In seguito alle sanzioni economiche decise dalla comunità internazionale, prezzi e beni di prima necessità alle stelle, insieme alla disoccupazione e alla chiusura di numerose imprese
Nell’ultima edizione del nostro giornale avevamo riferito del discorso del premier israeliano Netanyhau sulla scadenza di giugno 2013 quale data ultima per bloccare l’arma nucleare dell’Iran. Oltre quella data, non ci sarebbe più la possibilità di fermare la fabbricazione della bomba atomica, in mano ad un Paese deciso ad usarla non solo come minaccia, ma come risposta militare per “cancellare Israele dalla faccia della Terra”. Il messaggio esplicito era chiaro: bisogna intervenire prima di quella data. A distanza di qualche giorno, lo scenario è completamente cambiato. Cosa è successo di tanto importante? Sono emerse notizie che potrebbero render inutile non solo l’attacco, ma anche la sola minaccia di prevederlo. Le notizie sono di vario ordine, ma portano tutte ad una conclusione: l’Iran sta crollando.
Un primo gruppo di informazioni riguardano le numerose fughe all’estero di personaggi importanti. L’ultima fuga è avvenuta alcuni giorni fa, proprio a conclusione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e riguarda il cameraman di Stato, Hassan Khanban, il quale è uscito dall’albergo di New York dove alloggiava e ha detto semplicemente che andava a fare dello shopping e che dopo sarebbe andato direttamente all’aeroporto. Invece, è andato nello studio di un avvocato ed ha chiesto asilo politico agli Usa. Si dirà che si tratta solo di un cameraman, ma non è così, perché Hassan Khanban è solo l’ultimo di un serie di personaggi che hanno fatto la stessa cosa. Tre mesi fa è accaduto al capo storico di Hamas, Khaled Meshaal, che da Damasco, dove lavorava per l’Iran, ha preso il largo verso il Qatar e tanti saluti agli ayatollah e a Mahmoud Ahmadinejad. Meno bene è andata al portavoce del presidente, arrestato e finito in galera prima di poter attuare il suo progetto di fuga. Al di là di questi casi eclatanti, ce ne sono migliaia e migliaia che fuggono nei Paesi più diversi del mondo, ad esempio in Australia, dove la comunità iraniana si è triplicata.
La fuga dei cittadini iraniani è solo un segnale di qualcosa che è molto più grave: la situazione economica del Paese. Che vive una crisi paurosa, il cui prezzo è pagato dai cittadini con l’impoverimento. Va detto che l’impoverimento della gente comune è il risultato delle sanzioni economiche decise ed attuate dalla comunità internazionale come risposta alla corsa alle armi nucleari dell’Iran. La moneta locale, il rial, ha perso l’80% del suo valore nei confronti delle valute straniere rispetto all’anno scorso. La settimana scorsa un dollaro costava 37500 rial: otto giorni prima era a 24000 e a fine 2011 a 13000. In parole povere la svalutazione così massiccia ha creato problemi all’importazione di prodotti dall’estero. Molte imprese sono state costrette a chiudere, la disoccupazione è dilagante. La situazione economica ü disastrosa. All’estero lo sanno, ma i Paesi che hanno attuato le sanzioni guardano ciò che succede dall’alto in basso, aspettano che succeda qualche sconvolgimento.
Alla luce di queste notizie, si capiscono meglio le parole pronunciate all’Assemblea dell’Onu dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad: “L’Occidente ha scatenato una guerra economica contro di noi”. Il ministro israeliano delle Finanze, Steinitz, uno che non ha mai creduto all’efficacia delle sanzioni, ha preso atto della situazione con una frase lapidaria: “L’economia iraniana è al collasso”.
Ed ora ritorniamo al punto da cui siamo partiti: se le cose peggioreranno nelle prossime settimane, si assisterà ad uno sconvolgimento sociale tale da far precipitare il Paese nel caos e allora tutto è possibile, anche che cada il governo e che la primavera araba s’infiammi a Teheran, con conseguenze inimmaginabili, perché sicuramente la repressione sarà sanguinosa. Il che vuol dire che il programma di armamento nucleare, costosissimo, o subirà un arresto o un’accelerazione per fare presto, ma nell’uno o nell’altro caso ci sarà una destabilizzazione con effetto domino nell’intera regione.