali. L’indagine, evidentemente, accerterà le vere responsabilità. Una cosa è certa, Umberto Bossi si è dimesso, dopo trent’anni di leadership, da Segretario della Lega, favorendo la fase di transizione con la nomina di un triunvirato formato da Maroni, Segretario in pectore, Calderoli e Dal Lago, con il compito di guidare la Lega verso il congresso e un ricambio della leadership, che già si annuncia essere l’ex ministro degli Interni, Roberto Maroni, uomo peraltro deciso, competente e autorevole. All’indomani delle sue dimissioni e, prima ancora, delle notizie della tempesta che si stava abbattendo su di lui e il suo partito, Bossi aveva detto che chi aveva sbagliato, chiunque fosse, doveva pagare, che il nome non contava e che lui comunque a suo tempo aveva sbagliato a far entrare in politica il figlio. Lui, infatti, come abbiamo detto, si è dimesso, ma il giorno dopo Pasqua anche il figlio Renzo ha annunciato le sue dimissioni da consigliere regionale, dicendo di voler dare l’esempio. Probabilmente, se già non lo ha fatto, anche Rosi Mauro si dimetterà da vice presidente del Senato, sollecitata da Roberto Calderoli.
Prima ancora delle sue dimissioni, quando molti nella Lega avevano giudicato “traditore” Maroni (“fare pulizia nella Lega”), Bossi gli aveva teso la mano abbracciandolo e dicendo che Maroni era stato leale. Dunque, l’investitura di Maroni è stata favorita dallo stesso Bossi. Insomma, dopo singoli personaggi del Pdl (per esempio: Claudio Scajola, Alfonso Papa e vari altri, accusati di illeciti elettorali o di voto di scambio o di tangenti), dopo singoli personaggi del Pd (Tedeschi in Puglia, Penati in Lombardia), dopo Lusi, senatore del Pd e tesoriere della Margherita di Rutelli, ecco che una storia penosa di uso improprio dei soldi dei partiti erogati come rimborso elettorale dallo Stato investe un partito che era nato all’insegna dell’antipolitica e dell’onestà individuale e collettiva del gruppo (famoso è rimasto lo slogan “Roma ladrona”). Anche Bossi, capo carismatico di un partito (semi) padronale, come lo era e forse lo è tuttora l’Idv di Di Pietro, è finito nel mirino della magistratura e nel tritacarne mediatico. Bisogna dire che in genere ha avuto l’onore delle armi, nel senso che non è stato personalmente trattato da delinquente, almeno da molti commentatori politici, anche quelli di parte avversa, ma gli è stato riconosciuto il valore e le intuizioni, quella soprattutto di valorizzare il Nord laborioso e intraprendente rispetto ad un Meridione che ha ingoiato da decenni migliaia di miliardi usati per l’arricchimento della classe politica e per l’assistenzialismo di stampo elettorale piuttosto che per creare una nuova mentalità e nuovi e reali posti di lavoro nei vari settori dell’economia. A difendere Bossi come leader e come persona è stato Berlusconi, il quale non lo ritiene capace di aver fatto tutto ciò di cui l’accusano. Al di là delle responsabilità penali e politiche, il ciclone che ha investito la Lega da ultimo, ma prima il tesoriere della Margherita, ha sollevato prepotentemente la questione dei rimborsi elettorali ai partiti che sono un vero scandalo di spreco delle risorse pubbliche e di mancanza di controlli sulle reali spese rispetto alle entrate. In sostanza, non solo è venuto fuori che i partiti spendono molto di meno dei rimborsi che ottengono dallo Stato (quindi non si può definirli rimborsi, ma vere e proprie elargizioni), ma vengono rimborsati anche quei partiti che ormai non esistono più e che continuano a ricevere soldi dallo Stato per tutta la durata della legislatura, anche se, ripetiamo, dopo e lezioni sono scomparsi, come è il caso della Margherita, ma anche di An e di altre formazioni. La questione sollevata è tanto più grave in quanto la commissione di tecnici che doveva analizzare Paese per Paese la questione delle retribuzioni dei parlamentari ha ammesso, dopo sei mesi di lavoro, ha preso atto di non poter decidere nulla a causa della complessità della materia. Insomma, sei mesi di studio e di stipendi per non decidere nulla quando basterebbe proporre una diminuzione, ad esempio, del 10% sulle tre o quattro voci principali del totale percepito dai parlamentari. [email protected]