La SAIG incontra Isabel Rochat, Consigliera di Stato carica al Dipartimento della Solidarietà e dell’impiego del Cantone di Ginevra
Dopo aver ottenuto una laurea in Scienze politiche presso l’Istituto universitario di Alti Studi Internazionali (HEI) di Ginevra nel 1981, lavora come economista presso alcune imprese multinazionali ricoprendo, in particolare, la funzione di Vicedirettrice di una società americana di trading.
Eletta dal 1995 al 2003 consigliera municipale e poi, fino al 2009, consigliera amministrativa del comune di Thônex prima d’essere eletta al Consiglio di Stato del cantone di Ginevra il 15 novembre 2009. In questa posizione le è affidato il Dipartimento della sicurezza, della polizia e dell’ambiente (DSPE), che lei abbandona per il Dipartimento della Solidarietà e dell’impiego a seguito delle elezioni del giugno 2012.
Isabel Rochat é membro della Commissione federale contro il razzismo fino al 2015.
A causa della crisi internazionale attuale, Ginevra e la Svizzera in generale si debbono confrontare con un numero elevato di persone in cerca d’impiego e di una vita migliore. Quali sono le prospettive future in questo contesto?
A fronte della crisi che attraversa l’Europe, a volte la Svizzera viene vista da alcune comunità europee come l’Eldorado.
Dobbiamo ricordare il ruolo svolto dall’immigrazione in Svizzera e quello che continua a svolgere nella dinamica della nostra economia. Dagli anni del dopo guerra, quando, per soddisfare le esigenza di un’economia in piena espansione, il nostro paese ha fatto un ricorso massiccio agli immigrati, in particolare italiani. All’epoca, malgrado i timori che questa immigrazione ha ingenerato in seno alla popolazione svizzera – preoccupata principalmente per un possibile indebolimento dell’identità svizzera – essa ha rappresentato un formidabile apporto economico e sociale per il nostro paese, con delle tracce importanti lasciate nella nostra cultura, nella nostra vita quotidiana. Ricordiamo per esempio il ruolo di “ambasciatori gastronomici” svolto dagli Italiano o il loro posto nella cinematografia svizzera. Ricordiamoci di tutte le belle storie di muratori divenuti imprenditori o dei lavoratori immigrati i cui figli occupano oggi posti direttivi nel nostro cantone. Un senso del lavoro ma anche uno spirito di comunità che ha permesso di fare di questa immigrazione del dopoguerra una magnifica riuscita per le nostre culture differenti.
Oggi abbiamo ancora bisogno gli uni degli altri poiché ci dobbiamo ricordare che l’immigrazione permette, in effetti, di rispondere al semplice fatto che il numero di Svizzeri in età lavorativa non permette di coprire le offerte d’impiego. In altri termini, essa non fa che rispondere alle esigenze delle nostre imprese.
Quindi, a fronte di questa realtà, i miei obiettivi sono di agire a due livelli. Innanzitutto difendere una visione di società basata su certi valori: quella di un cantone aperto, pronto ad accogliere coloro che hanno un ruolo da giocare tanto nella nostra società che nella nostra economia e che sono pronti a lavorare e a fare lo sforzo di integrarsi nel nostro paese. Dobbiamo portare questa visione a tutti i livelli della vita politica.
Successivamente, si tratta di operare in un complesso di livelli più concreti. Il primo è di darci i mezzi per questa integrazione. Vale a dire mettere in atto un insieme di condizioni che permettano a quelle e quelli che vengono nel nostro paese di vivere e di lavorare in maniera soddisfacente, d’impregnarsi pienamente dei nostri usi e d’essere protetti contro eventuali discriminazioni. Il secondo è di rafforzare i diversi meccanismi di lotta contro la disoccupazione, anche per combattere questa crescente percezione che l’immigrazione sia responsabile della perdita d’impiego o della pressione generalizzata sui salari. Il terzo è di lottare contro gli abusi rafforzando, per esempio, i dispositivi di misure complementari per combattere la concorrenza sleale e le eventuali retribuzioni sotto salariali.
A Ginevra ci sono sempre più persone disoccupate o addirittura senza fissa dimora. Come possiamo bloccare questo fenomeno?
La mia priorità è chiaramente la lotta alla disoccupazione, e in particolare quella di lunga data. Sono risoluta a fornire tutti i mezzi a coloro che vogliono e possono lavorare per reinserirsi il più rapidamente possibile nella vita professionale. Allo scopo, nel 2007 è stata votata una legge che mira a prevenire l’esclusione sociale e aiutare le persone che ne soffrono a reinserirsi nel mercato del lavoro e nella vita sociale in generale.
In questo contesto, il cantone mette a disposizione una specifica voce di bilancio per la disoccupazione. Il mio dipartimento ha avviato e sviluppato dei passi concreti, come per esempio la formazione mirata per le persone le cui qualifiche non corrispondono più al mercato del lavoro, i benefici finanziari che offriamo alle imprese per incoraggiarle ad assumere dei disoccupati al termine delle previdenze o, ancora, i lavori sociali che si inseriscono in un mercato complementare in seno a delle organizzazioni senza fini di lucro. Tutta la filosofia di questa legge e dei passi che essa genera consiste nella presa a carico del disoccupato il prima possibile e di trovare delle soluzioni per un rapido reinserimento.
Ma è importante sottolineare che certe persone non possono reinserirsi professionalmente, per una serie di valide ragioni. In questi tempi di crisi, voglio essere particolarmente attenta a che i più deboli e i più indifesi possano continuare a vivere degnamente.
Il cantone di Ginevra conta numerose associazioni di volontariato, come la SAIG o altre strutture similari molto più professionali. Non sarebbe opportuno riunirle per trovare delle soluzioni in sinergia con le istituzioni cantonali?
Tutte queste associazioni fanno un lavoro apprezzabile e vorrei approfittare per riconoscere il loro impegno, in particolare quello della SAIG. Esse fanno vivere questo valore di solidarietà, così caro al nostro paese e alle organizzazioni di volontariato, questo spirito di milizia così caratteristico della Svizzera.
Se è importante sviluppare sinergie tra queste diverse organizzazioni così come rafforzare i partenariati con lo Stato, sono convinta che sia un errore riunirle. Ciò che fa la loro ricchezza, ma anche la loro efficacia, è per l’appunto questa capacità d’offrire prestazioni “su misura” alle persone di cui hanno la responsabilità. Ricordiamoci che ogni persona in difficoltà ha delle esigenze specifiche e che è preservando un tessuto d’attori ricco e folto che saremo in grado di non far passare nessuno tra le maglie della nostra rete sociale. Ciò non deve comunque impedirci di cercare sempre di ottimizzare la cooperazione tra le diverse associazioni, allo scopo di evitare doppioni.
La SAIG ringrazia la signora Rochat per la calorosa accoglienza.