C’era una volta la macchina della verità, superata dall’invenzione di tre scienziate italiane
Mentire è una reazione tipicamente umana. E’ vero che non possiamo verificarlo, ma gli esperti dicono che gli animali non mentono, anche perché dire bugie è un’operazione mentale troppo complicata per un animale. Dunque, gli uomini hanno anche quest’altro primato. Si mente per interesse, per malizia, per ipocrisia, semplicemente perché non si vuol far sapere qualcosa di sé, o anche per gioco. Le bugie hanno carattere penale quando si nega di aver commesso un reato. Più spesso le bugie hanno a che vedere con la moralità. Insomma, l’uomo dice bugie e spesso il suo interlocutore non sa se sta dicendo la verità o meno.
Le bugie, si dice, hanno le gambe corte e il naso lungo. Le gambe corte nel senso che prima o poi vengono a galla; il naso lungo perché il naso è una raffigurazione plastica della difficoltà a nascondere le bugie. Ecco, come si fa a dire che si tratta di una bugia e che un soggetto le spara grosse? In genere ci si affida all’intuito di chi sta di fronte al bugiardo, ma non sempre l’intuito riesce a carpire i segnali giusti che si stampano sul volto di chi è bugiardo. Ci si può sbagliare, sia perché lo sbaglio è facile, sia perché chi dice bugie sa mentire bene.
Gli americani hanno inventato la macchina della verità per scoprire scientificamente se qualcuno mente; adesso la si usa anche nei tribunali, ma è attendibile? Difficile credere alla macchina della verità, che si basa solo sulla frequenza del battito cardiaco o sulla sudorazione. La macchina della verità ha un tasso di validità alto ma non è affidabile al 100%. Ci sono individui tanto sicuri di sé e furbi, che riescono a eludere anche la macchina della verità. L’elemento umano spesso è determinante, anche perché l’uomo ha capacità tali che la macchina finisce per soccombere quando non è ben programmata.
Tutto questo per dire che la macchina della verità scoperta dagli americani sta per diventare obsoleta. Tre scienziate italiane – Alice Proverbio, Roberta Adorni e Maria Vanutelli – la stanno facendo precipitare nel mondo dell’archeologia. Dice Alice Proverbio: “La classica macchina della verità può sbagliare: un innocente sottoposto a interrogatorio potrebbe avere delle alterazioni dei battiti perché è agitato, non perché è colpevole, e la novità di questo studio è stata proprio la simulazione di una situazione ansiogena”.
La bugia nasce dal cuore ma è elaborata dal cervello: è questa la scoperta delle tre scienziate italiane. Però va precisato che la bugia nasce nella parte frontale del cervello. Dice Alice Proverbio: “Attraverso un approccio di studio basato sull’elettrofisiologia cognitiva siamo in grado di vedere come reagisce il cervello quando riconosce qualcosa di familiare, come se esclamasse “Aha!” e anche come si comporta quando deve produrre un’informazione falsa”.
In poche parole, dipende dalle zone della testa: quando si dice la verità, si attiva una determinata zona, quando si dice la bugia si attiva un’altra zona che è una risposta bioelettrica inconfondibile chiamata N400. Come è stato possibile fare un grande passo in avanti rispetto alla macchina della verità? Sono state messe delle speciali cuffie a venticinque studenti, equamente distribuiti tra maschi e femmine, e poi hanno loro sottoposto le domande. Alcune anche molto personali o potenzialmente spiacevoli, proprio per simulare la condizione di stress di un interrogatorio. Hanno anche chiesto di mentire ad alcune (domande) ed ecco il risultato: si può essere ancora più certi che un testimone, o il partner, non ci stia rifilando una bufala”. In definitiva, l’attività di quella parte del cervello deputata a non dire la verità non può essere nascosta o soffocata, perché gl’impulsi vengono automaticamente registrati dalle apparecchiature e l’uomo non potrà mai mentire.