Ritrovata Marisa Baù impiccata in un capannone agricolo. La famiglia non crede che la donna si sia uccisa e chiede chiarezza
Originaria di Asiago, ma da tempo domiciliata a Montet in Svizzera, Marisa Baù è ormai conosciuta come la suora vicentina trovata impiccata. Già, perché è questa, purtroppo, la triste e macabra fine che ha fatto la donna. In realtà Marisa non era una suora ma una focolarina, ovvero una laica consacrata a Dio, secondo il movimento creato e diffuso da Chiara Lubich quasi 70 anni fa. Marisa aveva scelto di seguire questo movimento presso il centro dei Focolari di Montet dove lavorava come formatrice e responsabile di produzione dell’atelier artistico da ben15 anni, fino a quando non è stata trovata pendente ad una trave metallica dentro un capannone agricolo a Clugy, vicino alla fermata del tram dove era stata vista per l’ultima volta. Era lo scorso 30 gennaio. A trovarla è stato il contadino proprietario del capannone che riferisce di passare frequentemente da lì ma soltanto quando ha dovuto spostare parte del fieno si è accorto della presenza del corpo. Con questa macabra scoperta si pone fine al mistero della scomparsa della donna di cui si era occupato anche la trasmissione televisiva italiana “Chi l’ha visto”, in onda su Rai 3. Da più di un mese non si avevano tracce di Marisa. Il 20 dicembre, infatti, era uscita dicendo di avere un forte mal di testa e per questo aveva bisogno di fare una passeggiata: da allora si erano perse le sue tracce.Nello sconcerto, i parenti, residenti in Italia, hanno fatto richiesta che venga fatta luce sulla questione. Non credono che la loro familiare possa essersi suicidata: un atto così estremo non faceva parte della sua indole e soprattutto del suo credo. Per questo è stata chiesta l’autopsia che, eseguita mercoledì 1 febbraio, però non ha fornito nessun dato che lasci pensare ad un intervento da parte di terzi, secondo quanto si apprende dalla comunicazione ufficiale diramata dalla Polizia cantonale di Friburgo e confermata dal funzionario incaricato del caso, Donatella Del Vecchio. Prima che possa rientrare in Italia, suo Paese d’origine, si dovranno attendere i risultati di ulteriori analisi. Noi vogliamo ricordarla come «una persona meravigliosa – sono le parole di Marithé Vuigner, co-responsabile del Centro di Montet – sempre pronta ad accogliere gli altri. Una persona su cui poter contare sempre, gradevole e fine. Molto legata alla sua bellissima e numerosa famiglia».