Intervista a Ornella Ferro, candidata dei Verdi al Consiglio Nazionale
Signora Ferro, perché vuole andare a Berna?
Voglio andare a Berna, perché lì si decidono tante cose, che devono essere svolte anche nei cantoni e i comuni. Berna è diventato il posto decisivo. Io vorrei occuparmi molto di più delle questioni nazionali ed europee. Nel consiglio nazionale si hanno più contatti con i Paesi europei.
Lei come doppia cittadina porta anche un po’ di italianità nella politica?
Naturalmente sono sensibile su temi come l’immigrazione, la naturalizzazione e il diritto di voto. Questi argomenti in genere sono le questioni degli italiani.
Sul suo sito Lei scrive che il cantone di Zurigo è molto lontano da una politica d’integrazione aperta. Perché? Che cos’è una politica d’integrazione aperta?
Questa è una bella domanda. Una politica d’integrazione aperta vuol dire innanzitutto che bisogna conoscere la situazione. Noi abbiamo diversi gruppi di stranieri. Se si parla di integrazione, si pensa subito alle donne musulmane con il velo, sottomesse. Oppure, si pensa al matrimonio forzato. Oppure, ancora, si pensa ai giovani che hanno difficoltà ad acquisire una formazione. Però, per me, l’integrazione è un argomento più complesso. Integrarsi vuol dire essere presenti, sapersi muovere…Per me integrazione vuol dire vivere insieme, cioè anche andare incontro a quelli che sono qui da poco. Bisogna riflettere e far riflettere. L’integrazione non avviene solo attraverso la lingua. Certo, la conoscenza della lingua è importante. In passato, però, c’era tanta gente che non ha mai imparato il tedesco ma che era comunque integrata. Ciò che conta è riuscire a vivere insieme. Questa per me è l’integrazione.
La pensano così non solo gli svizzeri, ma anche tanti stranieri, che sono contro l’immigrazione di altri stranieri. Come si può cambiare questo modo di pensare?
Sono convinta che i media hanno la loro parte di responsabilità. Si fa anche differenza tra immigranti, tra quelli benestanti e di cultura elevata e quelli meno benestanti. Ma è stato provato che i problemi di integrazione sono uguali per tutti. Ci sono anche molti lavoratori che restano solo un paio d’anni. Nessuno chiede a queste persone di integrarsi, perché tanto vanno via, ma è sbagliato. Anche gli stagionali degli anni 50 e 60 pensavano di tornare in Italia o in Spagna, poi, invece, sono rimasti. Si parla spesso del fatto che gli immigranti sono importanti per la nostra economia, ma non si parla mai delle persone o delle loro culture.Secondo me, nella nostra società bisogna prendere atto che esistono gruppi diversi, e che dobbiamo comunicare di più. Certamente esistono anche dei problemi, ma questi ci sarebbero comunque, anche senza gli stranieri. Solo che allora non si potrebbe dare così facilmente la colpa a qualcuno.
I primi passi verso l’uscita da nucleare sono compiuti Come si prosegue?
Noi verdi vogliamo che l’uscita e la data dell’uscita definitiva venga scritta dentro la Costituzione. Abbiamo lanciato un’iniziativa per una uscita graduale entro il 2029. D’altra parte, bisogna promuovere le energie rinnovabili. C’è un programma statale per la sponsorizzazione di energie rinnovabili. Il problema è che questi soldi non bastano, ci sono per ora 11’000 richieste, ma tutte in lista di attesa. Si parla molto della crisi economica, di cui si sente poco, ma che si farà sentire molto nei prossimi anni. Però, va detto che in questo settore in Svizzera nasceranno tantissimi nuovi posti di lavoro.
Tante famiglie non possono più pagare i premi della cassa malati, i Verdi vogliono una cassa malattia unica, ma come saranno i premi? Non saranno cancellati tanti posti di lavoro?
Per ora, la cassa malati è obbligatoria per legge ma gli operatori sono tutti privati. I privati hanno bisogno di tanti soldi per il management e per la pubblicità, che si risparmierebbero con una cassa unica. Da una parte si risparmierebbe, d’altra si risolverebbe il problema di certe casse malattia non prendono persone con un passato difficile. Le casse vogliono assicurati che costano poco, quindi sopratutto giovani. I premi non cambierebbero di molto, non credo che verrebbero abbassati, però potrebbero venir livellati in modo da non subire aumenti. Tutto il pacchetto dovrebbe essere rivisto completamente.
Adesso, se i premi sono troppo alti, si può anche cambiare cassa malattia; dopo, con una cassa unica, questo non sarebbe più possibile. Cosa succederebbe se comunque una famiglia non fosse in grado di pagare il premio?
È tutto ancora in discussione, ma ci sono diverse possibilità. Si potrebbe cambiare ad esempio il sistema delle tasse per aiutare queste famiglie. Un’altra possibilità potrebbe essere che i bambini non paghino più il premio. Un’altra ancora potrebbe essere di adattare i premi al salario, ma questo il popolo svizzero in passato non l’ha accettato. Come detto, non ci sono ancora soluzioni concrete, il pacchetto dovrà essere affrontato globalmente.
Ci sono sempre più donne nel ruolo di leader, ma ci sono ancora notevoli differenze di salari. Perché la parità è ancora lontana?
Se lo sapessi, saprei anche dove iniziare. È vero che ci sono tante donne che occupano posizioni elevate, ma sono troppo poche, anche nella politica. In altri Paesi come la Svezia hanno introdotto le quote. Lo Stato ha deciso che in un consiglio d’amministrazione il 30% devono essere donne. In Svizzera, poi, ci sono quelli che dicono che non è tanto questione di donne o di uomini, ma di merito. Ma io affermo che le donne sono qualificate. La cura dei bambini in tanti posti ancora non è regolata. In altri Paesi questo problema è stato affrontato meglio. Ci sono tante donne dotate di elevata formazione le quali, però, appena hanno figli, vedono sorgere davanti a loro ostacoli enormi. Anche i salari sono un grosso problema, le differenze di salario perpetuano anche le differenze tra donna e uomo all’interno di una relazione. Una soluzione potrebbe essere l’introduzione delle quote.
Info: www.ornellaferro.ch
Manuela Salamone