Secondo lo scrittore americano Joe Queenan che lo ha scritto sul Wall Street Journal
Anni fa, negli anni ottanta, fummo rappresentati da Der Spiegel con una copertina odiosa ma veritiera: una pistola sopra un piatto di spaghetti: erano gli anni del terrorismo. Oggi che abbiamo lo spread alto, di solito siamo conosciuti per il debito pubblico, uno dei più alti al mondo. Da qualche giorno abbiamo un altro primato, questa volta, però, positivo e vero: le mamme italiane sono le migliori del mondo. A dirlo non è Der Spiegel, ma il Wall Street Journal, prestigioso quotidiano americano di economia e finanza. L’articolo che consacra le mamme italiane è stato scritto da Joe Queenan, uno scrittore che, come si può vedere anche dal nome e dal cognome, non è italiano e non ha parenti, nemmeno alla lontana, con gl’italiani. Se primato è, dunque, ü un primato certificato senza raccomandazioni. Quella di Joe Queenan è solo in parte un’opinione, come vedremo, in gran parte deriva dal confronto tra i profili delle mamme di tutti i Paesi e di tutti i continenti, stilati da psicologi e pedagogisti che, a loro volta, hanno formulato giudizi sulla base delle loro conoscenze e delle caratteristiche delle mamme “locali” emerse da vari studi. Ci sono, dunque, le mamme cinesi, definite mamme “tigri”. Perché? Perché i loro figli crescono nella disciplina e nella inflessibilità e vengono legati alla sedia, se necessario, se non hanno voglia di studiare. Inoltre, viene impedito loro di vedere la televisione (ammesso che tutte le mamme ce l’abbiano). Insomma, le cinesi danno l’idea di donne perennemente arrabbiate e rabbiose se i loro pargoli, anzi, il loro pargolo (le cinesi non possono avere di regola più di un figlio) non ubbidisce. Ci sono le mamme francesi che, diversamente dalle cinesi, non ossessionano i loro figli con le ansie e i timori, ma vietano ai loro figli di mangiare a tutte le ore (e fanno bene), ma non sacrificano la loro femminilità. Tra una carezza, una coccola o un’attenzione particolare ai loro figli e l’essere guardate e ben figurare, beh, le francesi preferiscono queste ultime due caratteristiche. Mamme sì, ma non a scapito anche del loro benessere estetico. Un segno di quanto detto? Spingono il passeggino indossando la scarpe con tacchi a spillo. Un altro segno? Insegnano ai loro eredi soprattutto le buone maniere e a cavarsela da soli. Insomma, pensano più a educarli all’autonomia che a garantire loro affetto e protezione.
Poi ci sono le mamme gallesi, distaccate come gli aristocratici trattavano i loro contadini e avare di complimenti e di affettuosità, come solo i militari sanno fare. E passiamo alle mamme della Mongolia, mamme particolari, bisogna dirlo, perché i loro mariti restano fuori casa per lunghi periodi, dunque i loro figli vengono trattati con affetto e con dolcezza e soprattutto vivono in gruppo. In sostanza, fanno quello che vogliono, in maniera pacifica e rassegnata, senza spinte. Ci sono, infine, (non possiamo tratteggiare il profilo delle mamme di tutto il mondo per ovvie ragioni) le mamme delle isole Fiji, le quali non sono mamme tigri, non sono mamme severe o distaccate, semplicemente sono mamme che affidano i loro figli alla natura e al paesaggio, dove i bimbi fanno quello che vogliono anche perché non corrono pericoli di sorta. Il loro difetto non è che se ne disinteressino, ma che non danno loro un messaggio educativo. I figli, in poche parole, crescono senza sapere esattamente cosa devono diventare, senza ordini né regole. Dal confronto dei profili delle mamme, lo scrittore americano trae il suo giudizio, che è il seguente: “Le mamme migliori sono senz’altro le italiane: amano tantissimo i figli, li trattano con modi affettuosi, li riempiono di coccole, si occupano di loro, sono protettive ma non soffocanti. Per questo i bambini quando crescono diventano veri e propri pilastri della società. E poi le italiane sanno anche cucinare benissimo, regalando amore anche attraverso deliziosi piatti”. A noi viene un dubbio: che Joe Queenan sia più interessato ai piatti prelibati preparati dalle mamme italiane che ai loro metodi educativi, ma è un dubbio che non possiamo sciogliere. Tuttavia, sicuramente è un giudizio influenzato dalle impressioni infantili. D’altra parte, è lui stesso a confessarlo: “Quando ero piccolo, il mio compagno di giochi Richie Giardinelli (dal cognome non era certo cinese, ndr) era un bambino davvero fortunato: la sua mamma italiana non soltanto era dolce e affettuosa con lui, ma gli cucinava anche piatti prelibati, soprattutto cannelloni ripieni, pasta al forno e polpette, come non capitava a nessun altro di noi che avevamo mamme americane o originarie di altri Paesi. E siccome anche questa è una forma di amore, posso dire di non aver conosciuto nessuna donna che volesse così tanto bene ai suoi figli come la madre del mio amichetto”. Fin qui il giudizio di Joe Queenan, che è stato ripreso da moltissimi giornali nel mondo ed ha fatto scuola, ma ad incaricarsi di distruggere questo giudizio positivo chi ci pensa? Beh, avete indovinato: gl’italiani stessi. Lo psicologo Marco Baranello, direttore dei Ctp (centri di terapia psicologica) di varie città italiane, da Roma a Napoli e a Milano, ha detto: “Il giornale americano rende omaggio ad una mamma chioccia, iperprotettiva, disposta a stare ore ai fornelli per accontentare ogni desiderio dei suoi figli. Si tratta però di un’immagine di madre che sembra appartenere più ai nostri ricordi di bambini che al nostro presente, in cui le mamme, superimpegnate e divise tra lavoro e famiglia, delegano sempre più spesso ad altri, a nonni e baby-sitter, molti dei loro compiti”.
E’ proprio vero: i peggiori nemici degli italiani sono gl’italiani stessi.