Presente il mago Sales, intervista esclusiva con don Stefano Ranfi
Si è tenuta presso il Centro Papa Giovanni Emmenbrücke, nella Chiesa di Santa Maria nel Canton Lucerna lo scorso 4 febbraio la Festa della Missione Cattolica in lingua italiana. Dopo la Santa Messa celebrata da don Francesco Sposato, concelebrata con don Silvio Mantelli, don Stefano Ranfi e don Egidio Tedeschini, un pranzo ha allietato grandi e piccini che numerosi hanno poi assistito allo spettacolo di magia di don Mantelli, alias Mago Sales. Nel pomeriggio, infatti, è stato proprio il don “mago” ad intrattenere la platea. Il sacerdote salesiano ha alle spalle 40 anni di sacerdozio e 50 di magia.
Don Silvio Mantelli, età indefinita, è noto per le missioni di volontariato in tutto il mondo. La sua missione infatti, oltre quella sacerdotale, è quella della magia e dell’illusionismo per portare un po’ di allegria ai bambini, per quello che lui definisce “Il diritto a un sorriso”.
Attraverso la sua magia ha ideato progetti e spettacoli ai bambini in difficoltà in Africa, America e Asia. Ama dire di essere “mago per passione e prete per vocazione”. È presidente dell’Associazione culturale “Museo della Magia” di Cherasco, in provincia di Cuneo. “Con una valigia piena di magie e un libro poesie ha fatto più volte il giro del mondo: si è esibito nelle Ande boliviane e nelle favelas brasiliane, nei villaggi africani della Nigeria, del Kenya, del Madagascar, tra i ragazzi delle Filippine e di Shangai… Ha varcato i confini del mondo, dalla foresta amazzonica, tra i ghiacci dell’Antartide, nei desolati deserti della Somalia, in Messico, al confine con gli Stati Uniti, nella terra di Tex Willer, nella striscia di Gaza con i tanti bambini di Hamas”, si legge nel suo sito.
In particolare, per questa festa della Missione Cattolica, il mago ha intrattenuto con uno dei suoi spettacoli, i numerosi bambini presenti che con gioia, divertimento e risate, sono stati protagonisti delle sue “illusioni”. La particolarità dei suoi spettacoli è quella di coinvolgere bambine e bambini nei suoi numerosi giochi di prestigio stupendoli e divertendo anche i grandi.
Festa, divertimento e gioia. Ma anche riflessione su Missione, Famiglia, Lavoro. Ne parliamo con padre Stefano Ranfi in questa intervista.
Padre, la Missione Cattolica Italiana è nata nel 1962; dal 2011 il “Centro Papa Giovanni di Emmenbrücke” è il primo punto di contatto per gli italiani nel Cantone di Lucerna per gli scambi pastorali e sociali. Le missioni cattoliche in Svizzera partono dal lontano 1888 con un intervento del vescovo di San Gallo, monsignor Egger, che auspicava la presenza di sacerdoti italiani almeno durante i periodi delle feste religiose. Una storia importante che ha attraversato periodi diversi: dalla crisi economica italiana alla necessità di manodopera straniere delle industrie presenti sul territorio svizzero… Attualmente qual è la condizione degli italiani presenti?
La condizione di vita sociale ed economica degli Italiani attualmente è completamente diversa da quella delle origini, che è stata contrassegnata da profonde sofferenze in ambito famigliare. Quasi sempre le famiglie dell’epoca erano divise, madri con figli in Italia e padri da soli con compaesani all’estero, oppure figli dai nonni o in collegio o da famiglie baby sitter e genitori al lavoro per creare un futuro ai figli. Questa sofferenza riguardante le relazioni famigliari incide ancora oggi sul vissuto di tante persone e sugli intrecci affettivi delle famiglie di oggi. Per fortuna, in tutto il mondo occidentale, il welfare ha fatto passi da gigante. Oggi le tutele in vari ambiti della vita sono dati acquisiti. Si espatria però sempre per lo stesso motivo endemico, carenza di lavoro e di prospettive di vita inadeguate alle proprie competenze. Se in passato gli emigranti erano braccia per il lavoro manuale, oggi abbiamo molti laureati che trovano una collocazione adeguata per i loro standard. Rimane pur vera una realtà, cioè che anche la Svizzera non è il paese dei sogni, anche qui vi possono essere difficoltà lavorative e situazioni di indigenza, a cui come Missione, secondo le nostre possibilità, cerchiamo di rispondere.
