Svolta autoritaria in Egitto dove il presidente Morsi sta facendo approvare una Costituzione voluta dai Fratelli Musulmani e dai Salafiti
Prove di consolidamento dell’autoritarismo in Egitto. Come si ricorderà, il presidente Mohammed Morsi ha assolto egregiamente al ruolo di mediatore di tregua tra Israele e Hamas, proprio mentre Israele stava per preparare l’invasione. La proposta di tregua è stata presentata da Morsi su richiesta di Hillary Clinton, che accompagnava il presidente nel suo viaggio nel Sud-Est asiatico. Obama non è riuscito lui stesso a ritagliarsi un ruolo di mediatore tra Cina ed altri Paesi per il controllo del Mar Cinese Meridionale, per l’opposizione esplicita della Cina stessa, ma in compenso è riuscito a fissare la tregua in Medio Oriente, affidando, appunto, il ruolo di mediatore a Morsi. Il quale, dunque, non solo si è mostrato disponibile verso Obama e gli Usa, ma ha fatto da tramite tra i contendenti e l’Iran che spingeva, anche se solo a parole, per un irrigidimento delle posizioni.
Dunque, la stella del nuovo presidente è spuntata sul deserto egiziano, ma Morsi è stato eletto in quanto rappresentante della Fratellanza Musulmana, nota organizzazione islamista che non guarda per il sottile: la legge è l’Islam e basta, tutti gli altri sono infedeli e quindi da combattere. Approfittando, dunque, del successo ottenuto sulla scena internazionale, il presidente egiziano ha ritenuto opportuno non aspettare quel necessario periodo di transizione tipico di una svolta poco alla volta, forzando tempi e mano.
Ha esautorato il procuratore generale del Cairo sostituendolo con un suo uomo, con uno, cioè, della sua parte politica e ha annunciato che tutti i suoi decreti costituzionali non possono essere soggetti a critiche. Tra questi decreti rientra la nomina dei rappresentanti dell’Assemblea Costituente nella quale praticamente l’opposizione è assente. Abbiamo già detto che Mohammed El Baradei, ex presidente dell’Aiea (Agenzia dell’Onu per l’energia atomica), l’ha subito definito “il nuovo Faraone”, ossia il nuovo dittatore egiziano dopo che la cosiddetta “Primavera araba” l’aveva costretto alle dimissioni in seguito all’allargamento della protesta popolare. Protesta popolare – adesso lo si può riaffermare con dovizia di motivazioni ed atti di queste settimane – dietro cui c’erano i Fratelli Musulmani, che agitavano la piazza per sostituire un dittatore laico con uno musulmano.
Morsi sta, dunque, per compiere la sua missione.
Ovviamente, la protesta popolare formata da laici e moderati è tornata a riempire Piazza Tahrir, che ne reclama le dimissioni, ma Morsi si guarderà bene dal darle, anzi, ha mobilitato i suoi sostenitori, che sono gli unici organizzati, a fare delle contromanifestazioni a suo sostegno, non a Piazza Tahrir, ma davanti all’Università del Cairo, la roccaforte del partito islamista. I motivi della protesta popolare laica e la contro protesta del Fratelli Musulmani sono l’articolo 2 della bozza della nuova Costituzione, che dichiara l’Islam l’unica religione dell’Egitto, la sua lingua l’arabo e i principi della Sharia come fonte principale della legislazione. Tra i Fratelli Musulmani e i Salafiti (partito islamista estremista) c’è stato un gioco di sponda, nel senso che l’articolo due non parla dei principi della Sharia come fonte del diritto egiziano, ma solo come “fonte principale”. In poche parole, al di là dei formalismi, niente libertà, niente parità di diritti tra uomo e donna, niente riconoscimenti laici. La Sharia è la legge islamica derivante dall’interpretazione del Corano. Praticamente l’esito della protesta popolare nota come “Primavera araba” è la Sharia. Si capisce perché i laici siano delusi e indignati.
La nuova Costituzione sarà approvata fra pochi giorni e sottoposta al referendum popolare a tambur battente (si parla di metà dicembre), per raccogliere un sicuro successo che legittimi sia la nuova Costituzione che il nuovo regime, che, nato sulle ceneri del vecchio, ne sta riproducendo tutte le caratteristiche negative.
Le prospettive sono due: o l’opposizione sarà debilitata dalla sua debolezza e messa a tacere oppure ci sarà un braccio di ferro. Se questa seconda prospettiva dovesse realizzarsi, allora il braccio di ferro comporterà violenza e repressione, esattamente come aveva fatto Mubarack, con la differenza che i Fratelli Musulmani ora sono al potere e lo difenderanno con tutti i mezzi, anche con la violenza, perché lo ritengono legittimo e democratico. Ovviamente, faranno appello a quell’esercito ripulito degli amici di Mubarack che ristabiliranno l’ordine appena stabilito. Insomma, in Egitto si sta passando da un dittatore all’altro, con un notevole passo indietro dei principi democratici che, se non esistevano prima, continuano a non esistere nemmeno adesso, dopo un anno di “proteste democratiche”.