Il 65 per cento di sì dei cittadini emigrati in Svizzera e nel mondo
Inaspettato. Il segno di un attaccamento ai valori democratici della nazione.
Parlo del referendum sulla riforma costituzionale,
approvata in sei successive votazioni dai due rami del parlamento repubblicano.
Trentadue milioni di elettrici ed elettori in Italia, sono una limpida dimostrazione di partecipazione democratica.
IL risultato, tuttavia, è stato inequivocabile. Il 65% dei votanti ha bocciato la riforma ritenendola non all’altezza di rispondere alle speranze di rinnovamento, politico e morale, della nazione.
Venti milioni di elettori, all’unisono, hanno voluto dire alla classe politica e di governo che i problemi sono ben altri: la disoccupazione oltre il 10%, con punte altissime per quanto riguarda le nuove generazioni, la piaga dell’immigrazione, la corruzione morale in tanti gangli delle istituzioni e della società, la sordità dell’Europa, immiserita nelle sue divisioni, incapace di governare i complessi problemi del mondo globale. IL presidente del consiglio, Matteo Renzi, pur consapevole dello stato della nazione, riteneva che il primo passo per uscire dalla crisi fosse il rinnovamento delle istituzioni repubblicane:
La riduzione del numero dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto, con la radicale trasformazione del senato in una camera delle autonomie, per velocizzare i processi legislativi; lo smantellamento di enti inutili e costosi, il riordino del ruolo delle autonomie: regioni e provincie e comuni.
E tuttavia, il messaggio non ha convinto la stragrande maggioranza dei cittadini, anche per il clima di contrapposizione in cui si è svolta la campagna referendaria, contrassegnata da scontri durissimi tra i rispettivi schieramenti e dalle divisioni interne al partito democratico, il protagonista primo della proposta referendaria. Di conseguenza, Il presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha preso atto del fallimento della proposta riformatrice ed ha preannunciato le sue dimissioni nelle mani del presidente della repubblica.
Ogni qualvolta, in definitiva, in cui si è cercata la via della riforma costituzionale per un progetto di rinnovamento delle istituzioni, il popolo ha risposto no, ritenendo che la carta, così com’è, fosse un bene prezioso da preservare, per l’oggi e l’avvenire. Prendiamone atto, iniziando a ricostruire un clima di unità, innanzitutto, all’interno del Partito democratico. Alla luce del risultato referendario, la politica è attesa a compiere atti di saggezza, in primis, una nuova legge elettorale per camera e senato per le prossime elezioni politiche alla scadenza normale della legislatura, nel febbraio del 18, o anticipate.
Il milione e centomila votanti all’estero, valorizzano il grande attaccamento dei cittadini italiani ai destini del paese. La maggioranza di loro, il 65%, ha espresso un chiaro sì.
Un sì, soprattutto in Europa, frutto della consapevolezza di un avvenire comune all’interno dell’Unione, rinnovata nelle istituzioni e all’altezza del ruolo che è chiamata a svolgere nel mondo.
Non tutto è andato per il verso giusto. Molti nostri eletti nel mondo hanno evidenziato la loro incapacità e reggere la sfida.
E la politica italiana è stata, spesso, sorda all’appello per una nuova attenzione nei confronti dell’emigrazione
Abbiamo udito dichiarazioni indegne sul voto degli italiani all’estero.
In testa alla sfida dell’abbruttimento due alti responsabili da cui – Dio ci salvi! – potranno dipendere in futuro i destini politici del paese.
L’onorevole Salvini, le cui permanenze a Bruxelles, come eletto della lega nord, rasentano il tempo del passaggio di un Freccia Rossa tra Milano e Roma, tanto sono brevi le sue visite nella capitale europea, si è lanciato in affermazioni – i voti dall’estero sono inventati o comperati – di autentica matrice xenofoba e razzista verso la comunità italiana.
Figuriamoci cosa dirà, alla luce del risultato referendario, nei giorni a venire.
Il sole è sorto ancora. E pur tuttavia, i suoi raggi presentano una nazione divisa che guarda all’avvenire con preoccupazione e sfiducia in chi la governa. Toccherà a noi, in Italia e all’estero, guidare l’attraversata del deserto e riprendere il virtuoso cammino delle riforme necessarie per il bene della nazione.
Buona fortuna, Italia.