il mio angelo custode
Rubrica a cura di Cettina Guarino
L’albero della vita è il più importante simbolo della Qabbalah e ne riassume in forma grafica, in modo conciso e preciso, gli insegnamenti fondamentali. I cabbalisti, nella loro analisi del processo di emanazione dell’energia divina, chiamati Sephiroth (singolare Sephirah). Disposte in un certo modo, e collegate da quelli chevengono chiamati “i 22 sentieri”, le 10 Sephirat costituiscono l’Albero della Vita; insieme, le 10 Sephirath e i 22 sentieri costituiscono quelle che in un antico testo cabalistico vengono definite “le 32 Vie della Saggezza”. A un primo sguardo, l’Albero della Vita colpisce per le sue caratteristiche di ordine, equilibrio e simmetria, espresse nell’ordinata disposizione di Sephirat e Sentieri. Nel corso dei secoli, gli studiosi hanno avanzato diverse opinioni sulla natura delle Sephirat: alcuni le hanno considerate alla stessa stregua di vasi e contenitori dell’energi adella Divinità. Altri invece le hanno definite come dei veri e propri “strumenti” attraverso i quali Dio ha creato l’Universo (anche se questi strumenti, a differenza di quelli comuni utilizzati dagli esseri umani, parteciperebbero della natura di Dio). Tutti sono concordi, comunque, nell’affermare che le Sephirat esprimono idee e attributi che, una volta sistemati nell’ordinato glifo dell’Albero, danno vita a una sorta di schema di archetipi che può essere usato come sistema di classificazione di qualsiasi cosa, idea, concetto o energia presente nell’universo; lo stesso termine Sephirah, normalmente tradotto come “numero”, “sfera” o “emanazione” deriva probabilmente dalla radice ebraica sphr, come pure Qabbalah (= tradizione).
La Qabbalah è la mistica pura, il commento esoterico della Bibbia, che, secondo gli aderenti a tale dottrina, sarebbe stato trasmesso da Dio a Mosé sul Monte Sinai e tramandata in via elitaria da maestro a discepolo. L’opera fondamentale e più famosa della Qabbalah è lo Zòhar (ebr. Splendore) risalente al XIII sec. Redatta da Moshè de Leon, cabalista casigliano, morto nel 1305, e, da alcuni fatta risalire a Shimon bar Yochài che visse in Palestina nel II sec. a.C.
Lo Zòhar, o Libro dello Splendore, può essere consiedrato la Summa di tutte le idee o le dottrine dell’Ebraismo. Questo libro espone una dottrina simile a quella dei neoplatonici e dei neopitagorici dei primi secoli dell’Era Volgare. Dio è in sé inaccessibile, sfugge ad ogni conoscenza e rifiuta ogni determinazione: è la negazione di ogni cosa determinata, il niente di ogni cosa. La luce divina si concentra e si proietta in raggi che costituiscono le sostanze emanate o Numeri (Sephirat) che formano gli esseri intermedi (Angeli) e il mondo. Le prime due sostanze sono la Saggezza (Hochmah) e l’Intelligenza (Binah) che, con Dio; formano le prime tre ipostasi nonché il mondo invisibile che è modello di quello visibile.
I due mondi sono legati insieme dall’Amore: il mondo inferiore tende al superiore e in risposta a quest’impulso il mondo superiore desidera e ama quello inferiore. La Qabbalah ebbe molta fortuna anche nel periodo del Rinascimento, soprattutto fra i platonici. In particolare Pico della Mirandola, che cercò di unificare e organizzare in un nuovo spirito l’intero sapere tradizionale, vide nella Qabbalah lo strumento adatto adatto a penetrare nei misteri divini e perciò la guida per l’interpretazione delle Sacre Scritture. Egli perciò considerava le dottrine della Qabbalah in accordo non solo con il cristianesimo. Ma anche con le dottrine di Pitagora e Platone.
Nel V sec. la fonte dell’Angelologia è lo scritto dello pseudo Dionigi l’Areopagita (sulla gerarchia celeste). La gerarchia celeste è costituita da 9 ordini di Angeli (o Cori) raggruppati in disposizioni ternarie. La prima disposizione è quella dei Serafini, dei Cherubini e dei Troni; la seconda è quella delle Dominazioni, delle Virtù e delle Podestà; la terza è quella dei Principati, degli Arcangeli e degli Angeli. Questa dottrina fu accettata anche da S. Tommaso e adottata da Dante nel Paradiso.
Nell’epoca moderna, il tema degli Angeli si conserva, oltre che nel pensiero cattolico (che porta argomenti per la fede nella loro esistenza) anche nel pensiero ortodosso, nonché in quello protestante (che però ne vieta il culto). Il riferimento agli Angeli è presente anche nella moderna tradizione ermetica e teosofica e costituisce uno degli argomenti di base dell’antroposofia di Rudolf Steiner.
Per chi vuole approfondire, ritengo utile segnalare i suoi due volumi “Gerarchie spirituali” e “Forze spirituali attive fra vecchia e nuova generazione”.