Dell’Utri, Scajola, Milanese e Papa fuori dalle liste, anche Nicola Cosentino è stato invitato a compiere un atto di generosità
Il centrodestra è in rimonta, come stanno certificando i vari sondaggi, ma essa è tutta in salita, al di là della propaganda. E’ vero, Santoro, facendo una trasmissione tutta all’attacco di Berlusconi, ha permesso a quest’ultimo di sfoderare conoscente e capacità e perfino di attaccare Travaglio su un terreno per lui inusuale, quello del diffamatore di professione, uscendo bene dalla trasmissione e facendo così segnare il punto di svolta e di rimonta. La quale è stata quantificata attorno al 2%.
Alla Camera è inutile progredire di uno o due o tre punti: o si ha un voto in più dell’avversario per poter guadagnare il premio di maggioranza o non serve a nulla. Ora, arrivare ad essere la coalizione più votata è un traguardo difficilissimo, se non impossibile. Ad ogni modo, le ultime intenzioni di voto (si badi: intenzioni) parlano di un Pd al 28,8%, di Sel al 3,8 e di una coalizione (compresi Psi e altre liste) al 33%, mentre parlano di un Pdl al 17,7%, di una Lega al 5,4 e di una coalizione (Fratelli d’Italia e altri) al 27,2%. Le liste che si richiamano a Monti sarebbero votate dal 13,7 degli italiani. Il distacco tra centrosinistra e centrodestra ora sarebbe quasi del 6%.
I timori di Bersani, dunque, (la lista per Monti) erano e sono fondati ma per lui esiste un solo problema: che il vantaggio sul centrodestra sia di 6 o di un punto ha importanza, conta di essere primo anche con un solo voto, il che gli permetterà di avere alla Camera la maggioranza assoluta. Se anche al Senato non dovesse ottenere una vittoria netta, ma un pareggio tra lui e Berlusconi, quest’ultimo avrebbe comunque ben poco da gioire. Infatti, la rimonta è difficile soprattutto perché al Senato il centrosinistra potrà contare sui voti di Monti.
L’accordo “segreto” tra Bersani e Monti, infatti, toglie speranze proprio a Berlusconi, il quale, dato il quadro poc’anzi descritto, avrà ben poco da sperare in una sua vittoria o anche in un pareggio al Senato.
Per Monti c’era un piano A – la vittoria per sfondamento elettorale e conquista della presidenza del Consiglio – e un piano B, quello di riserva e quello che probabilmente sarà realizzato, cioè essere utile alla vittoria del centrosinistra ai danni di Berlusconi.
Semmai, ci sono due punti interrogativi. Il primo è l’eterogeneità della futura maggioranza di governo formata da partiti e personaggi diversi per cultura politica e per programmi: mettere insieme Fini con Vendola, Casini con Fassina, Bersani con Monti e con Nencini non sarà cosa facile. Dopo i primi sei mesi, anche per questioni di politica internazionale, come sta già avvenendo adesso a proposito del sostegno alla Francia in Mali, i conflitti potrebbero esplodere in maniera dirompente, specie se, come dice la Banca d’Italia, la recessione farà sentire i suoi effetti per buona parte del 2013 e se, come già si vocifera negli Usa e in Germania, emergerà all’ordine del giorno la sopravvivenza dell’euro. Il secondo interrogativo è ciò che Luca Ricolfi su La Stampa ha chiamato la “correzione dei sondaggi”, un aggiustamento dettato dall’esperienza e da una consuetudine. Ai tempi della Dc, se i sondaggi la davano al 35%, bisognava aggiungere un 2% in considerazione del fatto che la gente non diceva che avrebbe votato per la Dc, ma lo faceva. La stessa cosa potrebbe succedere oggi. Confessare che si vota per il Pdl potrebbe non essere un buon biglietto da visita, per cui potrebbe esserci chi lo vota e non lo dice. Luca Ricolfi aggiungerebbe un 2% e lo sottrarrebbe al Pd e a Monti, per i quali un 2% dice di volerli votare ma non li vota. In base a questo ragionamento, il 33% diventerebbe il 31 e il 27 diventerebbe il 29, un distacco non impossibile da colmare.
Luca Ricolfi aggiunge altri particolari opinabili come il cosiddetto “incumbent”: l’ultimo che ha governato non ha mai vinto le elezioni nella seconda Repubblica. Ora, siccome l’ultimo ad aver governato non è Berlusconi, ma Monti, se ne ricaverebbe che Berlusconi potrebbe essere stato “dimenticato” come capo del governo costretto alle dimissioni per sfaldamento della sua maggioranza a metà novembre 2011 e potrebbe venir visto come alternativa a un Monti che ha tassato gl’italiani in maniera eccessiva. Insomma, secondo Ricolfi, Berlusconi che ha attaccato Monti potrebbe essere visto come alternativa sia a Monti che a Bersani, visto che i due sono più vicini. Teoria opinabile, però l’altro punto sottolineato da Ricolfi, quello della comunicazione, potrebbe essere interamente a favore di Berlusconi, che sa comunicare. Esempi: il leader del Pdl ha detto che abolirà un punto percentuale di tasse all’anno, per un totale di 5 punti nell’intera legislatura. E’ un messaggio chiaro e credibile, come lo è la proposta di detassare le imprese che assumono i giovani a tempo indeterminato e come lo è l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa. In sintesi: il messaggio programmatico immediatamente comprensibile, il voto dato ma non dichiarato, la proposta di Alfano premier con lui garante della coalizione e in più l’eliminazione di alcuni “impresentabili” dalle liste potrebbe produrre quello che sarebbe un vero e proprio miracolo, a cui francamente noi non crediamo, tanto più che questo miracolo ne dovrebbe comportare un altro: meno voti al Pd e fallimento elettorale per Monti, due risultati difficili da credere e ancora più difficili da raggiungere.