A che punto sono le relazioni fra datore di lavoro e salariati dopo le difficoltà della pandemia? Se ne occupa il World Economic Forum nel suo studio “Le cinque regole che contribuiscono alla sostenibilità dell’ambiente di lavoro”. Basterebbe iniziare, esordisce il report, a promuovere nuove opportunità di impiego all’interno di una azienda quando se ne presenta la occasione. Già questo contribuirebbe a creare un clima aziendale sostenibile, cioè attento del benessere personale, materiale e professionale di chi già è attivo, coinvolgendolo alle innovazioni che riguardano il comune futuro di chi il salario lo crea, di chi mensilmente lo paga e degli inevitabili arbitri di questa relazione: gli investitori ed i consumatori.
In concreto, osservano gli studiosi, un ambiente di lavoro sostenibile dovrebbe rispettare cinque criteri.
Si inizia da una remunerazione dignitosa, ovvero da una maggiore attenzione alle istanze dei lavoratori e da un utilizzo delle nuove tecnologie digitali che aumenti piuttosto che diminuire la qualità ed il numero degli impieghi. Poi, si continua suggerendo di adottare il lavoro ibrido. Una convivenza tra competenze umane ed artificiali consolida la relazione del dipendente con la sua azienda. Anche perché una occupazione parziale é percepita come più stabile di un impiego full-time, e dunque incentiva il dipendente ad aggiornarsi, ne migliora la produttività e gli consente di meglio adattarsi alle necessità familiari. Insomma, e siamo al terzo punto, un miglior ambiente di lavoro anticipa un miglioramento anche della salute dei salariati, oltre che dei risultati aziendali.
A seguire troviamo una maggiore valorizzazione sul posto di lavoro di concetti come diversità, eguaglianza ed inclusione: queste, segnala il report, “negli ultimi anni sono le nuove priorità aziendali. Il Covid-19 ha evidenziato, se non accresciuto, la scarsa rappresentatività delle minoranze in tutte le aziende; questa invece è necessaria per garantirsi nuove competenze”.
Insomma, un ambiente di lavoro sostenibile significa meglio distribuito, oltre che accessibile, a tutti gli strati sociali. In tal modo, ci renderemo finalmente conto che concetti come digitalizzazione e differenziazione delle attività lavorative, oltre che la loro transizione ecologica, sono tutte strade di un unico percorso che potremo completare solo aggiornandoci.
“Tra il 2020 ed il 2025 cambierà ben il 40% degli attuali impieghi”, avverte il WEF, “ed il 50% dei lavoratori dovrà aggiornarsi” indifferentemente dalla collocazione o competenza aziendale.
Infine, la educazione continua diventa una presenza costante della nostra vita, in un modo più incisivo e diffuso di quanto ora immaginabile, ed oltre ai dipendenti presenti in azienda coinvolgerà anche quelli lungo la filiera produttiva che crea la value chain, che porta ogni prodotto ad avere un valore di mercato.
In questo percorso non esistono vinti, vincitori, od esclusi, ma siamo tutti chiamati ad essere protagonisti.
di Andreas Grandi