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22 November 2024
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Svizzera

La resistenza taciuta

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Il ruolo della donna tra lotta antifascista e emancipazione politica

Quest’anno i Comites di Basilea e il Consolato d’Italia a Basilea hanno scelto di dedicare le celebrazioni del 74° Anniversario della Liberazione Italiana al ruolo svolto dalle donne partigiane e al legame tra lotta antifascista e emancipazione politica femminile. La ragione è molto chiara e insieme significativa.

In 70 anni di studi storiografici sulla Resistenza, risulta ancora assente uno studio organico e sistematico in grado di conferire il meritato spazio al ruolo svolto dalle donne nel processo di Liberazione Italiana dal nazifascismo.

Un’omissione importante che coinvolge tutti e tutte noi uomini e donne libere, e che interessa soprattutto il valore  stesso della Lotta Partigiana su cui si fondano le nostre attuali libertà, i nostri attuali diritti democratici e la stessa Costituzione Italiana, così come oggi la conosciamo e la ereditiamo.

Questo buco storiografico silenzia la voce e dimentica i molteplici corpi femminili che hanno lottato per la conquista della Libertà e che attraverso quella stessa lotta hanno intrapreso il lungo cammino di emancipazione politica.

Questo afflato politico spinse le donne ad agire in prima persona nella lotta partigiana, non solo con il preziosissimo ruolo di staffette, infermiere, fattorine di stampa clandestina, ma anche come combattenti in armi nei Gruppi di Difesa della Donna, in montagna e in città, dove hanno ricoperto ruoli da sottoufficiali e ufficiali.

Un po’ di numeri si rendono necessari per iniziare a rompere il silenzio: 70.000 donne iscritte nei Gruppi di difesa della donna 35.000 donne che operarono come combattenti

Il 2 Giugno del 1946, nel Referendum dal quale nacque la Repubblica Italiana, le donne per la prima volta ebbero accesso al voto politico, diritto conquistato grazie al loro protagonismo nella Lotta antifascista; non si può eludere quanto il pensiero femminile di liberazione sia stato dirimente per quella scelta.

E le donne che lottarono per la Liberazione continuarono a liberarsi nel dopoguerra per la conquista e la difesa dei propri diritti. Nel 1963 si conquista e viene approvata la legge che vieta il licenziamento «per matrimonio». Nel ’71 la legge per gli asili nido e le scuole materne, nel ’74 la legge che consente alle donne l’accesso a tutte le carriere, nel 1975, viene approvato il nuovo diritto di famiglia, che sancisce la parità tra i coniugi e la pari podestà sui figli. E ancora le pensioni alle casalinghe e la lotta transatlantica per il salario al lavoro domestico; la legge sul divorzio; la tutela della maternità; il diritto di interruzione volontaria di gravidanza, la legge 194, che in questo momento è attaccata dinanzi all’impossibilità di renderla fattiva in molte regioni italiane a fronte dell’altissima percentuale di ginecologi obiettori, e al tentativo di peggiorarla o addirittura eliminarla.

Questo breve e non esaustivo cenno del percorso in fieri di emancipazione della donna, ha l’obiettivo di orientare l’attenzione su quel filo rosso che lega il percorso di liberazione femminile nel nostro Paese alla partecipazione attiva delle donne alla Lotta Partigiana.

Ignorare il ruolo delle donne nella Resistenza si riflette sull’intera vicenda storica, politica e umana della Lotta al Fascismo. Marginalizzare il ruolo avuto dalle donne significa, infatti, amputare in qualche modo l’intero processo di Liberazione di una specificità fondamentale: del connotato corale, sociale, ancor prima che tradizionalmente.

Marianna Sica

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