“Ho visto il Papa piangere di emozione e mi sono sentito liberato da un grande peso. Non mi aspettavo scuse dal Papa, ma ho visto in lui e nel vescovo di Malta l’umiltà di una Chiesa che in quel momento rappresentava tutto il problema della Chiesa moderna. Il Papa ha appoggiato la mano sulla testa di ognuno dei partecipanti all’incontro, benedicendoli. Mi sono sentito liberato e sollevato da un grande peso.” Queste le parole, tra le lacrime, di Lawrence Grech, una delle vittime di un prete-pedofilo, poco dopo l’incontro, a Malta, con Papa Benedetto XVI.
Un Papa profondamente commosso dalle storie dei ragazzi vittime di abusi ad opera di esponenti del clero, che ha espresso la sua vergogna e il suo dolore per quanto hanno dovuto subire. A ribadirlo le parole del giovane Joseph Magro: “Tutti abbiamo pianto, anche il Papa. Ha parlato con ciascuno di noi. Quando mi sono avvicinato gli ho detto il mio nome. Mi ha risposto ‘Joseph come me’. Aveva gli occhi lucidi. Gli ho chiesto ‘Perchè un prete ha fatto questo?’.Mi ha risposto di pregare, di pregare per lui”. Nelle lacrime dei “colpevoli” e delle vittime, della massima autorità di quell’istituzione cui appartengono gli uni e dei “simboli” delle altre, si racchiude il recente passato di una Chiesa, quella Cattolica, che si ritrova ancora una volta a dover chiedere scusa per le sue colpe. Come in passato Papa Wojtyla, oggi Papa Benedetto e domani chissà…
Ma è davvero così recente questa colpa, questo dramma, questo scandalo, questa vicenda, insomma, che rende sinonimi nel male i più brutti termini dell’italica lingua? E davvero chiedere scusa può bastare?
Spiegazioni, ricerche, statistiche, studi e commenti hanno riempito con diversi concetti ed opinioni pagine di giornali e programmi televisivi; da una ricerca si evince che il tasso di sacerdoti cattolici condannati per pedofilia è nettametne inferiore a quello dei ministri protestanti; e questo scagionerebbe il Vaticano e i preti cattolici solo perché altri hanno fatto di peggio? Si è parlato anche dell’origine e della radice degli abusi, creando spesso relazioni, quasi alibi, nella realtà circostante: uno su tutti la tentata relazione tra casi di pedofilia ad opera di preti e il celibato degli stessi.
Ma non è additando gli altri o creando alibi che la Chiesa guarisce dai suoi mali; statistiche e spiegazioni dimenticano il nocciolo del problema: il sacerdote, privato della tunica, resta semplicemente un uomo, fallibile e punibile come chiunque altro e, soprattutto, condannabile come tutti; e se una grande colpa alla chiesa cattolica si vuol dare è quella di aver cercato a lungo di nascondere le colpe di questi individui, prima uomini di cui valutare la condotta e solo poi parte di una Chiesa che non può sempre, dopo anni, chiedere scusa quando le colpe commesse vengono svelate dal tempo.
Detto questo rimane evidente, come realtà e non come alibi, che la pedofilia non è esclusiva nè predominante delle istituzioni cattoliche o di una Chiesa in particolare, anche se spesso stumentalizzata contro questa.
Rimane, su tutti, il fatto che i colpevoli sono tali, senza sconti nè alibi, nella Chiesa come nella comune società civile, e pene e rimedi devono essere uguali perchè la Chiesa in quanto tale non continui ancora a portare il peso, anch’essa, di una colpa ulteriore: quella di indurre le vittime al silenzio per nascondere o sottovalutare abusi e colpe che le lacrime di nessun Papa serviranno mai a cancellare.
Isabella La Rocca