Nel 2012 sono usciti due importanti studi sulla differenza di trattamento tra donne e uomini, un tema purtroppo sempre attuale . Il primo a cura del World Economic Forum nel mese di ottobre il ”Global Gender Gap”, consultabile anche in internet:
Alcuni studiosi americani hanno esaminato le condizioni di vita di donne e uomini di 132 nazioni esaminando specialmente quattro aspetti:
- Partecipazione alla vita politica a livello decisionale
- Stato di salute e aspettative di vita
- Accesso all’istruzione di base e di livello superiore
- Partecipazione economica ed opportunità (accesso a stipendi e lavori qualificanti).
Risulta che esiste un”gap” cioè una differenza nel modo di dividere le risorse e le opportunità tra la popolazione maschile e quella femminile in tutte queste nazioni, anche se di diversa ampiezza. In base a questi risultati hanno redatto una classifica: nei primi posti si trovano Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Irlanda, le nazioni in cui sono riusciti ad eliminare più dell’80% delle disuguaglianze.
La Svizzera è al decimo posto, la Germania al tredicesimo e l’Italia? L’Italia occupa l’80° posto, dopo tanti stati tra cui Kenia, Cina, Perù, Botswana e quindi rispetto al 2008, in cui occupava il posto 67°, è scesa di molto Ha perduto posizioni nel campo dell’istruzione, nel numero di donne in posti dirigenziali, nella retribuzione. Al contrario la Svizzera è salita perché nel 2007 occupava il 40° posto ed ora si trova al 10°. Evidentemente in questi anni hanno lavorato per cambiare la situazione.
Confrontiamo il punteggio assegnato all’Italia e alla Svizzera:
- Partecipazione alla vita politica: Italia 71 – Svizzera 13
- Stato di salute: Italia 76 – Svizzera 68
- Istruzione: Italia 67 – Svizzera 71
- Partecipazione all’economia ed opportunità di lavoro: Italia 101 – Svizzera 28.
Quindi le donne in Italia accedono all’istruzione, ma hanno poche possibilità di accesso al mondo del lavoro ed ai livelli più alti della politica.
Al contrario le donne in Svizzera hanno un livello più basso di accesso all’istruzione, ma maggiore accesso al mondo del lavoro, anche a livelli dirigenziali ed alle alte sfere della politica. In questo studio si afferma inoltre che le donne costituiscono un capitale umano e che appianare le differenze di genere può portare al successo in un mondo sempre più competitivo. Anche l’Europa si è occupata del problema delle differenze di trattamento tra donne e uomini. Infatti, l’OCSE ( rganizzazione europea per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha prodotto un rapporto dal titolo: ”Closing the Gender gap : act now”, consultabile in internet
www.oecd.org/gender/closingthegap
Come risulta la situazione dell‘Italia?
Nel campo dello studio le donne hanno ottenuto migliori risultati con il 59% di laureate donne, poche però quelle laureate in ingegneria (33%) ed in informatica (15%)
La partecipazione femminile al mondo del lavoro è del 51% rispetto ad una media europea del 65%.
Le donne manager nel 2010 erano un terzo, la loro partecipazione ai consigli di amministrazione di aziende quotate era il 7% nel 2009. Per cambiare la situazione hanno poi introdotto la quota di genere del 30% per i consigli di amministrazione, i sindacati, le liste elettorali.
Donne imprenditrici? Solo il 22% e poi di imprese di piccole o medie dimensioni con un metà del reddito degli uomini.
Come ridurre le differenze di genere?
Si dovrebbe intervenire a diversi livelli: la scuola, la famiglia, la società, la politica.
Il primo problema è che da noi le differenze di genere esistono, sono ben radicate nella nostra società, nel modo comune di pensare e pochi se ne preoccupano.
Ci sono gli stereotipi, contro cui si dovrebbe lottare, che tramandano una visione delle donne antica ed ingenerosa: esseri in genere inferiori all’uomo, comunque destinate solo alla cura della casa, della famiglia.
Spesso sono già i genitori che anche se in modo inconsapevole indirizzano le figlie secondo stereotipi e non le lasciano vivere liberamente e poi spesso anche a scuola si continua con stereotipi .
Interessante è la lettura di due testi base sul tema:
- “Dalla parte delle bambine” di Elena Bellotti, Feltrinelli 2002, che illustra l’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita.
- “Ancora dalla parte delle bambine” di Loredana Lipperini, Feltrinelli 2007, che si interroga sui modelli delle nuove bambine. Non è forse preoccupante che in certi ambienti si concentri tutto sulla bellezza e su un destino di accudimento?
Lo stesso ministro Fornero ha riconosciuto che ”in Italia essere donna è un ostacolo, sembra che ci sia un accanimento verso le donne. Solo 1/3 delle donne lavora e molte hanno stipendi inferiori a quelli degli uomini.“ (Repubblica del 21 novembre 2012) In questo momento è difficile per tutti trovare lavoro questo è vero, ma il discorso che stiamo facendo va oltre il momento contingente ed investe tutta la considerazione che si ha delle donne.
Purtroppo succede che una grande ricchezza di capitale umano che ha investito anni nello studio e nella formazione da noi non viene utilizzata, come se non venisse riconosciuta degna di attenzione. Da qui deriva frustrazione, senso di impotenza.
Che possiamo fare noi semplici cittadini?
Possiamo impegnarci contro stereotipi sulla donna vecchi di secoli e diffondere tra amici e conoscenti idee positive di parità di genere e chiedere di partecipare alla vita politica economica e sociale del paese anche ai livelli più alti.
Dobbiamo portare avanti una nuova considerazione delle donne e delle loro capacità e contribuire a creare una mentalità diversa, più moderna e flessibile.
Può sembrare poco, ma invece è importante perché grande è la forza delle idee: sono libere, si diffondono, diventano patrimonio di molti ed alla fine producono cambiamenti…
Se le donne anche da noi verranno considerate capitale umano, esseri dotati di risorse, non più destinate a ruoli subalterni e di dipendenza allora avremo veramente raggiunto l’uguaglianza.