“La fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha” diceva il famoso fotografo americano Neil Leifer. E se si vuol scoprire l’idea che ognuno di noi possiede della realtà attraverso l’arte della fotografia, basta seguire il workshop, realizzato dal noto fotografo di oggetti di design Benvenuto Saba, che si terrà in Svizzera il 5 e il 6 di marzo. Due giorni intensi nel corso dei quali il fotografo nostrano potrà svelare ai corsisti le tecniche ed i segreti per riuscire a fotografare l’anima degli oggetti. Sarà un’occasione unica, dedicata agli appassionati dello scatto fotografico. Benvenuto Saba ci spiega meglio la sua passione per l’arte della fotografia e in cosa consiste questo workshop.Quando nasce, e in che modo, la sua passione per la fotografia?
Inizialmente era interesse per l’arte e soprattutto per il disegno, una caratteristica che mi porto dietro sin da bambino. La mia formazione si è concentrata su studi in cui si affinano tecniche e le conoscenze artistiche, tra esse la fotografia che, mano a mano, ha preso il sopravvento. Già dall’età di 12-13 anni utilizzavo la fotografia per avere suggerimenti su forme, colori e luci da applicare come studio preparatorio alla scultura. La fotografia è sempre stata presente come strumento di lavoro.
Ho frequentato l’Accademia delle belle arti di Carrara che era rinomata per i corsi di design tenuti dai più grandi designers a livello internazionale. Qui è venuto quasi spontaneo il contatto con il disegno industriale. Il professore di cattedra del corso che frequentavo, Enzo Mari, mi chiese delle foto che gli piacquero molto e mi propose di seguirlo a Milano per una mostra. Questo fu il mio motivo di confronto: sapevo di essere bravo ma avevo bisogno di una conferma effettiva, sul campo, che è arrivata da Enzo Mari. Lui mi dette la conferma che potevo confrontarmi con persone di alto livello. Già dal periodo dell’accademia ho avuto modo di realizzare lavori importanti e vedere pubblicate le mie foto su cataloghi prestigiosi.
Ha così capito che la fotografia poteva diventare la professione della sua vita?
Sì, ho visto subito la fotografia come una possibilità immediata di confronto, per potermi misurare con una mia passione. Sono entrato in contatto con grandi designers che mi hanno aiutato a scoprire il mio amore spassionato per la fotografia e il feeling che c’era tra me, i committenti ed il lavoro che facevo per loro. Così, ho subito collaborato con grandi marchi, che per anni si erano rivolti a colossi della fotografia come Aldo Ballo, per la realizzazione dei loro cataloghi. Le esperienze ed i contatti maturati in questi anni si sono allargati col tempo a riviste come Domus e Abitare, e mi hanno portato a realizzare servizi di moda, foto a gioielli e sculture, foto per gallerie e mostre a tiratura limitata per gli archivi di stato, ma anche foto e ritratti per il mio personale gusto della sperimentazione. Esiste, quindi, da un lato la fotografia come attività professionale e dall’altro la fotografia come passione che mi porta a realizzare e inventare progetti personali.
Sarà in Svizzera nelle giornate di sabato 5 e domenica 6 gennaio per un intenso workshop sulla fotografia. Ci può parlare di questo progetto?
Il progetto nasce a seguito della mia conoscenza con Claudio Frasca il quale mi ha proposto di realizzare queste due giornate di workshop per far conoscere in Svizzera il mio modo di lavorare e di realizzare fotografie di oggetti di design attraverso il mio personale approccio alla luce e alla forma degli oggetti.
Ho avuto modo di affinare certe tecniche tramite le quali ho potuto creare un mio personale approccio all’oggetto in cui prendo in considerazione non solo la luce ma anche l’atmosfera attorno ad esso. Il background di ogni oggetto crea una relazione spazio-tempo di come questo oggetto realizzi sempre nuove forme. Per me non si tratta solo di semplici fotografie, piuttosto di reinterpretare l’oggetto attraverso l’invenzione di nuove forme, colori, luci e ombre. Il tutto servendomi sempre del sistema analogico, riuscendo ad ottenere effetti a cui non si arriva neanche con il photoshop, senza la conoscenza del disegno o della teoria delle ombre. Anche io utilizzo il photoshop ma è un uso minimo perché gli effetti li realizzo in fase di presa.
Durante i due giorni di workshop cercherò di spiegare questo mio approccio personale verso l’oggetto: sia esso fatto di plastica, vetro o legno, c’è sempre in esso un progetto di architettura per cui si devono rispettare tutta una serie di pose.
Porterò con me dei forgiati che ho fotografato circa 20 anni fa e che saranno rimessi in produzione da una ditta che ha deciso di rimettere in commercio questi prodotti dopo che li ha conosciuti attraverso le mie foto.
Sono dei forgiati di Cuneo, fatti da artigiani che realizzano delle falci utilizzate in tutto il mondo e progettate da Enzo Mari.
Durante questo corso fotograferemo questi oggetti reinterpretandoli attraverso un occhio attuale, in un ambientazione molto stimolante quale quella dei locali di una fabbrica. I corsisti possono così acquisire il mio metodo di lavoro, il mio approccio all’oggetto, collaborando a questo progetto. Impareranno a conoscere l’oggetto che hanno di fronte per poterlo reinterpretare secondo una propria idea.
La comunicazione: l’immagine come elemento sostitutivo delle parole.
Quando questo elemento è forte si può fare a meno della didascalia. Ciò succede soprattutto quando l’autore riesce a rendere chiaro il messaggio che vuol far trasparire da quell’immagine ovvero la sua autenticità che la distingue dalle altre foto. Il fotografo deve sempre sapere quello che deve fare e quello che vuol comunicare. Se non si hanno bene impressi questi concetti non si va molto avanti. Bisogna essere capaci sempre di carpire l’espressività e cogliere l’anima di ogni oggetto.
Secondo lei, quando la foto diventa a pieno diritto un’opera d’arte?
Sempre. Oggi qualsiasi foto può essere genericamente definita opera d’arte. È chiaro che ci sono comunque delle immagini che hanno una determinata magia che le distingue dalle altre.