Un recente studio sembra aver individuato le cause di questo invalidante disturbo in un afflusso di sangue non regolare al cervello
Disturbo molto diffuso nel mondo, tanto che ne soffrono 70 milioni di persone, di cui 1 milione in Italia, la balbuzie è altamente invalidante e ai disagi pratici possono aggiungersi quelli psichici, che pongono il soggetto in una frustrante condizione di ansia e impotenza. Più diffusa negli uomini, può essere più o meno grave, poco o molto invalidante a seconda dei casi, consistendo nella semplice ripetizione di parti di parole, di parole intere o addirittura di intere frasi.
In alcuni casi può anche essere caratterizzata da suoni molto prolungati, blocchi improvvisi o continue pause. Ne sono stati affetti alcuni tra i più celebri personaggi storici e non: dal celebre caso di Giorgio VI, re d’Inghilterra (le cui vicende, comprese le sue difficoltà di linguaggio, sono state narrate nel recente film ‘Il discorso del re’), al grande statista inglese Winston Churchill, da Isaac Newton ad Aristotele e Darwin. Fino al recente passato si credeva che il problema fosse di origine genetica mentre adesso, grazie ad un recente studio del Children’s Hospital di Chicago, pubblicato sulla rivista scientifica Human Brain Mapping, si ritiene che la balbuzie possa essere causata da un afflusso ridotto di sangue nelle porzioni del cervello preposte all’elaborazione del linguaggio.
Le cause potrebbero risiedere nell’area di Broca della corteccia frontale, dove originano le frasi, e nel lobo posteriore dove invece vengono rielaborate le parole ascoltate.
I ricercatori avrebbero scoperto che in queste due zone l’irrorazione del sangue risulta ridotta e, in generale, che quanto più minore è il flusso sanguigno nelle regioni specifiche del cervello, tanto più grave ne risulta la balbuzie: in sostanza il flusso sanguigno è inversamente proporzionale alla gravità della balbuzie, come ha spiegato il ricercatore Jay Desai.
Per arrivare a queste conclusioni gli studiosi si sono avvalsi di un esame in grado di monitorare il comportamento dei neuroni. Da questo studio, secondo il coordinatore Bradley Peterson, sono emersi risultati decisamente sorprendenti che aprono una nuova finestra sul cervello.
Se tali risultati venissero confermati, si aprirebbe una nuova frontiera per lo studio e il trattamento di questo disturbo del linguaggio. Attualmente, l’approccio adottato contro la balbuzie si basa su una specifica terapia del linguaggio che aiuta chi ne soffre a fronteggiare il disagio. Infatti molti dei soggetti affetti da balbuzie sono timidi, ansiosi, depressi o insicuri; ma se tutto questo è una conseguenza, e non la causa, del loro balbettare che nasce invece da una anomalia fisica, si potrà provare ad intervenire con altri approcci, quali interventi chirurgici e cure adeguate per i vasi sanguigni. Interessante inoltre anche un altro aspetto: se la balbuzie indica un irregolare afflusso di sangue al cervello, la patologia potrebbe anche essere un campanello di allarme per futuri e diversi problemi come, ad esempio, l’ictus. Insomma, monitorando la balbuzie e la sua gravità si potrebbero prevenire danni ben peggiori.