Se già non l’hanno cominciato a fare, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane si moltiplicheranno le proteste mediatiche e di piazza contro la manovra finanziaria correttiva per gli anni 2011 e 2012, messa in atto per contrastare la speculazione sull’euro e che tutti i Paesi membri hanno dovuto fare, in maniera più pesante che in Italia.
La manovra prevede due terzi di tagli alla spesa pubblica e un terzo di lotta contro l’evasione fiscale. Dunque, protestano le regioni e i sindaci perché Giulio Tremonti ha tagliato “orizzontalmente”, cioè senza guardare a chi amministra male o bene; protestano i magistrati perché il loro stipendio sarà diminuito del 20%; protesta il personale del pubblico impiego perché per tre anni non avrà aumenti; protestano i sindacati e l’opposizione perché, dicono, la manovra penalizza i lavoratori; insomma, protestano in molti facendo balenare l’idea che verranno soppressi i servizi.
La realtà è che protestano le Regioni ma al posto di protestare farebbero bene ad usare con oculatezza i soldi pubblici, cosa che non fanno né le Regioni né gli altri enti locali. Gli esempi stanno emergendo dagli articoli di stampa, dove viene mostrato, dati e costi alla mano, che molte Regioni hanno sedi all’estero, per giunta sedi prestigiose, costosissime e inutili. Come non si giustificano – se non per motivi clientelari ed elettorali – le centinaia di impiegati assunti per fare atto di presenza (quando avviene) nelle stanze degli uffici pubblici. Praticamente, gli sprechi ammontano a centinaia di milioni. Lo Stato è ormai una mucca da mungere, senza che le spese siano commisurate ai risultati. Questa situazione è il risultato di decine di anni di assalto alla diligenza.
Protestano i magistrati che hanno stipendi da nababbi e che fanno camminare la giustizia in Italia alla velocità delle lumache. Protestano gli impiegati del pubblico impiego che hanno vissuto indisturbati tra “permessi per malattia” e “fuori stanza”, grazie, spiace dirlo, al sindacato che ha sempre difeso i lavoratori, quando era giusto difenderli ma soprattutto anche quando era profondamente ingiusto, con l’illicenziabilità anche quando venivano sorpresi a rubare. In questi giorni si parla della Fiat di Pomigliano e della sua sopravvivenza. Ma come può sopravvivere una industria se, come ha scritto Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, questa fabbrica è ultima per qualità di lavoro e prima per assenteismo? Quando si trattava di rivedere l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori Veltroni era contrario, ma ora confessa che “il giorno delle elezioni del 2008 su 4600 lavoratori, 1600 si misero in permesso perché dovevano stare ai seggi”. Ma chi è quel bravo privato cittadino che assumerebbe un idraulico che poi non va a lavorare e pretende di essere pagato come se ci fosse andato?
In Italia, grazie a leggi che difendono l’indifendibile, si è vissuti al di sopra dei propri mezzi (si pensi alle pensioni baby dopo 14 anni, 6 mesi e un giorno di lavoro per le donne, con addirittura un abbuono di cinque anni se coniugate con figli, e 19 anni, 6 mesi e un giorno per gli uomini) o all’esercito di dirigenti nelle amministrazioni regionali con stipendi da centinaia di migliaia di euro all’anno, i quali, al posto di migliorare hanno peggiorato i servizi.
È vero, dovrebbe esserci una protesta generale contro la finanziaria, ma per chiedere più tagli, non meno tagli, perché è l’unico modo per arrivare ad un’amministrazione più responsabile delle risorse pubbliche.
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