Una patologia dello spettro autistico: riconoscerne i sintomi fin dalla prima infanzia può essere determinante
A darne la definizione più esaustiva è la stessa AsAAr, L’Associazione Asperger d’Argentina, secondo la quale il disturbo considerato consiste in ‘una patologia dello sviluppo neurologico che accompagna chi ne è affetto per tutta la vita’: un grave disturbo caratterizzato dalla presenza di evidenti difficoltà nell’interazione sociale e da limitati interessi verso il mondo circostante. Gli individui portatori di questa patologia presentano infatti una persistente compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività e interessi in alcuni casi molto ristretti e spesso fobie verso particolari oggetti o ambiti.
Una complicazione neurobiologica che però sembra non essere legata a problemi emotivi o schemi educativi. La patologia sembra essere più comune nei ragazzi che nelle ragazze e non ha una facile diagnosi in quanto spesso colpisce in modo lento e progressivo. Inoltre, il fatto che fino a poco tempo fa non esisteva neanche una definizione ‘ufficiale’ ha generato grande confusione, con medici che si rifacevano alle proprie interpretazioni del significato della sindrome di Asperger e genitori alle prese con una diagnosi che nessuno capiva bene e, peggio ancora, della quale nessuno sapeva cosa fare. Per restringere un po’ il campo e farsi un’idea, ad oggi si può affermare con certezza che sono state constatate similitudini con l’autismo senza ritardo mentale. Nonostante tali similitudini infatti la sindrome in oggetto non presenta compromissione dell’intelligenza, della comprensione e dell’autonomia, né comporta significativi ritardi nello sviluppo del linguaggio o nello sviluppo cognitivo.
Alcuni sintomi di questa sindrome sono correlati ad altri disturbi come la fobia sociale, il disturbo schizoide di personalità o la scarsa igiene personale. La sindrome di Asperger è stata resa ‘ufficiale’ nel 1994, in seguito ad uno studio che ha coinvolto più di mille bambini e adolescenti affetti da autismo e da disturbi correlati: dai risultati delle osservazioni scientifiche, si è giunti alla conclusione che fosse legittimo includere la sindrome di Asperger in una categoria diagnostica differente dall’autismo, nel gruppo che include i disturbi pervasivi dello sviluppo. Tuttavia, i problemi sono lontani dall’essere risolti: nonostante alcune nuove direzioni di ricerca, la conoscenza della sindrome di Asperger rimane ancora molto limitata.
Anche le cause scatenanti sono incerte: i ricercatori ritengono che all’origine della malattia possa esservi una mutazione genetica, ma si tratta solo di un’ipotesi, in quanto la ricerca scientifica deve ancora chiarire diversi dettagli fondamentali. Il percorso curativo è lungo e nient’affatto facile. Le prime manifestazioni compaiono durante l’infanzia, attorno ai 2 o 3 anni, ma è a scuola che, generalmente, si diagnostica la malattia.
Infatti, è a contatto con le altre persone (i coetanei, in particolare), che si palesano i sintomi caratteristici della sindrome di Asperger, come, per esempio, le difficoltà nel socializzare o nel dialogare con gli altri. Non a caso spesso sono proprio gli insegnanti che segnalano il disagio del bambino nell’integrazione: per questo e per la facilità con cui questi individui sono spesso vittima di bullismo e isolamento sociale, è importante che l’insegnante favorisca l’inclusione. Purtroppo, non esiste una cura specifica, ma solo delle contromisure terapeutiche volte a migliorare quelli che sono i sintomi principali della malattia. Con strategie mirate all’acquisizione delle abilità necessarie alla quotidianità, le persone con Sindrome di Asperger possono riuscire a trovare la loro strada e minimizzare i disagi della patologia. Il termine ‘Sindrome di Asperger’ venne coniato dalla psichiatra inglese Lorna Wing in una rivista medica del 1981, in onore di Hans Asperger, psichiatra e pediatra austriaco il cui lavoro non venne riconosciuto fino agli anni novanta.