C’era un tempo in cui qualcuno irrideva alle parole di Alcide De Gasperi che, in periodo di ricostruzione, aveva consigliato coloro che avevano difficoltà a trovare lavoro in Italia di andare a cercarlo all’estero, ma col passare degli anni anche i suoi più malevoli detrattori si sono resi conto che andare all’estero per lavoro o per studio è un’esperienza globalmente positiva.
Ciò vale per gli italiani che sono andati all’estero e per gl’immigrati che vengono in Italia. Certo, esistono lacerazioni affettive per quelli che sono costretti ad andare via, ma, a parte questo, lavorare e guadagnare di più, conoscere un’altra lingua, acquisire una nuova mentalità, allargare i propri orizzonti sociali e culturali, si può tradurre solo in vantaggi. Per tutti, autoctoni ed immigrati, a condizione, però, che il fenomeno sia gestito con spirito di accoglienza e con voglia d’integrazione ma anche con il rigoroso rispetto delle regole utili alla regolazione del fenomeno.
Le rivolte di Rosarno (Reggio Calabria) – quella dei clandestini e quella degli abitanti della cittadina – sono la chiara dimostrazione di come possa degenerare in drammi e tragedie un fenomeno lasciato al falso buonismo di chi è per le porte aperte – singolo o istituzione – o alle chiusure degli xenofobi. Gestire il fenomeno, l’abbiamo detto più volte, significa accettare tanti immigrati quanti ne possono essere accolti con un regolare lavoro, con documenti e salari riconosciuti, per vivere una vita dignitosa in una abitazione decente e per dare a sé e ai propri figli un avvenire migliore.
Avere in passato chiuso uno o tutti e due gli occhi di fronte ai flussi incontrollati di clandestini ha prodotto solo guai, innanzitutto ai clandestini stessi che o sono finiti tra le grinfie degli sfruttatori e trattati come schiavi (di qui la rivolta degli africani) o hanno ingrossato le organizzazioni criminali (spaccio di droga, furti e violenze, che hanno provocato la reazione dei rosarnesi). Tutto ciò ha creato e crea ostacoli all’integrazione degli stessi immigrati regolari, integrazione che non significa rinunciare alla propria religione o cultura, ma essenzialmente accettare i valori della libertà, della democrazia e della convivenza civile.
Da una lato c’è stato il caso Rosarno, che non è certo unico, dall’altra l’iniziativa del ministro Gelmini che ha firmato l’ordinanza che, annunciata tempo fa, fu subissata da critiche ed accuse di razzismo e che in realtà s’ispira a semplice buon senso e ad una sana gestione di un fenomeno complesso e delicato. Gradualmente, a partire dal prossimo anno scolastico, in ogni classe gli alunni stranieri non potranno essere più del 30% e per coloro che hanno difficoltà in italiano saranno previste classi d’inserimento per un tempo limitato.
Si tratta di misure concrete contro le “classi ghetto”, quelle che con soli stranieri o con una loro maggioranza numerica penalizzano un percorso linguistico e didattico più avanzato tarpando le ali, di fatto, o agli stranieri o agl’italiani e sovente a tutti e due i gruppi.
✗[email protected]
Articolo precedente
Ti potrebbe interessare anche...
- Commenti
- Commenti su facebook