Pd e Pdl per la fine naturale della legislatura nel 2013. Tutti e due i partiti faranno le primarie entro l’anno. Nel Pdl sarà candidato premier Alfano, che si affrancherà da Berlusconi che si è fatto da parte. Bersani candidato premier per il Pd
Si comincia a delineare, seppure ancora in chiaroscuro, la prospettiva politica dell’Italia del dopo Monti. Nella direzione del Pd della fine della settimana scorsa si è imboccata una strada, piena di difficoltà, anche per i contrasti interni, ma quantomeno Bersani ha avuto il merito di tracciare un percorso. Il primo punto di questo cammino che culminerà, dal punto di vista organizzativo ed elettorale, con le elezioni della primavera del 2013. Da una parte c’erano quelli, come Stefano Fassina e l’ala di sinistra, che volevano le elezioni a ottobre, dall’altra coloro che – e sono stati la maggioranza – non vogliono interrompere la legislatura, sia per organizzare la campagna elettorale, sia per dare al governo Monti la possibilità di svolgere il suo ruolo, in un certo senso, di fargli fare le cose più impopolari e poi, nel 2013, ripartire con una legislatura tutta politica. Ma non è solo Bersani e il Pd che vogliono dare al governo Monti tutte le chance che il presidente della Repubblica gli ha attribuito, è anche Alfano e il Pdl, o almeno la maggioranza del Pdl, per gli stessi motivi citati prima. Ma di questo parleremo più oltre.
Dicevamo del percorso immaginato da Bersani. Il leader Pd ha detto no alla proposta del semipresidenzialismo avanzata dal Pdl, almeno non in questa legislatura. Sì, invece ad una nuova legge elettorale che, stando alle dichiarazioni anche di Alfano, si potrebbe fare in tre settimane. Dubitiamo che ciò avvenga, ma se i due partiti sono davvero concordi e soprattutto non si dividono su quale legge elettorale approvare, tutto sarà possibile. Ciò precisato, si apre il secondo punto del percorso: quale patto tra gli alleati. Bersani propone un “Patto dei democratici e dei progressisti per l’Italia”. Lasciamo da parte l’appello “ad associazioni, liste civiche, sindaci e singole personalità”, che è solo retorica da comizio, quello che conta è che il Pd si pone come perno indispensabile del centro sinistra. Il Pd non delega ad un esterno, sostanzialmente, la presidenza del consiglio dei ministri (vedi Prodi), ma ne assume direttamente l’incarico in caso di vittoria. Il Pd a vocazione maggioritaria con gli alleati che ci stanno a condividere un programma e anche un metodo. In caso di vittoria, secondo Bersani, la legislatura deve essere costituente, con all’ordine del giorno le riforme delle istituzioni, alle quali Bersani dice di non credere che si possano fare in questo scorcio di legislatura, come aveva proposto il Pdl. Ridotta all’osso, la strategia del Pd di Bersani è: 1) offrire un patto a Vendola (Sinistra ecologia e libertà) con chiarezza di programma, condizione per l’alleanza; 2) rompere con l’Idv di Di Pietro, che “ci rivolge insulti peggiori di Grillo”; 3) stringere un’alleanza con l’Udc di Casini, a cui comunque, anche in caso di vittoria, quindi quando ne potrebbe fare a meno, offrirebbe un’alleanza di governo. Ultimo punto del percorso, ma in realtà è un punto centrale, sono le primarie in autunno o comunque entro l’anno, per scegliere il candidato premier e lui, Bersani, si candiderà, sicuro di vincere, anche se saranno aperte (già si sono candidati Matteo Renzi, detto il rottamatore, e Nichi Vendola).
Ed ora veniamo al Pdl, che sta facendo un percorso speculare al Pd. Nel corso dell’Ufficio di presidenza del Pdl sono stati sciolti alcuni nodi non di poco conto. Ultimamente Berlusconi era intenzionato a fondare un nuovo partito, rinnovato nel programma e negli uomini. Nel suo schema di rinnovamento entravano cinque o sei liste civiche tematiche capeggiata da personalità note e competenti, federate con il nuovo partito. Al termine dell’Ufficio di presidenze, invece, ha abbandonato questo progetto, soprattutto per la contrarietà dei molti dirigenti del Pdl. Quindi il Pdl dovrà essere rafforzato e rinnovato, ma sarà il perno del centrodestra. Inoltre, sono state approvate le primarie in autunno per la scelta del candidato premier, anche qui primarie aperte, ma tutti i dirigenti hanno votato Alfano. Dunque, nuovo rapporto con la società e, con le primarie senza Berlusconi, anche la fine del duopolio Alfano-Berlusconi. L’ex premier, insomma, si fa da parte. Se, come abbiamo accennato, questo è lo schema del centrodestra e del centrosinistra (primarie entro l’anno), vuol dire che i due partiti sosterranno, seppure in modo “critico”, il governo Monti fino al termine naturale della legislatura.
A questo punto, anche per il centrodestra inizierà il problema delle alleanze e l’Udc di Casini è tra gli obiettivi di Alfano. Cosa farà Casini? Avrà tre possibilità: andare da sola, con pochissime possibilità di racimolare un 5-6%, che eventualmente offrirà, dopo le elezioni, al vincitore per tornare in gioco e al governo. E’ probabile che la furbizia tutta democristiana (accordi non prima ma dopo le elezioni) di Casini gli farà scegliere questa strada. La seconda, molto difficile, è che scelga di allearsi con il Pd, ma perderebbe Fli e anche parte dei deputati e senatori che non vogliono allearsi con il Pd e con Vendola e soprattutto perderebbe quella frangia del Pdl che potrebbe scegliere lui nel caso di mal di pancia nel Pdl. La terza via sarebbe, visto che Berlusconi si è fatto da parte, di rinegoziare un’alleanza con il Pdl, mettendo in chiaro i puntini sulle “i” di un’eventuale alleanza con la Lega di Maroni e sperando poi di succedere ad Alfano come leader del centrodestra, specie in caso di sconfitta.
Finora Casini non ha preso molti voti, ma siccome è corteggiato, quei pochi che ha sicuramente li farà sicuramente pagare cari.