Al momento non conosco quale sarà il verdetto della troika (gli emissari della Banca centrale europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea) sulla crisi economica e finanziaria della Grecia e il possibile default. La parola definitiva toccherà, poi, alla politica.
Ai capi di stato europei riuniti per emettere la sentenza definitiva: salvezza o fallimento.
La Grecia, dico io, la patria di una civiltà – basterebbe citare Platone – a cui tutti noi europei tanto dobbiamo del nostro attuale sapere.
La Democrazia, (dal greco, potere del popolo) e l’ Agorà, (la piazza principale della polis) rappresentano quanto di grande e profondo quel popolo ha lasciato in eredità all’Europa e al mondo.
Non saranno i membri della discordia, divisi su tutto, a stabilire il destino della nazione ellenica.
Almeno, io spero.
Povera Grecia, quella che conobbi negli anni del mio soggiorno lavorativo aldilà del mediterraneo nella vicina Libia del Re Idris prima, del dittatore Gheddafi poi.
Al potere dal mille novecento sessanta sette, la giunta fascista dei colonnelli, guidati da Papadopoulos, e a seguire, da altri satrapi sanguinari, aveva ridotto la Grecia, Atene in particolare, ad un non so che di cimitero vivente.
Il cuore batteva ancora. Tutto era tristezza e desolazione.
Rendersene conto fu, per me, come tornare alla prima fanciullezza.
A quei giorni di aprile del 1945 in cui, nascosto nel solaio della casa-baita natia tra le braccia protettive di mia madre, scorsi l’ultima brigata degli uomini neri in ritirata verso l’imminente disfatta.
Certo, abbandonare talvolta la Cirenaica o Kufra e il suo deserto violentato dal ghibli, imbarcarsi a Bengasi sul Fokker F 28 che, in cinquanta minuti o poco più, ti faceva ammirare dall’alto l’Acropoli, era pur sempre, almeno da lassù, una gioia di maestosa bellezza.
Purtroppo, tutto finiva lì.
Come quella sgangherata corriera da me conosciuta negli anni cinquanta in polverosa ascesa verso la zona franca di Livigno attraverso il passo della Forcola.
Ai lati della carreggiata, cosparsa da buche profonde e al cui impatto udivi gemere la vecchia ferraglia quasi fosse colpita dalla lancia scagliata da Achille, alti muri eretti e secco per impedire al mezzo di fracassarsi nelle rocce sottostanti. Fu Atena a offrirgli in sorte l’onore e l’effimera gloria di uccidere il mitico Ettore, eroe dei valorosi troiani, a cui il destino e gli Dei nulla diedero se non una rovinosa disfatta. Ai lati, dicevo, una folla a ricordarti la faccia smunta di Alexis Zorba, impersonata dal genio artistico di Anthony Quinn nel triste ballo del sirtaki immortalato dalla musica di Mikis Theodorakis.
Antifascista della prima ora, fu imprigionato e torturato dai colonnelli al potere, unitamente al suo mentore, il patriota e poeta greco, Alexandros Panagulis.
Furono poi, ambedue , i protagonisti della resistenza al regime e della liberazione.
Divago, cari amici, perché non trovo la parole per raccontarvi i miei brevi soggiorni ad Atene. Ci andavo per divertirmi, utilizzando la paghetta di sterline libiche allora apprezzatissime perché arricchite dal flusso dell’oro nero.
Tanto, lo stipendio era versato direttamente in una banca italiana.
Con mio supremo stupore, escluso qualche drink nei locali notturni affollati da “ belles de nuit “ in attesa dello straniero spendaccione, mi annoiavo tristemente sino al sonno liberatore prima dell’alba in cui mi capitava di ammirare l’Acropoli nel gioco di luci e ombre dei dorati mattutini ateniesi.
Vagavo per la città popolata da una miseria umana, il cui pudore nel chiedere aiuto era pari alla disperazione che leggevi nei loro volti.
Donavo le mie dracme qua e là, felice di poter dare gocce di solidarietà a quel popolo di cui avevo letto e studiato le gesta sui banchi di scuola, rimanendone ricco e affascinato. Tornato a Kufra, raccontavo ai miei colleghi, suscitando qualche invidia, un sacco di fregnacce sulle folli notti di Atene. La città vive, oggi, un nuovo dramma. Siate saggi, nanerottoli europei della discordia.
E tu, algida Merkel, non seguire Atena nel suo folle gesto di vendetta.
Laggiù, su uno spiazzo tra le rocce di un’ isoletta egea, ci sarà sempre qualcuno a chiederlo: ballalo ancora , Zorba: per allontanare la tristezza antica e per la tua Grecia.
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