Lo slogan che potrebbe sintetizzare la settimana politica all’indomani del voto di fiducia e delle polemiche che sono riemerse sulla tenuta dell’accordo tra Lega e Pdl da una parte e Fli dall’altra è che il voto, dato in un primo momento per certo a marzo, si è allontanato.
Cosa ha fatto gridare al voto a marzo, soprattutto da parte della Lega? È stata la consapevolezza che, sui temi della giustizia, l’accordo difficile all’interno della maggioranza avrebbe portato, con le inevitabili polemiche, al logoramento della maggioranza stessa. Tanto vale, è l’opinione espressa dai leader della Lega, andare alle elezioni a marzo e buona notte. Tempo tre settimane, hanno aggiunto, e si capirà se la maggioranza può continuare o va in frantumi.
In effetti, il ragionamento della Lega non fa una grinza: meglio le elezioni che una maggioranza zoppicante e litigiosa, con il rischio di delapidare il patrimonio elettorale acquisito e ancora più o meno intatto, sicuri di una nuova vittoria, o quanto meno di una crescita certa da parte della Lega.
Cosa ha allontanato il voto? Qui bisogna fare una premessa. Il voto dei finiani alla Camera è determinante per la tenuta della maggioranza, ma al Senato Pdl e Lega possono farne a meno. Le opposizioni totalizzano 129 voti ai quali, se si aggiungono i senatori finiani, al massimno arrivano a 140. Troppo pochi rispetto a Lega e Pdl che, senza i circa dieci voti dei finiani, ne totalizzerebbero comunque più di 160, al riparo da qualsiasi agguato.
Dunque, con la maggioranza al Senato, Pdl e Lega potrebbero impedire qualsiasi governo tecnico raffazzonato da tutte le opposizioni messe insieme, anche con il sostegno dei finiani, e pretendere il ricorso alle urne per chiedere al popolo di scegliere, come sarebbe giusto in caso di confusione o di maggioranza incerta.
Però, c’è un però, e qui usciamo dalla premessa per spiegare perché il voto si è allontanato e perché un accordo è possibile tra i finiani e il resto della maggioranza. Diciamo subito che alcuni deputati e i senatori Pdl del Nord non vogliono le elezioni perché potrebbero non essere rieletti in quanto il loro posto sarebbe preso dai leghisti, per cui potrebbero anche appoggiare un governo tecnico che prolungherebbe la legislatura. In tal modo, se le cose stessero davvero così, il Pdl e la Lega rischierebbero di perdere la maggioranza anche al Senato.
L’arma della maggioranza, dunque, potrebbe essere spuntata. Intendiamoci, non c’è nulla di certo in questo ragionamento, ma è quello che il senatore Soro ha fatto a Berlusconi, il quale sembra averlo inteso nel senso giusto, cioè si è convinto a considerare i finiani di Fli come una terza gamba con cui trovare l’accordo ogni volta che ce n’è bisogno, esattamente come avviene con la Lega. Del resto, era così anche quando non c’era il Pdl, ma c’erano Forza Italia e Alleanza Nazionale (oltre che la Lega).
Insomma, sembra che il premier si sia convinto ad accettare il fatto compiuto e irreversibile dell’esistenza di Fli e di trarne le dovute conseguenze. Lui vuole il processo breve e Fli pure, ma senza il riferimento ai processi in corso? Deve trattare. Gianni Letta, il diplomatico Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, è stato delegato a tenere i rapporti con i finiani e a cercare un punto di compromesso sulla riforma della giustizia.
Berlusconi vuole riproporre la legge sulle intercettazioni? I finiani sono d’accordo, ma senza porre limiti alle intercettazioni stesse se non quei pochi che pongono un freno agli abusi. Anche qui vale il discorso di prima. Insomma, la maggioranza è a tre e non a due e di questo il premier deve prenderne atto, come pare, appunto, abbia fatto.
Eccettuati questi due scogli, sul resto i finiani non fanno grandi difficoltà, se è vero quello che hanno affermato e cioè che uno scudo costituzionale per il premier è necessario e che bisogna provvedere a fare riforme non più rinviabili come il federalismo (già in buona parte approvato), la riforma dell’Università, in dirittura di arrivo, il quoziente familiare, tutto da inventare, il rilancio del Mezzogiorno, eccetera. Se questa è la strada scelta, bisogna percorrerla. Le polemiche ci sono e ci saranno ancora, ma potrebbero essere destinate a sgonfiarsi.
Tra le polemiche scoppiate ultimamente è il “cazzeggio” tra il giornalista de Il Giornale, Nicola Porro, e l’addetto stampa della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Nicola Porro ha riferito, scherzando, che avrebbe fatto “un mazzo così” alla presidente. L’addetto stampa ha mostrato l’sms ad Emma Marcegaglia che, sentendosi minacciata, ha chiesto l’intervento della magistratura che ha mandato i carabinieri al Giornale per effettuare perquisizioni alla ricerca di dossier che non c’erano e che non sono stati trovati nemmeno nelle case del direttore e del vice direttore.
Non crediamo che ci siano reati, però queste polemiche sono segno di una grossa e diffusa tensione che regna nel mondo politico e mediatico.
Sta passando in secondo piano la vicenda dell’appartamento di Monaco, la cui proprietà sembra accertata da note ufficiali da Santa Lucia come attribuibile al cognato di Fini, il quale, dopo averlo dichiarato in un video agli italiani (“Se verrà accertato che l’appartamento è di proprietà di Giancarlo Tulliani, mi dimetterò”), sembra che abbia cambiato idea. In politica, come si vede, tutto è possibile, anche che alle prossime elezioni a guidare la coalizione di centrodestra possa essere Fini e non più Berlusconi. Ipotesi smentita, ma comunque avanzata.
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