Il M5S occupa gli scranni del governo per protesta contro l’approvazione del decreto Imu-Bankitalia ed è subito rissa con insulti. Presenta l’impeachment nei confronti di Napolitano ma tutti gli altri partiti difendono il presidente della Repubblica. Casini annuncia il rientro nel centrodestra
Il M5S, restato ai margini nella trattativa sulle riforme per sua libera scelta, sta movimentando il Parlamento e le istituzioni, con una serie di iniziative, tutte campate in aria e per di più frutto di una voglia di violenza, verbale ma anche fisica. La miccia è stata accesa con l’approvazione del decreto Imu-Bankitalia. La presidente della Camera, Laura Boldrini, di fronte alla scadenza del decreto per decorrenza dei termini ha troncato la discussione e lo ha messo in votazione per l’approvazione, avvenuta senza difficoltà. A questo punto è iniziata la bagarre, continuata il giorno dopo, con insulti, schiaffi, cartelli, grida. La Camera sembrava il teatro della grande zuffa tra deputati di opposte fazioni: da una parte i grillini, in numero maggiore, dall’altra quelli degli altri partiti. I grillini hanno occupato i banchi del governo, costringendo ministri e sottosegretari a darsela a gambe. Insomma, è nato un putiferio che non accenna a placarsi, perché lo scontro sul decreto – che se non fosse passato avrebbe costretto gli italiani a pagare la seconda rata dell’Imu – più che uno scontro politico è diventato scontro fisico, intolleranza, violenza, appunto.
Grillo ha dichiarato guerra alle istituzioni presentando l’impeachment contro Napolitano, accusato di aver violato la Costituzione. Le colpe di Napolitano sarebbero sei: dal turbamento delle attività parlamentari alla manipolazione del sistema repubblicano, dalla parzialità del presidente al suo interventismo, dall’abuso del proprio ruolo alla firma di decreti incostituzionali (o presunti tali dal M5S). In definitiva, la messa in stato di accusa è tutta politica, non c’è nulla di giuridico. Il presidente, che a suo tempo fu uno degli accusatori di Cossiga nel 1992, ha detto: “Faccia il suo corso”, alludendo alla sua messa in stato di accusa. Le dichiarazioni dei rappresentanti degli altri partiti sono tutte contro i grillini. Cicchitto (Ncd), parla di “iniziativa demenziale”; Vendola dice che sono “assolutamente irresponsabili”; Roberto Speranza, capogruppo Pd, dice: “Siamo alla follia. I Cinque Stelle sono ignoranti e irrecuperabili”; Renato Schifani parla di “accuse fantasiose” a Napolitano. Mentre Grillo, sceso a Roma il giorno dopo, arringa i suoi esaltandone le doti di “meravigliosi guerrieri”, di “coraggiosi” e di “vittoriosi”, i suoi deputati si lanciano in accuse contro le donne Pd, trattate da donne di strada. Loro, le donne Pd, hanno risposto con denunce alla magistratura. Grillo, poi, grida ai sondaggi che lo premierebbero, avvertendo i suoi di fare attenzione alle denunce. La Camera è diventata “l’aula sorda e grigia” di mussoliniana memoria.
La realtà l’ha descritta bene Renzi, quando ha dichiarato che “hanno perso la testa”, che “sono squadristi da codice penale” e che più si fanno le riforme, più i grillini perdono terreno e siccome se ne sono accorti reagiscono con violenza e isterismo. Gongola pure Berlusconi che ammicca all’elettorato che ha votato Grillo ma che dopo le dimostrazioni di incapacità del M5S potrebbe votare lui. Il premier Letta difende Napolitano accusando il M5S.
La rissa scatenata dai grillini è caduta proprio alla vigilia del primo voto in Commissione sulla legge elettorale frutto dell’accordo tra Renzi e Berlusconi, a cui si è aggiunto Alfano. L’intesa è stata rinegoziata rispetto all’accordo iniziale che prevedeva la soglia del 35% per avere diritto al premio di maggioranza e la soglia del 5% per il partito in coalizione per avere diritto ai seggi, dell’8% per il singolo partito non coalizzato e del 12% per la coalizione. Ebbene, le nuove soglie sono il 37% (premio di maggioranza), il 4,5% per un partito coalizzato per avere diritto ai seggi, le altre soglie dell’8% e del 12% sono rimaste immutate. E’ passata anche la clausola in base alla quale ha diritto ai seggi quel partito che pur non superando a livello nazionale il 4,5% si presenti in non più di sette regioni e raggiunga il 9% in almeno tre (questi ultimi numeri potranno ancora variare).
Renzi ha dichiarato che l’intesa tiene, le defezioni dei deputati del Pd in occasione del voto segreto in Commissione sono state una decina, non è ancora il momento degli sgambetti, d’altra parte alla Camera i numeri della maggioranza sono talmente larghi che pochi voti non influiscono minimamente sul risultato finale. Stanno però dissotterrando l’ascia di guerra i centristi, che saranno penalizzati dalle soglie di sbarramento. Sono loro che hanno votato contro nel segreto dell’urna. Allo stesso modo sono in subbuglio Fdi, La destra e anche Ncd di Alfano che se si presenta con Forza Italia e Lega potrà concorrere alla vittoria finale, se si presenta con Casini-Mauro e Monti rischia di rimanere sotto la soglia del 12%. Insomma, come non si stancano di ripetere Renzi e Berlusconi, l’accordo si basa sull’eliminazione dei partitini e sul bipolarismo (“Abbiamo fatto l’accordo per non governare insieme”, ha chiosato Renzi).
Il più lesto a capire che il centro è fallito o che, semmai esiste, è occupato da Grillo è stato Pierfurby Casini, definito “sughero” da Vittorio Feltri, per la sua capacità di galleggiare. Casini ha già annunciato il rientro nel centrodestra, trovando in Alfano il maggiordomo pronto ad aprirgli la porta. Renzi ha fatto rottamazione nel Pd, nel centrodestra si raccolgono vecchie carcasse in cerca di un posto a tavola.