Il messaggio di Jorge Mario Bergoglio il nuovo Pontefice romano
Nella passata settimana si sono riuniti a Davos, nel bianco paradiso delle alpi svizzere, i potenti della terra. Finanzieri internazionali di alto lignaggio, presidenti di multinazionali e di imperi bancari, uomini politici e di governo delle grandi potenze del mondo. Hanno parlato di sviluppo, consumo e danaro. Sembra che l’unico problema di questo nostro mondo sia legato al come e perché produrre per dominare i mercati, depredare le fonti di energia, inquinare l’ambiente, distruggere la natura. Metà delle genti di questo nostro pianeta vive nella disperazione e nella miseria. Un’ altra metà, nelle megalopoli inquinate dal fumo omicida , lo smog che afferra i polmoni e li accarezza nella sua stretta omicida. Noi tutti, o almeno quelli più sensibili ai destini dell’umanità, assistiamo attoniti alle immagini che ci vengono dalle tante metropoli del mondo: Pechino, Tokyo, Giacarta, Calcutta, San Paolo, Johannesburg, per citarne solo alcune. Vediamo i loro cittadini muoversi come le marionette a teatro, le mascherine a proteggere la gola e le narici e l’oscura nebbia che nasconde a fatica la luce intermittente che ti annuncia il nuovo miracoloso prodotto di una modernità senza anima.
Stiamo uccidendo questo nostro emisfero, miracolosa creatura vivente del cataclisma cosmico a cui, il genio di Albert Einstein, ha cercato di dare una risposta. Stiamo abituandoci ad assassinare, ogni giorno, noi stessi. Eppure, qualcuno ci sta indicando un nuovo cammino. IL consumismo ci ha indotto ad abituarci allo spreco. Ma il cibo che si butta via è come se fosse rubato ai poveri e agli affamati. Questa affermazione di papa Francesco di fronte al dramma dei disperati giunti sui barconi a Lampedusa, ci induce alla riflessione sull’oggi e sul futuro che ci aspetta. E poi, altro ancora. Chi sono io per giudicare? L’affermazione riferita alla omosessualità e a tanti altri problemi di coscienza,, oltre alla prima, infrange la tradizionale immagine che per secoli, i cattolici, ma non solo, hanno avuto del vaticano e del sommo pontefice.
Siamo e in ogni campo, oramai lontani anni luce dal potere temporale assoluto del Papa Re. La chiesa di Roma si sta evolvendo in senso riformatore con un ritorno alle origini e un rinnovato annuncio della predicazione evangelica basata sulla verità, la libertà, la giustizia, il rispetto, la tolleranza, la cura dei più poveri e disperati della terra.
Non è sempre stato così nel corso dei secoli e dei millenni in cui, spesso, l’uomo di chiesa ha parlato ai fedeli, alle pecorelle smarrite, senza guardare alle singole persone una alla volta, come ha affermato Jorge Mario Bergoglio, con un eloquente e implicito rifiuto del populismo e del consumismo che guarda alle masse come fattore decisivo del suo successo.
Nel dialogo diretto con Eugenio Scalfari sul più autorevole quotidiano della stampa italiana, emerge l’impegno etico e il valore culturale di un nuovo intellettuale contemporaneo consapevole della complessità socio- economica di dimensioni globali, già affrontata a suo tempo da uno straordinario rinnovatore della chiesa, il cardinale di Milano Carlo Maria Martini.
Forse, l’affermazione va oltre le intenzioni del nuovo pontefice romano. Ma in qualche modo, Papa Francesco recupera e valorizza la riforma protestante e il contestuale secolare conflitto. L’essere peccatori – dice Jorge Maria Bergoglio – non è un problema. Lo è, piuttosto, non pentirsi di aver peccato. O forse, continuare a farlo. Non vi sembra ciò un attacco, nel linguaggio della chiesa, naturalmente, al mondo globale. Ad una organizzazione economica e sociale fondata su un capitalismo selvaggio senza regole e senza umanità. Si racconta che al momento della sua elezione, il papa, che aveva accanto il cardinale Claudio Hummes, si sentì dire: Non dimenticarti dei poveri. Verità o leggenda, il proseguo degli avvenimenti sembra confermare l’auspicio di una nuova era.
Scrive un autorevole commentatore cattolico, Carlo Cantini: E stato così che Mario Bergoglio, ritirandosi a riflettere se accettare o no l’elezione a pontefice massimo, pensò a Francesco d’Assisi, all’uomo della povertà e della pace. Ed è stato così che, per la prima volta, il nome Francesco e comparso nella storia del papato. A me sembra che egli penetri in tutte le situazioni umane. Conviva con i sentimenti e con i problemi delle persone e stabilisca con esse un vincolo straordinario. Con uomini di tanto valore, laici o religiosi, è forse ancora possibile indicare un altro cammino all’umanità.