Vogliamo sfidare l’impopolarità e mettere sotto la lente d’ingrandimento la vicenda dell’espulsione dalla Francia della famiglia Rom composta dal padre Resat Dibrani, dalla madre Dzemila e da cinque figli, tra cui la quindicenne Leonarda, prelevata mentre era in gita scolastica e rinviata in Kosovo, insieme al resto della sua famiglia.
La vicenda ha suscitato e continua a suscitare clamore in Francia. A manifestare sono i compagni di scuola di Leonarda, gl’insegnanti e soprattutto le associazioni, tutti commossi dalla vicenda di una ragazza che vuole tornare a scuola, che si sente integrata in Francia, che parla solo francese e che in Kosovo si sente straniera, straniera ed estranea, insomma, in un mondo che non è suo. Come si fa a non darle ragione, a non essere dalla sua parte?
E in effetti non si può non condannare la polizia che, dovendo eseguire un provvedimento di espulsione riguardante la sua famiglia, non trova di meglio che bloccare il pullman, prelevare la ragazzina come se fosse una delinquente e catapultarla con la sua famiglia in Kosovo, Paese di provenienza. Ad offendere a volte sono soprattutto i modi. Possibile che gli agenti non potessero attendere il ritorno a casa della ragazza e procedere poi all’esecuzione di un provvedimento preso dalle autorità? Insomma, la polizia ha compiuto un gesto inutilmente crudele, che va condannato senza mezzi termini. Tra l’altro, proprio la crudezza e la crudeltà dell’atto ha fatto scoppiare una giusta protesta che altrimenti non sarebbe probabilmente mai nata.
A protesta avvenuta, il tentativo del presidente François Hollande di spegnerla proponendo a Leonarda di ritornare in Francia ma senza la sua famiglia è stato il classico rattoppo peggiore dello strappo. Possibile che François Hollande e i suoi consiglieri non si siano chiesti se una ragazzina di quindici anni avrebbe potuto vivere lontano dai suoi o sarebbe stata d’accordo a farlo? Ebbene, sembra impossibile ma è purtroppo vero. Il presidente Hollande ha ricevuto la risposta che si meritava e che l’ha messo in cattiva luce: “Io non rientro in Francia da sola. Hollande non ha un cuore per la mia famiglia? Non ha pietà?”.
Ciò detto, però, a meno che non si voglia trasgredire le leggi o considerarle a seconda delle convenienze, bisogna riconoscere che le autorità francesi hanno preso una decisione in linea con le regole di uno Stato di diritto. Il motivo scatenante per cui Resat Dibrani è stato espulso dalla Francia è che aveva fornito documenti falsi sul suo stato di rifugiato. Nel 2008, inoltre, aveva mentito alle autorità francesi dicendo di essere fuggito dalle persecuzioni contro i Rom in Kosovo, mentre invece si trovava in Italia già dal 1991, a Fano, nelle Marche, dove sono nati quattro dei suoi cinque figli. E non è finita qui. Il sindaco di Fano ha raccontato che i coniugi Dibrani al posto di mandare i figli a scuola li mandavano a mendicare per le strade. Erano poveri e senza lavoro? Il sindaco di Fano ha testimoniato che gli aveva trovato lavoro in una fabbrica, da cui Dibrani si licenziò quasi subito, e solo quando minacciò di fargli togliere la patria potestà se avesse continuato a vivere e a far vivere la sua famiglia in quel modo, Resat Dibrani pensò bene di mettere un buon numero di chilometri tra lui e chi voleva offrirgli un lavoro dignitoso e se ne andò in Francia. Ora, dal Kosovo, minaccia: “Se non si può rientrare con le buone maniere, lo faremo con la forza. Che ci sparino alla frontiera”.
Forse è il caso di far capire che Rom o non Rom non si va a casa di altri mentendo, facendo ciò che è contrario alle leggi del posto, al buon senso (mandare i minorenni a mendicare) e ai suoi doveri di padre, rifiutando un lavoro dignitoso preferendo e pretendendo la comodità dei sussidi e per giunta minacciando. La polizia ha sbagliato, il presidente ha sbagliato, ha ragione la ragazzina incolpevole, ma lui no, non lo si può giustificare o addirittura fargli un monumento.