Italia Viva non voterà a favore della riforma di Bonafede sulla Prescrizione dividendo la Maggioranza di Governo
Facciamo chiarezza: cosa è la prescrizione
Per legge, ogni reato può essere perseguito penalmente entro un termine di tempo, quando per vari motivi tra il reato e il processo trascorre troppo tempo a causa del quale l’imputato del reato non può essere più processato, il processo si conclude con il proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione. Detto in maniera semplice la prescrizione agisce come una sorta di “data di scadenza” del reato: se entro un determinato lasso di tempo il reato al processato non si conclude, questo “scade” e va in prescrizione. Tra i motivi per i quali i reati cadono in prescrizione c’è l’impossibilità di ricostruire il reato, trovare la verità, magari perché passato troppo tempo, le prove non sono adeguate e i testimoni irreperibili, su tutto è la lunghezza del processo che grava in maniera particolare.
Quanto tempo
Non tutti i reati godono dello stesso tempo di scadenza, ma vengono prescritti in base alla gravità stessa del reato: meno grave è il reato commesso e prima potrebbe essere prescritto. Quindi i reati più gravi, quelli puniti con l’ergastolo, come l’omicidio volontario o la strage, non cadono mai in prescrizione. In generale i tempi dei termini si calcolano a partire dal momento in cui il reato è stato commesso e vanno da un minimo di pochi mesi ad un massimo di diversi anni.
I tempi italiani
In Italia la prescrizione non si arresta nel momento in cui si arriva ad un giudizio, né al rinvio a giudizio, né dopo la sentenza di primo grado, ma continua a correre anche in secondo grado e dopo fino alla pronuncia della sentenza definitiva in Cassazione. Dunque, se un processo di qualsiasi natura si prolunga eccessivamente nel tempo, come spesso avviene in Italia, è più facile che possa cadere in prescrizione.
Prescrizione: cosa si discute
Le polemiche attorno al problema della prescrizione in Italia riguardano proprio il fatto che al momento la prescrizione decorre fino all’ultimo giorno del terzo grado di giudizio, in questo modo e a causa dei tempi troppo lunghi della giustizia è facile che il reato cada in prescrizione e quindi rimanga alla fine impunito, vanificando inoltre tutte le risorse umane e materiali fin lì impegnate. Per questo motivo il M5s con l’emendamento al decreto anticorruzione vuole interrompere definitivamente la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Se al primo grado si giunge ad una sentenza, sia essa di assoluzione o di condanna, la prescrizione non può più essere effettuata. La proposta è sostenuta dal ministro della Giustizia Bonafede ed è stata approvata all’inizio del 2019 con il governo giallo-verde, ma non trova il favore della maggioranza del governo giallo-rosso.
Chi non è d’accordo con lo stop della prescrizione dopo il primo grado afferma che potrebbe gravare di circa 30mila procedimenti in più ogni anno, con esiti più pesanti sulle Corti dove la percentuale di prescrizioni è maggiore. Inoltre vi è la possibilità di allungare i tempi dei processi poiché viene a mancare una misura che serviva per accelerare la giustizia, “senza misure per accelerare la giustizia – dice Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Anm e segretario di Area – si rischia di arrivare a processi di appello molto lunghi. La riforma Bonafede non basta. Occorre aumentare le risorse, depenalizzare i reati che possono essere perseguiti altrimenti e rafforzare i riti alternativi”. In modo particolare è Italia Viva di Renzi ad opporsi aspramente alla riforma Accedi o registrati per continuare a leggere l'articolo
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