Secondo l’UDC è inevitabile la denuncia della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
Ciò che decide il popolo è legge e ogni tentativo di annacquare il diritto interno appellandosi al diritto internazionale o estero va combattuto. Questo lo scopo che di prefigge il progetto di iniziativa popolare presentato lo scorso martedì dall’UDC che potrebbe sfociare anche nella denuncia della CEDU, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. I principi del diritto internazionale imperativo (genocidio, tortura, ecc.) vengono salvaguardati. Il motivo principale sarebbe che senza queste misure non potrà essere messa in atto l’iniziativa espulsioni. Il via libera alla raccolta delle firme, ha dichiarato il vicepresidente dei democentristi Christoph Blocher, avverrà solo dopo che i delegati si saranno espressi sul testo il 24 di ottobre prossimo. Il sì appare scontato.
Sotto accusa sono finiti non solo il Consiglio federale e alcuni professori che difendono la precedenza del diritto internazionale su quello interno, ma anche il parlamento che si rifiuta di “applicare l’iniziativa sul rinvio degli stranieri criminali e pensa addirittura di dichiarare parzialmente non valida l’iniziativa di attuazione”, ha sottolineato Blocher. Il progetto di articolo costituzionale prevede che il legislatore debba adeguare il diritto internazionali al diritto costituzionale qualora vi siano delle contraddizioni tra questi due ambiti. Se tale nodo non potesse essere sciolto, si andrebbe verso la denuncia pura e semplice degli impegni internazionali, compresa la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.
Con questa legge la Svizzera sarebbe uno dei due stati, insieme alla Bielorussia, che non ratificano la CEDU. Inoltre è ben possibile che la Svizzera dovrebbe ritirarsi anche dal Consiglio europeo di cui fa parte dal 1963, questo dovuto al fatto che l’applicazione della CEDU finora era la condizione per un’appartenenza al Consiglio europeo. Per definire il diritto internazionale l’UDC rimanda all’accordo di Vienna sul diritto dei contratti del 1969, secondo il quale fanno parte del diritto internazionale soltanto le norme legittimate la comunità internazionale degli Stati. Di queste norme fanno parte anche accordi generali come la proibizione della tortura, di punizioni inumane, di schiavitù, genocidio, ma anche la proibizione di bandire persone che nel paese di origine vengono discriminati o minacciati per la razza, religione o convinzioni politiche. L’UDC ha reso noto che sarebbe inoltre possibile effettuare in Svizzera una votazione popolare e l’introduzione della pena capitale.
La pena di morte nell’Ue
Nel 1998 i paesi dell’Unione europea hanno deciso di intensificare le loro attività nella lotta contro la pena di morte. All’epoca la pena capitale era stata abolita nella maggior parte dei paesi dell’UE, e quelli che non l’avevano ancora abolita non la applicavano. Attualmente tutti i paesi dell’Unione hanno ratificato il 6° protocollo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo concernente l’abolizione della pena di morte. Si noti inoltre che l’abolizione della pena di morte figura tra le condizioni previste per entrare a far parte dell’UE. Con la firma del 13° protocollo della convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), tutti i paesi dell’Unione europea (UE) si sono impegnati ad abolire definitivamente la pena di morte in tutti i casi. Si sono altresì impegnati ad applicare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in base alla quale “nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato”. Per migliorare il rispetto dei diritti umani e rafforzare in tal modo la dignità umana nei paesi extra UE, l’UE inoltre si adopera per l’abolizione universale della pena di morte.
Gli elementi chiave dell’approccio dell’UE includono iniziative di carattere generale, dove la questione della pena di morte è sollevata nell’ambito dei dialoghi e delle consultazioni dell’UE con i paesi terzi. Laddove la pena di morte viene mantenuta, l’UE cerca di promuovere il rispetto di norme minime di cui fa parte ad esempio che si può imporre la pena capitale unicamente per i crimini intenzionali più gravi e violenti; che non si può imporre la pena capitale alle persone che non hanno raggiunto i 18 anni al momento in cui hanno commesso un crimine, alle donne incinte, alle madri con figli in giovane età e alle persone sofferenti di alienazione mentale oppure che la pena capitale deve essere eseguita infliggendo il minimo possibile di sofferenze.