Il partito socialista europeo, in previsione dell’applicazione del Trattato di Lisbona (presidente europeo non più a turno ogni sei mesi ma in carica per due anni e mezzo) e consapevole che non può aspirare alla presidenza perché forza numerica inferiore rispetto al partito popolare, ha rinunciato a quest’ultima carica per “accontentarsi” di quella di alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza e contemporaneamente vice presidente della Commissione europea, in pratica di ministro degli Esteri dei 27. Nella rosa di nomi figura anche l’italiano Massimo D’Alema, che si è detto “onorato” di essere stato incluso nella lista, anche se ha riconosciuto che le altre candidature sono “più forti”.
Silvio Berlusconi ha detto che “qualora emergesse in concreto” questa possibilità “il governo valuterà con serietà le candidature capaci di assicurare all’Italia un incarico di così alto prestigio”.
Massimo D’Alema ha, di rimando, dichiarato di essere “grato al governo per l’appoggio” e che il governo stesso si è comportato bene facendo ciò che avrebbe fatto una democrazia matura.
Non sappiamo se la candidatura D’Alema farà passi in avanti. In effetti, altre candidature come quella del ministro degli Esteri inglese David Miliband o dell’ex presidente finlandese Martti Ahtisaari, premio Nobel per la Pace, o dell’ex ministro tedesco Franz Steinmeier, sono molto autorevoli, però è innegabile che l’apertura del premier sia un gesto apprezzato e contenga qualche importante messaggio.
Il primo è che ha mostrato di “pensare Paese”, di guardare cioè agli interessi nazionali al di là degli schieramenti e delle convenienze politiche. E dire che uomini in grado di svolgere quel ruolo il centrodestra ne ha in abbondanza, dall’attuale commissario europeo Tajani all’ex ministro della Difesa Antonio Martino e allo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini. Il secondo è che si tratta di un gesto concreto di dialogo e di superamento degli scontri che in questi ultimi mesi hanno superato di gran lunga i limiti della decenza, con l’insistenza su fatti di vita privati, tra l’altro di nessuna rilevanza penale, o addirittura inventati, come l’inesistente relazione con una minorenne.
Sarebbe un atto di miopia politica se l’opposizione lasciasse cadere questa opportunità e se il nuovo Segretario Pd, Pierluigi Bersani, l’uomo che ha dichiarato che intende avere con Berlusconi “un rapporto civile”, non desse una svolta concreta al clima di odio in atto da 15 anni. L’Italia ha bisogno di dialettica, anche ferma, sui programmi e sulle idee, non di delegittimare l’avversario.
Tra l’altro, la rivendicazione di una superiorità morale, alla luce dei tanti avvenimenti inquietanti, si è rivelata più presunta che reale.
Dunque, basta con la guerra civile continua, altrimenti i morti rischiano di superare i superstiti, con grave danno per tutto il Paese.
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