Quello del virus HIV è un argomento che in Italia non viene ancora affrontato con l’attenzione che merita. Nonostante nel nostro paese la situazione sia più o meno stabile da sei anni (si parla di circa 4000 nuove infezioni ogni anno, che non sono poche), vi è una percentuale significativa di persone che non sanno di essere sieropositive, con il conseguente rischio di infettare altre persone.
In passato il punto di svolta nella guerra contro questo virus è stato rappresentato dai farmaci antiretrovirali che hanno enormemente aumentato la possibilità di sopravvivenza, tuttavia questa rimane tutt’oggi una malattia da cui non è possibile guarire e l’AIDS rimane letale, anche se i farmaci riescono a rallentarne la progressione. Ancora oggi se la malattia avanza e sviluppa resistenza agli antiretrovirali l’esito è la morte e il vaccino è ancora un’ipotesi lontana, nonostante ce ne siano alcuni in fase sperimentale.
In Italia il virus si trasmette quasi esclusivamente attraverso rapporti sessuali non protetti. Troppo spesso si pensa che l’HIV colpisca solo determinati gruppi di persone come i tossicodipendenti, i carcerati, gli omosessuali. Queste false convinzioni e pregiudizi spiegano perché i numeri delle nuove infezioni non siano diminuiti e siano invece aumentati in alcuni casi. Le regioni più colpite sono Lazio, Toscana, Marche e Lombardia.
I più colpiti sono soprattutto i giovani, più gli eterosessuali che gli omosessuali. Questo grande numero di infezioni è dovuto in particolar modo alla scarsa informazione sul tema. È un argomento su cui non solo i giovani, ma la maggior parte della popolazione italiana continua ad essere disinformata e lo Stato non organizza abbastanza campagne di prevenzione sul tema, nonostante sia suo dovere farlo. Un fatto complice di questa preoccupante disinformazione è soprattutto l’assenza, nelle scuole italiane, di un programma di educazione sessuale ben strutturato e una sessuofobia (ovvero un’avversione per tutto ciò che è connesso col sesso e l’attività sessuale) estremamente diffusa tra la popolazione. Molto spesso infatti capita di sentire notizie riguardanti il tentativo d’introduzione, in una qualche scuola, di un’ora alla settimana di educazione sessuale, tentativo che nella maggior parte dei casi viene stroncato sul nascere dagli stessi genitori dei ragazzi e dagli atteggiamenti proibizionisti. Evidentemente questi genitori non si rendono conto che così facendo non stanno “proteggendo i loro bambini/ragazzi”, ma al contrario mettono a repentaglio la loro salute in quanto un programma di informazione e prevenzione permetterebbe ai giovani di approcciarsi al sesso in modo più consapevole e sicuro, imparando a tenere conto dei possibili rischi. Un programma di questo tipo consentirebbe inoltre di smontare gli innumerevoli pregiudizi ancora presenti e radicati in molte menti, secondo cui coloro che si ammalano di AIDS sono solo gli omosessuali, le persone trans, tossicodipendenti e prostitute oppure che il preservativo serva esclusivamente per evitare di rimanere incinta. Questi falsi miti sono spesso la causa della ancora diffusa stigmatizzazione dei sieropositivi e delle minoranze, che invece di essere aiutate vengono lasciate sole.
Questa diffusa sessuofobia viene alimentata anche dall’atteggiamento avverso della Chiesa sul tema (si sa che il Vaticano esercita tutt’ora una grande influenza sul popolo) e persino dall’avversità di alcuni politici. Si pretende di fare informazione e allo stesso tempo non si promuovono abbastanza campagne di sensibilizzazione e inoltre si vieta ai minori la visione di film molto educativi sul tema come è avvenuto nel caso di “120 battiti al minuto”. Alcuni ragazzi tendono ad informarsi un po’ su internet, ma spesso e volentieri non hanno gli strumenti culturali necessari per scegliere le informazioni corrette visto che il web ospita anche molte bufale, le quali non fanno che aumentare la disinformazione.
Un altro problema è dato dal fatto che molte persone scoprono di essere sieropositive dopo anche molto tempo dalla contrazione della malattia, per questo deve essere fatto uno sforzo per fare emergere i casi di infezione inconsapevole, sia per prevenire l’evoluzione in AIDS, sia per evitare che possano contagiare altri. Il fatto che l’infezione da HIV sia stata trasformata da una malattia incurabile ad una malattia ambulatoriale che, se adeguatamente curata, permette una vita normale non deve farci abbassare la guardia sulla sua pericolosità. L’attenzione delle istituzioni, dell’opinione pubblica e dei media non deve scemare come invece sta accadendo. Nonostante questa infezione abbia ancora un impatto rilevante sullo stato di salute della popolazione e comporti un rilevante impegno di risorse per il sistema sanitario, esiste ancora un problema di scarsa consapevolezza e di insufficienti programmi di prevenzione. Tra i passi avanti che l’Italia deve ancora compiere c’è quello di aumentare e promuovere -senza inutili e dannose censure- la corretta informazione su questi temi così importanti per la salute, agevolare l’accesso ai test e alle cure per l’HIV, promuovere l’uso del condom e smontare pregiudizi e sessuofobia. Solo così si potrà creare una sana consapevolezza sul tema e ridurre i casi di infezione da parte di questo virus ancora così dannoso.
Majid Capovani