L’attore, regista e drammaturgo Luca Radaelli ha deciso di mettere in scena, con la compagnia Teatro Invito, le leggendarie imprese del Re delle Alpi Walter Bonatti (1930-2011). Tra le sue grandi imprese, vanno ricordate ad esempio la scalata del Grand Capucin e del Cervino; da discutere ha dato in particolare la tragedia sfiorata sul K2 nel 1954, di cui ho avuto modo di parlare con Luca Radaelli
Come si spiega l’amore di Walter Bonatti per la montagna?
Radaelli: Fin da bambino il bergamasco Bonatti vedeva da lontano le montagne. Dopo la Seconda guerra mondiale come passatempo va in montagna. Scopre che è la sua passione e si accorge di essere molto bravo. Ha infatti una resistenza fisica fuori dal comune. Inoltre, Bonatti amava l’avventura: leggeva molti romanzi d’avventura, come testimonia la sua biblioteca.
A parte la montagna, cosa ha ‘incantato’ Bonatti?
Tutto ciò che era avventuroso, lo incantava. Ha fatto alpinismo fino a 35 anni. Successivamente, negli anni Sessanta ha fatto l’esploratore collaborando con Epoca, un settimanale molto letto perché non esistevano ancora i documentari tipo quelli di Piero Angela o di National Geographic.
Qual era il peggior difetto di Bonatti?
Lui voleva sempre essere al centro della scena, essere il primo, la ‘prima donna’. Esemplare la gelosia nei confronti di Reinhold Messner che gli oscurava la fama. Ma col tempo sono diventati amici.
E il suo miglior pregio?
Avendolo conosciuto, quello che a me più ha colpito è stata la sua coerenza, il far combaciare bravura e preparazione meticolosa, etica e giustizia. Bonatti aveva un senso molto forte dell’etica e della giustizia. Ma durante la scalata del K2 ebbe a sperimentare a sue spese l’altrui infamia!
Può allora ricordare quell’episodio?
La scalata del K2 è stata segnata da una disavventura. Gli alpinisti Lacedelli e Compagnoni non allestirono il campo dove, come concordato, Bonatti avrebbe dovuto portare le bombole d’ossigeno. Tuttavia, è stato per molti anni ingiustamente accusato di aver sottratto le bombole alla cordata che invece l’aveva lasciato all’addiaccio (a meno 50 gradi!) ad alcune centinaia di metri dalla vetta. Solo 50 anni dopo il CAI (Club Alpino Italiano) ha riconosciuto che Bonatti era nel giusto. Dopo la disavventura del K2 Bonatti decise di scalare da solo. Le sue imprese hanno fatto di lui uno dei migliori alpinisti di tutti i tempi.
A proposito del Monte Bianco, cosa pensa dell’omonimo reality di Rai Due?
Io personalmente non ho mai visto il programma. C’è chi lo considera un’idiozia, in quanto dà un’idea falsata della montagna. Altri invece pensano che tutto sommato possa fare conoscere un pochino il mondo della montagna e di chi ci lavora a chi ne sa poco o nulla. Per la televisione la montagna non è molto ‘sexy’. Quindi, meglio quel programma che niente.
Cosa rappresenta la montagna per Luca Radaelli?
La montagna è una sfida e permette d’inventarsi una sfida a modo proprio (lo faceva Bonatti)! L’elemento naturale mi affascina ed emoziona al pari dell’arte e dell’amore. La montagna è libertà.
È soddisfatto dalla reazione del pubblico al Suo spettacolo su Bonatti?
Molto! Sono piacevolmente soddisfatto che vengano a teatro persone che altrimenti non ci metterebbero piede. Il teatro oggi non è molto popolare, è rivolto spesso per agli addetti ai lavori. Questo spettacolo mi sta permettendo di incontrare persone interessate alla vicenda di Bonatti e che non sono abituate ad andare a teatro. È importante riuscire a trovare storie che attirino le persone. A me piace incontrare spettatori non specialisti.
Luca Radaelli sarà il 17 aprile alle 17:30 al Centro Papa Giovanni di Emmenbrücke per la Dante Alighieri di Lucerna e la UNITRE-UNIVERSITAS.
Donato Sperduto