La giustizia italiana s’interessa ai casi dei lavoratori italiani nelle fabbriche Eternit in Svizzera
Secondo la procura torinese circa 200 lavoratori italiani, che hanno lavorato nelle sedi del gruppo Eternit a Niederurnen (GL) e Payern (VD), dopo il rientro in Italia si sono ammalati e deceduti per la conseguenza della troppa esposizione all’amianto. Dopo la condanna in prima istanza a sedici anni di carcere di Stephan Schmidheiny nel processo di Torino lo scorso 14 febbraio, per disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche, il sostituto procuratore di Torino Raffaele Guariniello sta preparando una seconda accusa nei confronti dello stesso Schmidheyni. Nell’intervista al telegiornale svizzero tedesco Guariniello ha detto: “A noi interessano soprattutto i casi dei lavoratori italiani, che hanno lavorato all’estero. In questi casi al momento si prospetta un reato di omicidio colposo”. Da anni in Svizzera le vittime dell’asbesto lottano senza successo per ottenere giustizia. Per la prescrizione dopo dieci anni, la giustizia svizzera non ha trattato alcun caso di amianto, neanche quelli riguardanti i lavoratori italiani, e le vittime non avuto alcuna possibilità di un regolamento giudiziario.
Le nuove indagini sono state accolte positivamente dall’associazione per le vittime di asbesto e dei loro parenti. A Niderurnen, nella prima riunione dopo la sentenza di Torino, l’associazione ha dato la sua disponibilità a collaborare con la giustizia italiana. Stephan Schmidheiny, ai tempi proprietario del gruppo svizzero Eternit, contesta anche in questo secondo caso tutte le accuse della giustizia italiana. Raffaele Guariniello si propone di terminare le indagini su Niederurnen e Payern entro l’estate.
Gaetano Scopelliti