Dal dopoguerra ad oggi secondo il Censis sono stati quattro i milioni di italiani e stranieri che sono stati coinvolti in inchieste giudiziarie e poi risultati innocenti
Chissà perché in Italia non mancano affatto i bravi professionisti, ma poi accade che il settore nel quale lavorano non offra servizi di livello adeguato. Prendiamo i politici: esistono politici di ottimo livello, però la politica fa acqua da tutte le parti. Prendiamo i medici: esistono medici di grandissimo livello e valore, ma poi gli ospedali funzionano poco, per cui da un’équipe medica si possono ottenere grandi risultati, ma la sanità – intesa anche come organizzazione del servizio – complessivamente non funziona. Potremmo prendere la scuola, la giustizia o altri settori: esistono ottimi insegnanti, ottimi giuristi, ma poi il servizio scolastico, la giustizia, funzionano non sempre e non dappertutto ad un certo livello.
Tutto questo per dire che da un’inchiesta che il quotidiano Il Tempo ha sviluppato in cinque articoli è emerso che secondo il Censis, dal dopoguerra ad oggi sono stati quattro milioni gli italiani coinvolti in inchieste giudiziarie e che poi sono risultati innocenti. Per coinvolgimento s’intende che sono stati indagati, arrestati e poi prosciolti o anche condannati e poi riconosciuti innocenti. Si parla di quattro milioni, non di pochi sfortunati, cioè circa 50 mila all’anno. Non è uno scherzo. Prendiamo il caso di Yara Gambirasio: non c’è ancora un colpevole, ma il marocchino Mohammed Fikri è stato indagato, arrestato e poi prosciolto. Prendiamo il processo Meredith Kercher: finora è stato condannato in via definitiva Rudi Guede, ma Amanda e Raffaele sono stati prima indagati, poi arrestati, poi ancora condannati e infine, al processo di secondo grado assolti. Manca il passaggio successivo per loro due, ma per Patrick Lumumba c’è stato il proscioglimento dopo essere stato arrestato. Di casi come questo ce ne sono a migliaia: quattro milioni dal dopoguerra ad oggi, appunto.
Abbiamo ottimi investigatori, ottimi avvocati, ottimi magistrati e ottimi giudici, ma poi si assiste a questo scempio. Del resto, la confusione che regna in questo settore la si può constatare entrando – semplicemente entrando – in un Palazzo di Giustizia. E veniamo alle altre cifre. Sono 25 mila gli italiani e non che dal 1989, anno dell’antrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, a cui è stato riconosciuto un risarcimento per ingiusta detenzione. Il risarcimento per ogni giorno di carcere ingiusto è di euro 235,83, 117,91 per chi è stato detenuto agli arresti domiciliari, cioè la metà. Il fatto è che non tutti quelli che hanno passato giorni e mesi ed anni in carcere ingiustamente ottengono il risarcimento. Basta un cavillo giuridico, una domanda incompleta, per non vedersi riconosciuto il danno subìto. Ogni anno vengono presentate 2500 domande da cittadini vittime di ingiusta detenzione per ottenere un risarcimento, ma solo circa ottocento all’anno vengono accolte. Le altre vengono rigettate per motivi che non attengono al merito della richiesta ma alla forma. Si vede che per non pagare il danneggiato la presenta da sé, incorrendo in errori formali.
Volendo continuare con le cifre, la somma che lo Stato ha speso dal 1989 ad oggi per risarcire i cittadini detenuti ingiustamente è di 550 milioni di euro, mentre sono 30 i milioni di euro rimborsati alle persone risarcite per “errori giudiziari”. Come mai una differenza così grande? Semplice: i 30 milioni sono andati alle vittime di “errori giudiziari”, cioè arrestati, condannati dopo tre gradi di giudizio e poi riconosciuti innocenti. Gli altri fino a 550 milioni sono andati a chi è stato arrestato, si è fatto giorni o mesi di carcere e poi è stato prosciolto prima del giudizio finale. In questo secondo caso rientra, ad esempio, Mohammed Fikri, nel primo un certo Giuseppe Gulotta, che ha passato in prigione ben 22 anni per essere stato riconosciuto colpevole di due omicidi. Dopo i tre gradi di giudizi e dopo 22 anni è stato riconosciuto innocente e si è appurato che la confessione che aveva fatto gli era stata estorta a forza di botte dagli agenti che conducevano l’inchiesta. Succede anche questo.
L’inchiesta giornalistica ha fatto emergere un altro particolare: non vengono condannate solo persone sconosciute, ma anche persone note. Enzo Tortora è rimasto negli annali della giustizia ingiusta, ma anche Serena Grandi, Gigi Sabani, Lelio Luttazzi, Gioia Scola, Calogero Mannino e Antonio Gava. Dettaglio di un sistema che fa acqua da tutte le parti: la capienza delle carceri italiane è di 45.588 detenuti, ma le persone incarcerate sono state, al momento dell’inchiesta, ben 66.632. Sono dati diffusi in un rapporto intitolato “Senza dignità 2012”, diffuso dall’Associazione Antigone. Al ministero della Giustizia si sono alternati ministri di ogni colore politico, che hanno promesso di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri: i ministri sono cambiati ma il problema resta.
Ultima cifra: le cause intentate dal 1988 ad oggi per responsabilità civile delle toghe sono state 406, le cause che si sono concluse con una condanna appena 4. A giudicare le toghe sono altre toghe e cane non mangia cane.