La storia di un’amicizia particolare raccontata dalla giovane Alice Rohrwacher
Premiato all’ultimo Festival del Cinema di Cannes con il Premio per la migliore sceneggiatura (ex aequo con ‘Trois Visages’ dell’iraniano Jafar Panahi), è arrivato nelle sale ‘Lazzaro felice’, il film diretto da Alice Rohrwacher che racconta la storia dell’amicizia tra Lazzaro e Tancredi, una storia senza tempo ambientata in una tenuta agricola dove si coltiva tabacco alle dipendenze di una marchesa senza scrupoli.
Tra i tanti contadini (cinquantaquattro per la precisione) che si occupano della piantagione e della tenuta (quasi in condizioni di schiavitù) figura il ventenne Lazzaro, interpretato da Adriano Tardiolo, un giovane molto umile e semplice, solo al mondo e che non sa neppure di chi è figlio ma che guarda al mondo con occhi limpidi e fiduciosi e svolge i suoi inesauribili compiti con la generosità di chi è nato profondamente buono. Lazzaro stringe amicizia con il coetaneo Tancredi (Luca Chikovani), figlio della marchesa, un ragazzo indolente e poco interessato al mondo agricolo.
Con la complicità di Lazzaro, Tancredi arriva a farsi credere rapito, per allontanarsi indisturbato verso la città e, soprattutto, verso una vita più avventurosa. Una storia più simile ad una favola grazie ‘all’implausibilità delle situazioni’ che vengono raccontate, da un finto rapimento ad una morte accidentale, dall’arrivo dei carabinieri alla liberazione degli operai sfruttati e al loro ingresso nella città. Tanto che la stessa regista, sorella minore della nota interprete Alba Rohrwacher, ritirando il premio per la miglior sceneggiatura al 71° Festival di Cannes ha parlato di ‘una sceneggiatura bislacca’. Ispirato ad un fatto realmente accaduto, il film coglie in particolare il passaggio dalla vita rurale a quella urbana, un cambiamento segnato da sofferenze e privazioni, con la perdita di quella magia e spensieratezza tipica della vita all’aria aperta e l’incontro con un’urbanizzazione forzata, dove i rapporti umani sono inconsistenti se non del tutto assenti. Risulta evidente il richiamo al cinema di Ermanno Olmi, scomparso lo scorso 7 maggio, un artista che ha saputo raccontare magnificamente la campagna e il mondo contadino e del quale la Rohrwacher riprende il racconto della condizione dell’uomo in maniera realistica ma sognante: “Parlare di Olmi è necessario, doveroso e commovente.
Forse non c’è sguardo che mi manca più del suo. Il desiderio di mostrargli questo film era forte, purtroppo non ce l’abbiamo fatta, è un grande maestro e un ‘mastro’ nel senso dell’artigianalità di questo lavoro”. “Parlare di Lazzaro vuol dire parlare del meno protagonista di tutti, per una volta ho voluto mettere in primo piano l’ultimo della fila, uno di quelli che stanno sempre dietro pur di non disturbare.
Nonostante il film esprima fortemente il bene e il male avvertendoci fin da subito chi siano i buoni e chi i cattivi, Lazzaro non giudica nessuno, ha una fiducia incondizionata nel prossimo. Ciò non significa che si comporti sempre bene e che vada considerato in ogni circostanza un eroe positivo”, ha continuato la giovane regista. Nel cast, oltre ad Alba Rohrwacher che interpreta Antonia, ex mamma bambina rincontrata da Lazzaro in una città alienante e alienata, anche Nicoletta Braschi nel ruolo di Alfonsina De Luna, la perfida marchesa che tratta come schiavi i contadini: “Sono commossa, il film ha toccato corde profonde della mia anima. Quando ho cominciato a lavorare su Alfonsina, ho cercato di passarle il disgusto che sentivo per il personaggio, spero si avverta che anche lei si biasima un po’. Sono grata ad Alice per avermi affidato il ruolo dell’antagonista e mi piace che questo personaggio continui a esistere anche quando nel film non si vede più, e succede perché tutti gli altri personaggi parlano di lei e della sua crudeltà”, ha dichiarato la Braschi. “Nella sceneggiatura la marchesa era un personaggio molto in bianco e nero.
Nicoletta mi ha dato la possibilità di dare profondità ad Alfonsina grazie alla sua gentilezza e alla sua dolcezza. E forse, in un certo senso, la cattiveria gentile è assai peggiore della cattiveria crudele. Infine, Nicoletta è una donna fuori dal tempo e perciò era perfetta per una vicenda che non è possibile collocare in un’epoca precisa”, le ha fatto eco la regista.
foto: Ansa