Per quella prospettiva, anche Costantino aveva incominciato a scalpitare di lasciare Naissus, per crescere finalmente sotto la tutela del padre, al quale un giorno aveva addirittura impartito proditori insegnamenti su come battere Carausio e conquistare la Britannia. Certo era però che Elena, senza lasciarsi disturbare da un’ombra di scaramanzia per quella rischiosa impresa, e fidente che il compagno ne sarebbe tornato illeso e celebrato, aveva preso a pianificare la sistemazione a Mediolanum. E dopo quindici anni di attesa, l’uomo per il quale aveva abbandonato la famiglia, la città, il suo modesto ma protetto stato, per un’avventura dagli esiti imprevedibili, e che aveva seguito negli spostamenti tra provvisorie dimore in villaggi prossimi agli accampamenti, dove lui, appena possibile, si recava ad incontrarla, quell’uomo le avrebbe finalmente offerto la tanto sospirata ricompensa.
Ma proprio allora che incominciava a vedere l’alba della nuova vita, una tremenda doccia fredda le era giunta nel giorno cupo e plumbeo in cui era arrivato a Naissus il tribuno Aurelio, latore di un messaggio di Costanzo. Anche lui, Costantino, con i suoi dodici anni, ritto davanti alla madre, era preparato ad accogliere notizie che prevedeva cattive, col timore che fossero addirittura fatali, quando Aurelio aveva fatto il suo ingresso, e aveva salutato con una compostezza che non lasciava presagire nulla di buono. E aveva respirato di sollievo solo allorché il tribuno, smontato da cavallo, si era presentato con una cordialità e con parole che allontanavano ogni timore, dicendosi latore di un’importante ambasciata. Di Aurelio conosceva già il nome e l’amicizia col padre, che nei brevi soggiorni gliene aveva a lungo parlato; ed era stato lieto di conoscere un campione delle sue fantasticherie; anche se né lui né la madre avevano potuto comprendere perché invece di quel pur simpatico ambasciatore non si fosse presentato Costanzo in persona. E solo dopo che Elena aveva parlato con lui, avevano compreso la ragione di quella mediazione.
E la ragione era che Costanzo, divenuto cesare di Massimiano, proprio per quella nomina si trovava ora stretto in un vincolo tremendo che lo forzava ad abbandonare Elena, già pronta a seguirlo a Mediolanum, e che invece avrebbe dovuto continuare a restare nell’ombra, senza prospettiva di riscatto, come aveva appreso dalla lettera che Aurelio le aveva consegnato, e nella quale Costanzo le comunicava che la sua carica lo costringeva a sposare la figlia di Massimiano, Teodora.
Costantino, così precoce in tutto, aveva subito intuito il rimorso che aveva dovuto provare il padre e la necessità di inviare Aurelio a recare la notizia. Ma aveva anche capito l’astio che la madre aveva riservato a Costanzo, quando infine si era presentato a Naissus, per spiegare l’accaduto di persona, e decidere insieme la sorte del figlio. Avvertita di quell’arrivo, Elena a lungo aveva riflettuto sull’accoglienza da riservargli. Inizialmente ancora illusa di poterlo dissuadere, aveva fatto ricorso a tutti gli strumenti in suo possesso. E sul freno del controllo e sulla piaga dell’amore tradito, dopo l’accoglienza contratta con la quale aveva tentato di trasmettergli tutto il rancore, modulando un più umano dettato con le sfumature della circostanza, aveva esibito le colorite formule del confronto: dall’aggressione alle minacce; dall’implorazione alle contumelie; dal vituperio alla preghiera; dalla tentazione di prostituirsi all’accusa per la fiducia infranta; dal lamento dell’amante tradita all’evocazione dello spettro della solitudine; dallo sconforto per una vita senza orizzonti all’atteggiata protervia dell’orgogliosa. Aveva accusato, pianto, supplicato e ingiuriato, rinfacciando la promessa mancata e le frasi menzognere.
E Costanzo, pur toccato da quella sofferenza, invano aveva ribadito la fedeltà del suo amore, stretto tra il morso della separazione e lo spasmo della perdita; inutilmente aveva giurato che pur sposando un’altra mai l’avrebbe estromessa dai suoi affetti. Ormai Elena non gli credeva più: e solo nel vagheggiamento del futuro di Costantino e nel conforto della Provvidenza trovava la forza per incassare la sentenza. Aveva compreso che nessuna strategia sarebbe stata vincente, dal momento che la scelta non giaceva nemmeno in mano a Costanzo, in grado di prendere solo l’unica decisione di portare con sé Costantino ad Augusta Treverorum, per favorirne la carriera. Aveva sì avanzato la proposta di condurre anche lei nella nuova sede sul Reno: ma solo per declassarla sull’oscuro gradino della concubina. E a quella condizione mai Elena avrebbe sacrificato il suo orgoglio; mai si sarebbe umiliata dinanzi all’uomo che l’accantonava per un’altra, infrangendo tutti i suoi sogni. Talché il suo amore immenso s’era tramutato in un’ira immensa; e dai piagnistei pietrificati fioriva solo un malanimo di rappresaglia e anatema, appena lenito dalla preoccupazione per la sorte di Costantino.
Che ne sarebbe stato di lui? Il decesso del padre non ne avrebbe compromesso irrimediabilmente la carriera? E allora doppiamente ne aveva voluto a Costanzo: e per quell’abbandono, per il quale non poteva nemmeno maledirlo; e per la crudele necessità in cui la poneva, di doversi separare dal figlio, per affidarlo a lui, l’indegno, che però avrebbe potuto assicurarne il successo. Quanto a lei, invece, una volta superato lo stadio dell’incredulità iniziale, ora che il miraggio era infranto non restava che vivere senza prospettive e sostegno, e rassegnarsi ad una miseranda vecchiaia. Solo Costantino avrebbe ancora potuto prospettarle un lucore: per questo, miscelando orgoglio e ripicca, delusione e vagheggiamento, gelosia e vendetta, aveva preso la dolorosa risoluzione di separarsi da lui. Sapeva bene che se una possibilità il ragazzo aveva di percorrere la strada vagheggiata, non l’avrebbe certo realizzata al chiuso del focolare, ma nel cuore stesso del potere. E considerando che solo così le sue aspettative di un giorno avrebbero potuto riacquistare un senso, e i suoi anni di attesa non si sarebbero risolti nel disinganno, aveva potuto lenire l’amarezza dell’abbandono. Solo per sottrarre Costantino all’anonimato, aveva accettato il sacrificio di allontanarlo da sé, e concedere che seguisse il padre, mentre a Naissus non avrebbe avuto nessuna occasione di mettersi in evidenza. E di fronte a quella certezza, consentendo all’ultima atrocità di separarsene, e convinta che Costantino era chiamato a grandi cose, con dolore si era piegata a quella necessità, e vivendo per quel futuro.
Non prima però di congedarsi dal figlio in segreto, per ricevere in quel saluto la promessa che mai l’avrebbe abbandonata; che sarebbe presto tornato a visitarla; e che un giorno sarebbe venuto a riprendersela, per risarcirla del sacrificio e riscattarla agli occhi del mondo.