Lei viene nominato nel 2021 dalla Diocesi di Roma per la missione Svizzera con gli emigrati; un compito arduo che Lei ha sempre amato… come è nata questa scelta?
Quando ero bambino molte volte ho visto dei documentari sulla disperata situazione di povertà dell’Africa ed è nato in me un desiderio di aiutare queste persone e partire come missionario. Da bambini si è molto sensibili, il mondo entra senza tanti filtri che acquisiamo poi da grandi; infatti volevo anche fare l’astronauta, perché avevo visto lo sbarco sulla luna ed ero rimasto affascinato dalle tute spaziali e dai primi passi sulla luna. Crescendo, si è fatta strada in me la vocazione a seguire Gesù Cristo e si è riaccesa la fiamma della Missione. Scelsi come specializzazione teologica Missiologia alla Pontificia Università Gregoriana e nei primi anni di sacerdozio andai diverse volte in Amazzonia in una comunità diretta da miei amici denominata “Piccoli fratelli ecumenici”. Ero entusiasta di quella esperienza e decisi di partire per andare missionario in quella terra, ma i progetti di Dio prendono spesso strade inaspettate, fui mandato a costruire una comunità ed una parrocchia in estrema periferia, vicino Tor Bella Monaca, dedicata a Santa Edith Stein, per chi non la conoscesse fu una splendida mente filosofica e dopo la sua conversione al cattolicesimo, come suora carmelitana donò la sua vita per il suo popolo, affinché riconoscesse Gesù di Nazareth come Messia, nel campo di concentramento di Auschwitz, dove poi morì come martire. Finalmente arrivò la possibilità di poter vivere una nuova esperienza, arricchente sia umanamente che pastoralmente., ovvero quello di missionario per gli emigrati Italiani in Svizzera. Ho avuto la possibilità di conoscere un mondo totalmente diverso dalle precedenti esperienze e che mi aiuta a vedere la vita da una nuova prospettiva.
Il “Centro Papa Giovanni”, accoglie e svolge l’azione pastorale per giovani, adulti, famiglie: catechesi per il battesimo, la cresima, matrimoni… l’oratorio per i più piccoli. Lei porta serenità e gioia nei suoi progetti. Come risponde la comunità italiana?
La carenza di sacerdoti ha fatto si che nel Canton Lucerna le Missioni Italiane nel corso degli anni sono passate da quattro ad una, con il Centro Papa Giovanni ad Emmenbrücke sede della nostra attuale Missione che comprende tutto il Canton Lucerna. Posso affermare senza ombra di dubbio, che il lavoro instancabile dei missionari che mi hanno preceduto ha formato una comunità viva, accogliente e dinamica. La più grande difficoltà è la distanza e la frammentazione di un territorio così vasto, che si estende per 1494 Kmq. Abituato alla parrocchia, seppur grande, di Roma, questa è stata la prima grande difficoltà, nonostante tutto però, attraverso i team parrocchiali locali, si riesce a dare un’unità all’azione pastorale e a sentirsi parte anche se delle volte a fatica dell’unica grande comunità.
Lei è attento a tutti: per i grandi cura la formazione biblica con il gruppo “Parola Viva”, per la formazione e catechesi, con uno sguardo verso temi importanti: il Vangelo, i testi biblici, la formazione. Per la Comunità Italiana organizza diverse occasioni per ritrovare grandi e piccini e far vivere loro giornate importanti e nello stesso tempo offrire la possibilità di essere di aiuto ai Paesi più poveri con offerte per progetti internazionali. Si va dalla festa dei Nonni, il Natale dei bambini, il Carnevale, la Festa della Missione… e due volte l’anno, di domenica, c’è la giornata del “piatto povero”. Un impegno davvero importante…Come riesce ad organizzare tutto questo?
Francamente posso dire che senza l’aiuto di tutto il team del Centro Papa Giovanni, che comprende: due segretari, una catechista e una suora, responsabili delle attività giovanili e dei bambini, con l’ausilio del responsabile del Centro Papa Giovanni, potrei fare veramente poco. Insieme invece si riesce a fare tanto, anzi tutto quello che è possibile. Credo che una qualità che possiedo sia quella di dare spazio ai carismi di tutti e di non essere un accentratore e di cercare sempre l’unità e l’armonia. Sono convinto che un’orchestra rapisca quando sono tanti gli strumenti che arricchiscono la musica e suonano in armonia. Io credo che il sacerdote, come il direttore d’orchestra, sia chiamato a fare di tanti suoni un’unica grande sinfonia.
Intervista a cura di Paola Di Giulio