“I disoccupati italiani sono tra i meno aiutati d’Europa”: l’Italia spende per loro ‘solo’ lo 0,5% del Pil, la cifra più bassa rispetto agli altri Paesi dell’Area Euro. La denuncia viene dal segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi (vedi foto in basso) che, con l’Ufficio studi, ha messo a confronto la spesa nel 2008 sostenuta dai principali Paesi Ue a sostegno dei senza lavoro. “Il risultato emerso da questa elaborazione è molto sconsolante”, sottolinea l’associazione.
“I dati presentati nei mesi scorsi dal Governo – continua Bortolussi – ci dicono che nel 2010 il tasso di disoccupazione si attesterà all’8,7%. Solo nel 2011 avremo una leggera inversione di tendenza, con una riduzione dei senza lavoro dello 0,2% rispetto all’anno precedente”.
“Nell’ultima parte dell’anno – prosegue Bortolussi – stimiamo che potrebbero essere circa 70.000 i posti di lavoro a rischio in Italia.
Una cifra importante che, comunque, è diventata una costante che si verifica da tempo in questa fase dell’anno.
Infatti, è da 4 anni che nell’ultimo trimestre l’occupazione registra picchi negativi ben più significativi di quelli previsti nei prossimi mesi”.
Tornando alle risorse messe a disposizione dal nostro Paese, nel 2008 al milione e 690 mila disoccupati italiani è stato destinato lo 0,5% del Pil.
Niente a che vedere con le risorse messe in campo dalla Germania (2,2% del Pil per sostenere i 3 milioni e 141 mila senza lavoro), dalla Spagna (2,1% del Pil a favore dei 2 milioni e 591 disoccupati) e dalla Francia (1,6% del Pil per proteggere i 2 milioni e 235 mila disoccupati).
Solo i disoccupati britannici (pari a 1.753.000) stanno peggio dei nostri: nel 2008 hanno ricevuto una spesa complessiva pari allo 0,3% del Pil.
In termini assoluti l’Italia ha messo a disposizione quasi 8 miliardi di euro (precisamente 7,92 miliardi di euro) contro i 48,91 miliardi della Germania, i 25,66 miliardi della Francia e i 21,93 miliardi della Spagna.
In pratica per ogni disoccupato italiano sono stati spesi 4.691 euro, contro i 17.921 euro a protezione del disoccupato irlandese, i 16.652 euro per quello austriaco, i 15.570 euro per il senza lavoro tedesco e gli 11.483 per ciascun francese rimasto senza lavoro.
“Per misure a sostegno dei disoccupati – precisa Bortolussi – ci riferiamo all’erogazione di sussidi per fronteggiare l’inattività lavorativa, alle prestazioni offerte dai servizi pubblici per l’impiego o per la partecipazione ad attività formative. Oppure, per l’inserimento lavorativo vero e proprio grazie all’introduzione di incentivi e sgravi fiscali”.
“Se è vero però che spendiamo poco per sostenere economicamente i nostri disoccupati – osserva Bortolussi – è altrettanto vero che siamo un Paese che ha un buon pacchetto di ammortizzatori sociali (Cigo, Cigs, mobilità, etc,) che interviene prima della perdita definitiva del posto di lavoro. Cosa, quest’ultima, di cui molti altri Paesi europei non dispongono. Non solo: va ricordato che queste misure, grazie al Governo in carica, sono state estese anche ai lavoratori dipendenti delle micro imprese che prima ne erano sprovvisti. Insomma, spendiamo poco per i disoccupati ma il nostro welfare interviene prima che il rapporto tra il lavoratore e l’impresa sia compromesso definitivamente”.
Infine, la Cgia di Mestre ha dimensionato gli importi spettanti ai lavoratori dipendenti italiani che sono rimasti senza lavoro. Ebbene, l’indennità di disoccupazione è inversamente proporzionale al tempo di durata dell’inattività lavorativa. Comunque, gli importi (ad esclusione dei lavoratori edili) hanno un limite massimo che per il 2010 è pari a 893 euro se la retribuzione del lavoratore era pari o inferiore a 1.932 euro mensili, oppure a 1.073 euro se la retribuzione era superiore.
Per gli apprendisti l’indennità è pari all’80% della retribuzione per un massimo di 90 giorni. Infine, dalla Cgia ricordano che negli ultimi anni sono state introdotte anche delle misure di sostegno al reddito per i cosiddetti lavoratori atipici che hanno perso il posto di lavoro.
Ai cosiddetti somministrati spetta un’indennità una tantum pari a 1.300 euro al lordo delle trattenute. Ai Co.co.pro. cui è stato interrotto il contratto si deve invece un’indennità una tantum pari al 10% del reddito percepito l’anno precedente.
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