In un recente studio inglese, pubblicato sul “Daily Mail”, viene mostrata la stretta relazione esistente tra il pianto e il benessere. Sembra strano ma è così.
Viene confermato che a piangere sono più le donne che gli uomini.
Si dirà: non è una novità, ed è vero, ma ormai è accertato che le donne piangono per sedici mesi della loro vita, gli uomini, se va bene, armeggiano con fazzoletti e dita della mano per tre mesi: per loro gli occhi sono una sorgente secca!
Il fatto è che il pianto è una forma del linguaggio delle emozioni e gli occhi sono una spia del proprio stato d’animo, della propria condizione psichica, del proprio modo di essere.
Se una donna vive una condizione di insicurezza, lo scoppio del pianto è sempre in agguato; se si trova in uno stato di disperazione ai tuoni delle parole seguono gli scrosci del temporale; se viene abbandonata, risponde fuggendo in preda ad un’ondata di lacrime. Queste reazioni, dice lo studio inglese, sono la regola. Evidentemente ci sono anche le eccezioni che, nella società di oggi, aumentano.
Spesso le donne, oltre che col pianto, reagiscono con il lancio di piatti e con le forme di violenza tipiche degli uomini, come hanno mostrato i vari casi accaduti nei reality televisivi.
Ma ritorniamo all’argomento.
Gli uomini, invece, piangono di meno perché le lacrime sono un segno di debolezza e millenni fa mostrare debolezza significava essere spacciati perché gli altri uomini ne approfittavano per annientare il più debole.
Gli unici casi in cui il pianto accomuna più o meno in ugual misura sia le donne che gli uomini sono quelli della morte di un familiare, anche perché sono quelli in cui si mostrano i veri sentimenti e si dà sfogo al proprio dolore.
Questa è una circostanza, per così dire, di codificazione del dolore e del pianto. Per il resto, permangono le differenze tra gli uomini e le donne nell’esprimere i propri stati d’animo.
Ma la ricerca inglese non si esaurisce qui e rileva, come abbiamo detto all’inizio, un nesso tra pianto e benessere: ed è questa la vera novità. Se è vero che piangere è una reazione ai propri stati d’animo di disperazione, di fragilità, di rabbia, è anche vero che questo tipo di risposta porta sollievo e libera dalla forza delle emozioni che potrebbero invece sfociare in atti di violenza.
Insomma, i fiumi di lacrime placano i propri dolori interiori ed in questo senso il pianto è liberatorio, è positivo, è preludio alla serenità riconquistata.
È, in definitiva, una terapia naturale a buon mercato, un regolatore di emotività, una valvola di sfogo che, dopo essere stata tenuta girata in un verso, poi ritorna nella sua posizione di normalità.
Vediamo, invece, quali sono i meccanismi di reazione tipicamente maschili.
Assodato che le fragilità, le forme di disperazione e di rabbia colpiscono anche gli uomini, questi reagiscono o con maggior controllo o anche – ed è una buona percentuale dei casi – con altre forme di reazioni, in genere di violenza. Nel primo caso si tratta di un falso controllo, perché significa che si reprimono le emozioni.
La repressione delle emozioni, però, produce stress, che a sua volta offre campo libero all’insorgere di malattie nervose.
Nel secondo caso, l’assenza delle lacrime vuol dire reagire con violenza, tipo la rottura di un vetro, il calcio ad un mobile o alla macchina, l’esplosione di una scarica di violenza su una persona che sta vicino o anche lontano: tipico esempio quando, dopo aver represso per molto tempo il proprio stato d’animo di gelosia, si parte e si va dalla persona oggetto della gelosia e le si usa violenza.
Ed ecco le sintetiche conclusioni della ricerca inglese, commentate dalla psicologa Mila Palma (St Thomas’ Hospital di Londra): “Il pianto è terapeutico”.
Ora, visto che le donne piangono di più, vuol dire che le donne stanno meglio: con la maggiore facilità al pianto risolvono, con le lacrime, problemi che altrimenti si ripercuoterebbero pesantemente sullo stato di salute.
Le statistiche di tutti i Paesi dicono che la vita media di una donna è più lunga di circa 5 anni di quella degli uomini.
D’altra parte, basta guardare ciò che succede intorno a noi, in modo particolare nei paesini – dove l’osservazione è più diretta ed immediata – per vedere che le vedove sono molto più numerose dei vedovi.
Ed allora?
Non sarà che piangere, come la famosa telefonata della pubblicità, allunga la vita?
I medici dicono di no, affermano che “le persone con livelli di testosterone alti tendono a piangere di meno”, ma sono tanti i medici che fanno più sbagli di quanto non dovrebbero.
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