La legge di Stabilità scontenta i sindacati, che minacciano scioperi, e Confindustria, che parla di “mancanza di coraggio”
Il governo ha approvato la legge di Stabilità (la legge finanziaria di una volta) di 11 miliardi e mezzo ed è stata subito polemica tra chi ha difeso la legge e chi l’ha giudicata negativamente.
Chi l’ha approvata è stato, oltre che naturalmente il premier, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha dichiarato: “Non serve coraggio se poco responsabile; l’atteggiamento critico deve essere sostenibilmente propositivo e consapevole dei vincoli e condizionamenti oggettivi che non si possono aggirare”. In altre parole, Napolitano ha detto che più di così, nella situazione attuale, non si poteva fare; questa è una manovra che “non si è inventata coperture fasulle”. Lo sforzo di Letta e di Saccomanni è stato quello di introdurre uno sgravio fiscale sul lavoro (cuneo fiscale) con le risorse scarse a disposizione, invertendo la tendenza rispetto agli ultimi anni.
L’altro grande sostenitore – supponiamo più di Letta che della legge di Stabilità – è stato Barack Obama, che ha ricevuto il premier italiano alla casa Bianca con tutti gli onori e che l’ha elogiato per “il coraggio e la leadership”, precisando che “l’Italia sta andando nella giusta direzione”.
Sul piano politico, si sono affrettati a giudicare positivamente gli sforzi del governo sia undici senatori di Scelta civica, suscitando le dimissioni di Monti e la sua presa di distanza da un sostegno “acritico” senza se e senza ma, sia Maurizio Lupi a nome del Pdl. Lupi e Alfano, sulla scia di Letta, hanno sottolineato il rispetto dei vincoli europei (il 3% del rapporto deficit/Pil), i tagli (2,2 miliardi in due anni), la diminuzione del cuneo fiscale (5 miliardi), la relativa diminuzione delle tasse con la Service tax che unisce l’ex Imu sulle seconde case, l’immondizia e i servizi (la nuova tassa globale si chiama Trise e dovrebbe essere di importo minore rispetto alla somma di quelle singole precedenti) e gl’incentivi per l’occupazione.
Ecco, la lista dei sostenitori della legge di stabilità si ferma qui. E’ vero che in un documento comune di Abi (banche), Rete imprese Italia (artigiani e commercianti), Confindustria, Anie (assicurazioni) e Alleanza delle Cooperative si sottolinea la ricezione dell’invito di Napolitano, anche se non si rinuncerà a chiedere di aumentare il cuneo fiscale, ma è anche vero che i critici sono più numerosi dei sostenitori.
Uno dei critici è l’ex premier Monti, che approva solo il rispetto dei vicoli europei (3% del rapporto deficit/Pil), per il resto Monti ha dichiarato che c’è stato poco coraggio nel diminuire le tasse e nella diminuzione del cuneo fiscale. Non c’è bisogno di dire che critici severi sono stati tutti i partiti di opposizione, come Sel, M5S, la Lega, ma soprattutto le parti sociali. Susanna Camusso ha stroncato la legge di Stabilità, invitando gli altri sindacati allo sciopero generale. Giudizio fortemente critico l’hanno espresso le associazioni imprenditoriali, che hanno fatto notare lo scarso coraggio nel sostenere una vera svolta. Squinzi parla addirittura di “porcate”. E’ intervenuto anche Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo Espresso, che di Letta e di Saccomanni ha detto che sono “due persone che stimo, ma ci avevano promesso grandi cose per agganciare una ripresa che non c’è e invece ci offrono 2-3 miliardi per ridurre il costo del lavoro”. De Benedetti si chiede “cosa possiamo aspettarci se non il minimo sindacale da questo governo, da questa politica”.
Quando la legge di Stabilità era in preparazione, si era detto che la riduzione del cuneo fiscale (che è la differenza tra quello che paga il datore di lavoro e il netto percepito dal dipendente) avrebbe portato nelle tasche dei lavoratori circa 150-200 euro, ed è vero. Solo che non sono 150-200 euro al mese, ma all’anno, per cui il calcolo è che nel 2014 nelle buste paghe ci saranno appena 14 euro in più al mese.
Ciò precisato – ed è questo che spiega la delusione di tanti – è stata la critica espressa dal vice ministro dell’Economia Stefano Fassina, Pd, che ha fatto rumore, anche perché ha accusato il governo – ma probabilmente solo nella persona di Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia, di mancanza di collegialità, denunciando il fatto che lui non era stato informato delle “scelte” del governo (“escluso”). La critica di Fassina è stata accompagnata da una minaccia di dimissioni, giudicate un atto irresponsabile da tanti ma non da Epifani, perché sbandierate proprio quando Letta era a colloquio con Obama alla Casa Bianca. Letta, appena giunto a Roma, ha telefonato a Fassina e sono intervenuti i chiarimenti e il rientro delle minacciate dimissioni, con l’assicurazione che lo stesso Fassina vigilerà sull’iter parlamentare della legge e coordinerà le richieste dei sindacati. Sicuramente la legge potrà essere migliorata ma non stravolta, nel qual caso sarà posta la fiducia.
Sul piano strettamente politico, mentre si va verso una rottura all’interno di Scelta civica, con un gruppo che fa capo a Casini e Mauro che andrà – si dice – a rafforzare il centrodestra, seppure con un partito nuovo, il Pdl si è andato ricompattando attorno alla figura di Berlusconi, che proprio alla fine della settimana scorsa ha ricevuto dalla Corte d’appello di Milano due anni di interdizione dai pubblici uffici (in luogo dei 5 precedentemente dati). Nel Pd continua la marcia trionfale di Renzi alla conquista della segretaria (si ricandiderà anche a sindaco di Firenze), che ha promesso che cambierà la politica in maniera radicale. “Cambierò tutti”, ha detto, “anche l’establishment finanziario”.